La battaglia (vittoriosa) di Elsa per salvare i magredi friuliani: “Sulla tutela dell’ambiente ciascuno di noi può fare la differenza”

Lo scorso inverno Elsa Merlino, 26 anni, ha visto arrivare le ruspe nel suo luogo del cuore, il Parco del Torre, a Povoletto (Udine). Non ha fatto finta di niente e si è adoperata per bloccare i lavori. Alla fine l’amministrazione locale le ha dato ragione, multando la ditta coinvolta e imponendo il ripristino dell’area. E adesso Elsa rilancia: “Istituiamo in ogni Comune un «Garante del verde» a cui i cittadini possano rivolgersi per tutelare il territorio”.
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Federico Turrisi 12 Novembre 2021

L'educazione ambientale ha un ruolo importante, nessuno lo mette in dubbio. Ma avere rispetto per la natura significa anche e soprattutto "sporcarsi le mani". Elsa Merlino, 26 anni, studentessa friulana, si è messa in gioco in prima persona per difendere quello che lei considera il suo luogo del cuore, quella che lei chiama casa: il Parco del Torre, a Povoletto (in provincia di Udine).

Le anse del torrente sono punteggiate da prati stabili, chiamati magredi, che custodiscono un autentico scrigno di biodiversità. Lo scorso febbraio Elsa comincia a notare uno strano via vai: i prati non ci sono più. Al loro posto trova tracce del passaggio di ruspe e cumuli di terra.

Non può tollerare una simile devastazione. Si rivolge allora ai forestali, alle associazioni ambientaliste, all'amministrazione comunale. Insiste a lungo prima di ottenere quello che vuole, ossia la chiusura del cantiere. Si scopre che quei lavori sono partiti illegalemente e il 19 marzo il sindaco di Povoletto firma un provvedimento con cui viene punito l'abuso e stabilito il ripristino dei terreni (che sono di proprietà demaniale). Di questa storia se ne sono occupati molto i media, sia locali che nazionali. E adesso Elsa è tra i finalisti del Premio Ambientalista dell'anno 2021. Il prossimo 3 dicembre a Casale Monferrato verrà svelato il nome del vincitore o della vincitrice.

Che effetto ti fa essere tra i candidati a questo prestigioso riconoscimento?

Non me l'aspettavo proprio, è stata un’emozione incredibile. Quando ho iniziato questo percorso, non sapevo dove sarei arrivata. Ero soltanto consapevole del fatto che volevo salvare questo posto che per me significa “casa”. Non mi aspettavo tutto questo interesse mediatico, avendo faticato molto per farmi ascoltare. Più che altro, mi sono resa conto di una cosa che non avevo mai capito fino in fondo: la potenza che possiamo avere noi come singoli cittadini su questioni importanti come la tutela dell’ambiente.

Parlaci un po' di te: da dove è nata la passione per le tematiche ambientali?

Ho 26 anni e sono friulana. Precisamente vivo a Primulacco, una frazione del Comune di Povoletto. Studio Scienze per l’Ambiente e la Natura all’Università di Udine. Ho sempre avuto la passione per gli animali e, più in generale, per la natura. Sono stata per 6 mesi grazie al programma Erasmus a Göteborg, in Svezia, dove è presente una coscienza ambientalista molto forte (del resto, è il Paese di Greta Thunberg, ndr). Due anni fa mi è poi capitata un’altra grande occasione, cioè quella di andare alle Maldive a lavorare. Dapprima come animatrice, specializzandomi sulla sensibilizzazione ambientale e tenendo anche delle lezioni di biologia marina, e poi come guida naturalistica.

Vedere ecosistemi così diversi, dalla Svezia alle Maldive, e confrontarsi con persone diverse mi ha aiutata molto. Ho visto con i miei occhi come il problema dell’inquinamento da plastica non risparmi neanche le Maldive, che nell’immaginario collettivo sono un angolo di paradiso, un luogo incontaminato. Per questo quando ho visto le ruspe invadere il mio luogo del cuore all'inizio di quest'anno, non ho potuto far finta di niente e ho deciso di raccogliere tutte le energie.

Ci puoi spiegare meglio che cosa sono i magredi e perché sono così importanti dal punto di vista ecologico?

I magredi sono dei terreni costitutivi della pianura veneto-friulana, di tipo alluvionale, formatisi cioè attraverso il deposito di detriti e rocce portati dai fiumi. In friulano, magredo significa "terra magra". Questi prati stabili, o meglio questi piccoli ecosistemi, sono sparsi a macchia di leopardo sul territorio. I magredi più conosciuti sono sul fiume Tagliamento, sul Meduna, sul Cellina, però si trovano anche lungo il torrente Torre, che passa a 200 metri da casa mia. Sembrano delle steppe aride, ma in realtà rappresentano un ambiente ricco di biodiversità, con delle specie vegetali uniche.

Proprio per la loro importanza ecologica, i magredi sono tutelati a livello regionale. Il fatto è che il Parco del Torre non è un parco regionale vero e proprio. Ma è comunque uno spazio naturale da preservare. Io ho la fortuna di conoscere questi argomenti perché me li hanno spiegati all’università. Il primo problema con cui dobbiamo fare i conti è proprio l’ignoranza, la mancanza di consapevolezza. Spesso non si sa che esistono questi ecosistemi, e non si sa quindi che vanno protetti.

