In parapendio a danzare tra le nuvole: dopo il linfoma, Alessandro si è ripreso anche i suoi cieli

La vigilia di Natale del 2015 Alessandro Marcon riceve la notizie più brutta di tutte: linfoma al quarto stadio. Inizia l’iter tra ricoveri ospedalieri e terapie a base di anticorpi monoclonali e si sottopone poi anche a due trapianti, uno autologo e l’altro da donatore vero. Dopo 5 anni di caos, è tornato a volare con il parapendio nella sua Bassano del Grappa.
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Kevin Ben Alì Zinati 29 Agosto 2020

Oggi Alessandro lavora nel reparto produzione e sta in spazi grandi dove, ogni giorno, vede sì o no tre persone, anche se tra lui e loro ci sono almeno due metri di distanza. E poi è uno di quelli abituati a caricarsi sulle spalle chili di attrezzatura, scalare le montagne e volare sopra i tetti delle case con il suo parapendio, così quando gli è stato offerto di scegliere, lui non ha avuto dubbi: “Niente ufficio”.

Sembra una riconversione professionale da pandemia e a cui qualcuno di noi ha dovuto sottostare, per Alessandro Marcon è stata invece l’inevitabile conseguenza degli ultimi 5 anni passati convivendo, lottando, maledicendo e sconfiggendo un linfoma al quarto stadio. Dopo il trapianto di midollo osseo e con il sistema immunitario messo in bilico dalle terapie a cui si stava sottoponendo, non poteva rischiare di infettarsi o contagiarsi entrando in contatto con altri colleghi: la più piccola infezione avrebbe potuto essere letale. “Sembra il periodo Covid, in realtà è il dicembre del 2017” racconta quando, spulciando tra le foto dello smartphone, capita su quella che lo ritrae in un prato con i suoi due cani Mario e Nala, cappuccio sulla testa, occhiali e mascherina chirurgica.

Alessandro ha iniziato a stare meglio a partire dal febbraio del 2019. “Ho ripreso a camminare dopo l’ultimo scherzetto di questa malattia, un ricovero di dieci giorni per un’influenza con herpes zoster e da quasi un anno ormai la malattia è in remissione”. L’ultima Pet che ha fatto, più o meno 3 settimane fa, è andata bene. “Oggi continuo con la terapia a base di anticorpi monoclonali una volta al mese”. Nonostante la malattia, non ha abbandonato la passione per il parapendio, “e nonostante quel che si dica, il cielo è meno pericoloso della strada”. E alla nuova gara di trekking e volo libero del prossimo 20 settembre, la prima edizione nel Bassanese, Alessandro sarà in pole position insieme all’Associazione Oncologica San Bassiano e Admo, le due nuove famiglie che “sì, mi hanno salvato”.

Oggi. È una parola a cui Alessandro ha imparato a dare nuovi significati. Il linfoma, per sé e per tutto quello che si è portato dietro, ne aveva quasi compromesso l’essenza perché è stato la boa attorno a cui Alessandro ha piroettato, il tunnel che dalla vecchia, sicura strada l’ha trascinato controforza su una nuova. “Oggi ho accettato di essere nella seconda parte della mia vita”. Nel mezzo, però, il caos. “Mi sono accorto dei primi sintomi alla vigilia di Natale del 2015, avevo prurito e una febbre che non si decideva a scendere nemmeno dopo quattro giorni. Così mi hanno ricoverato per tre settimane e anche se avevo un linfonodo gonfio, non pensavamo al peggio”. L’ipotesi di una broncopolmonite è stata smentita quando Alessandro e i suoi genitori si sono visti di fronte i risultati della biopsia.

Senza l'Admo e l'Associazione Oncologica San Bassiano non ce l'avrei fatta, mi hanno salvato la vita

La tac poi aveva confermato che il linfoma era tra il terzo e il quarto stadio e che quindi si stava impossessando del suo organismo già da diverso tempo. Con il supporto di mamma Franca e papà Tiziano, Alessandro ha cominciato subito le chemioterapie, “da gennaio fino a settembre ma non hanno funzionato”. Così è stato trasferito da Bassano del Grappa, casa sua, a Vicenza, dove gli ematologi l’hanno sottoposto a un trattamento a base di specifici anticorpi monoclonali che, in sostanza, avrebbero dovuto rintracciare e individuare le cellule tumorali, appicciarsi a queste e distruggerle. Hanno attecchito per davvero, tanto che con il 2017 appena sorto, Alessandro è passato agli step successivi. Il primo è stato il trapianto autologo, un’operazione in cui sei tu il donatore di te stesso. “Mi hanno spiegato che se il midollo non era intaccato l’avrebbero estratto e l’avrebbero conservato finché la terapia con gli anticorpi monoclonali non avesse ridotto al minimo la malattia. A quel punto avrebbero potuto procedere con l’autotrapianto che, in pratica, mi avrebbe rinnovato il sistema immunitario”. Quando Alessandro è uscito dalla camera sterile, aprile era iniziato solo da pochi giorni.