Potremmo dire che la tua storia è l'esemplificazione perfetta di una frase che sentiamo spesso quando si parla di contrasto alla crisi climatica: “Pensa globalmente, agisci localmente”.

Purtroppo in molti posti accadono queste cose, sotto gli occhi più o meno inconsapevoli delle persone. Ho voluto che la mia storia rieccheggiasse il più possibile, perché dal piccolo si può arrivare al grande. Quello che è successo qui può succedere ovunque. Quando i lavori sono partiti, la ditta coinvolta sapeva cosa si poteva fare e cosa no.

Non sapevano però di trovare sul loro percorso una “rompiscatole”, se mi permetti questo termine…

In questi casi bisogna saper come e quando intervenire contro gli abusi e soprattutto bisogna saper fare rete. Nel mio piccolo non sono mancate le preoccupazioni. Ma ho cercato di non dare molta enfasi a questo aspetto. Ho sempre cercato di evitare la vena polemica per concentrarmi su quella propositiva, per trasmettere un messaggio di fondo che è la replicabilità: se l’ho fatto io, può farlo chiunque.

Nel tuo caso, la vicenda ha avuto un lieto fine.

I lavori sono stati bloccati lo scorso marzo e l’amministrazione ha imposto il ripristino degli spazi a carico della ditta, che ha pagato anche una multa. Comunque, bisogna tenere in considerazione che un prato stabile non rinasce in poco tempo; il controllo da parte degli enti preposti andrà svolto a lungo termine. È chiaro che ho “vinto”, ed è giusto che passi questo messaggio perché ho alzato la voce, sono stata ascoltata e alla fine mi hanno dato ragione. Ma purtroppo questo posto ha sofferto molto. È stato messo un cerotto su una ferita gigantesca.

Hai detto che quello che è capitato a Povoletto può capitare ovunque. Non a caso, hai lanciato la proposta di istituire una figura come il "garante del verde" in ogni Comune italiano. Di che cosa si tratta più nel dettaglio?

Grazie a Giacomo Castana del blog Prospettive Vegetali, ho scoperto che all’inizio dell’anno nel Comune di Milano era stato istituito un organo collegiale, il "Garante del verde, del suolo e degli alberi", composto da tre membri competenti in materia di scienze ambientali e urbanistiche. Io ho avuto modo di sperimentare in prima persona quanto fosse difficile, da cittadina di un paese di 1.500 abitanti, farsi ascoltare e far valere le mie ragioni. In questi casi, anche la preoccupazione di mettere i bastoni fra le ruote alle persone sbagliate può rappresentare un freno.

Ecco, se ci fosse un ente o una persona a cui rivolgersi, che faccia da intermediario per aprire un dialogo sincero e diretto tra gli amministratori locali e i cittadini, sarebbe tutto più facile, no? L’obiettivo è proprio far sì che i singoli cittadini non si sentano più soli in queste “battaglie” per proteggere l’ambiente. Si tratta di farli diventare difensori della natura in prima persona. Ci sono sempre più persone disposte a mettersi in gioco per la tutela dell’ambiente. Perché allora non favorire una svolta in questo campo? Perché non coinvolgere di più i cittadini in attività organizzate dal Garante del verde, e non più solo attraverso le associazioni ambientaliste? La natura deve diventare parte integrante della comunità e del sistema. Ognuno di noi può e deve essere coinvolto, ascoltato e aiutato da chi è competente in materia ambientale – può essere un botanico, un geologo, un idrologo, un fisico del clima e via dicendo – mettendosi al servizio della natura, che è un diritto e un bene di tutti.

In questo senso, anche l'attivismo dei giovani svolge un ruolo importante?

Noi giovani siamo il motore del cambiamento, siamo il futuro. E la lotta per difenderlo parte dall'uscio di casa. Mi sento però di dire che, oltre agli aspetti riguardanti la sensibilizzazione e la conoscenza, sui temi ambientali ci vuole una maggiore collaborazione tra cittadini e istituzioni. Non è possibile che chi grida allo scempio venga considerato come un intralcio.

Che cosa diresti a chi si potrebbe ritrovare nelle tue stesse condizioni?

Non stiamo ad aspettare che ci sia sempre qualcun altro che ci salverà. Io credo nella semplicità delle azioni, nel protagonismo delle persone comuni. Non serve essere eroi, e non mi piacciono quelle espressioni stile "Davide contro Golia" o "Don Chisciotte contro i mulini a vento". Penso di non avere fatto nulla di incredibile. Ci è voluta tenacia, è vero, e fin dal primo giorno ci ho davvero messo il cuore. In fondo, difendere la natura significa difendere la nostra casa. Le comunità indigene in Amazzonia e in altri luoghi del mondo lo sanno bene. Chiunque farebbe di tutto per proteggere la propria casa e vorrebbe essere aiutato affinché questo diritto non venga calpestato.

Foto fornite da Elsa Merlino