Il "famoso" catetere cvc, che ha dovuto tenere per due anni e mezzo.

Nel frattempo, i medici e gli ematologi si erano già messi in moto per procedere con il trapianto da donatore vero, il secondo passo per provare a portare Alessandro fuori dal tunnel. “Ne avevano trovati due solo che uno non sarebbe stato disponibile fino alla fine dell’anno mentre l’altro aveva un gruppo sanguigno diverso. Non mollare, abbi fede, tieni duro, ce la farai: Alessandro se l’è ripetuto tante volte ma il suo era un garbuglio sul quale non aveva alcun margine di controllo. Non come quando è appeso al suo parapendio: “In aria sei tu che comandi, che decidi dove andare. Con la malattia invece sei spettatore succube. Ciò che potevo fare era cercare il modo migliore per stare sereno e trovare i lati positivi, le piccole cose che mi davano la fiducia per arrivare a domani”. Il labirinto si è sciolto solo a ottobre. Alessandro è tornato per la seconda volta sotto i ferri e con il nuovo midollo innestato ha ripreso la corsa verso l’uscita.

Con malattie come il linfoma non hai il controllo della situazione, devi cercare i lati positivi per arrivare a domani

Con lui, però, la sorte non aveva ancora finito. Perché dopo essere rimasti al suo fianco per tutta la battaglia, i genitori gli hanno dovuto dire addio: tumore, entrambi, pochi mesi l’uno dall’altra. Alessandro era rimasto con il suo linfoma, ammutolito perché non voleva credere che la sfiga fosse dotata di un mirino così preciso, ribaltato e svuotato perché non aveva più una famiglia a guardargli le spalle. “Ero da solo, nel buio”. La luce l’hanno riaccesa persone che mai avrebbe detto sarebbero diventate parte attiva della sua vita. “La psicologa dell'Associazione Oncologica San Bassiano mi ha aiutato con un percorso per affrontare la malattia e risolvere anche cose della mia vita privata”. Alessandro l’aveva conosciuta al tempo della prima ripresa del linfoma, quando il primario di Oncologia gli aveva suggerito due strade per continuare la sua lotta: una pastiglia di Xanax o una psicologa. “Non ebbi dubbi e scelsi di fare due chiacchiere con qualcuno”.

Da quel giorno ha cominciato a parlare con lei, ad aprirsi, a fidarsi e nel frattempo ha iniziato a vivere la realtà dell’associazione seguendo i corsi di yoga. Dopo la scomparsa dei suoi genitori, i ragazzi della San Bassiano e dell’Admo, l’associazione donatori di midollo osseo, erano lì, “mi offrivano passaggi per andare in ospedale oppure mi tenevano i cani quando ero fuori per le visite. Anche un’altra amica mi è stata molto vicina, aveva tempo e passione avrebbe potuto fare l’infermiera. Alessandro aveva perduto la sua famiglia, ma attorno a lui se n’era costruita un’altra.

La stessa famiglia con cui ha conosciuto alcune delle persone più coraggiose di sempre, “uomini e donne consapevoli che non sarebbero guarite e non ce l’avrebbero fatta. Sono loro che mi hanno dato la forza. La stessa che da oggi volerà con lui nei cieli di Bassano e dell'Italia, dopo tutto e tutti. Perché fermarsi a scervellarsi chiedendosi «perché io, perché a me?» non ha alcun senso. “Non bisogna ricercare una spiegazione, ma un modo per tornare a volare. Da dodici mesi a oggi Alessandro sta meglio, è tornato a scalare montagne e a portarsi da solo fino in cima gli oltre nove chili di attrezzatura “perché mi piace guadagnarmi il decollo”. Da poco più di un anno Alessandro è ripartito e da oggi, se doveste passare dalle parti di Bassano del Grappa, alzate lo sguardo. Potreste vederlo danzare tra le nuvole.