Gli effetti dei cambiamenti climatici come gli eventi meteorologici estremi, rappresentano fenomeni particolarmente preoccupanti per frequenza e intensità con cui si verificano. Il Mediterraneo, da questo punto di vista, è considerato un hot spot climatico, ovvero un luogo dove aumento delle temperature, fasi siccitose, alluvioni lampo e tornado potrebbero verificarsi sempre più spesso nell'immediato futuro. Il notevole aumento di questi fenomeni nel nostro Paese, sta avendo un impatto drammatico su ambiente e territori e soprattutto su quelle zone considerate "fragili", dove non mancano, inoltre, le vittime. L'Italia è dunque un Paese "climaticamente" a rischio, ma quali sono i numeri del fenomeno in corso?
Una ricerca dell'ENEA, pubblicata sulla rivista Safety in Extreme Environment, ha permesso di identificare le aree del nostro Paese a maggior rischio di mortalità per eventi climatici estremi: si tratta di oltre il 90% dei comuni italiani, con 8 milioni di abitanti esposti. Sono 378 i morti attribuiti ad eventi climatici estremi dal 2003 al 2020, di cui 321 per frane e valanghe, 28 per tempeste e 29 per inondazioni. Le regioni con il maggior numero di vittime e di comuni coinvolti sono il Trentino-Alto Adige (73 decessi e 44 comuni), la Lombardia (55 decessi e 44 comuni), la Sicilia (35 decessi e 10 comuni), il Piemonte (34 decessi e 28 comuni), il Veneto (29 decessi e 23 comuni) e l'Abruzzo (24 decessi e 12 comuni), con un alto numero di comuni a rischio riscontrato anche in Emilia-Romagna (12), Calabria (10) e Liguria (10). Tra le regioni ad alto rischio c’è anche la Val d’Aosta con 8 decessi, un numero elevato se si tiene conto degli abitanti complessivi.
Dallo studio si evidenzia inoltre come circa il 50% dei 247 comuni italiani con almeno un decesso sia costituito da centri montani o poco abitati, ovvero quelle zone dove le caratteristiche geomorfologiche del territorio potrebbero giocare un ruolo decisivo anche per le dovute difficoltà legate agli interventi di soccorso. Nella sola prima metà del 2023 (da gennaio a maggio), si sono verificati 122 eventi meteorologici estremi rispetto ai 52 registrati nello stesso periodo del 2022 (+135%) con Emilia-Romagna, Sicilia, Piemonte, Lazio, Lombardia e Toscana le regioni più colpite. Non sono tuttavia solo le aree montane quelle più a rischio fenomeni estremi.
Le linee di costa sono ambienti estremamente delicati segnando il confine tra gli habitat terrestri e quelli marini. In questo confine che non è solo geografico ma anche climatico, gli effetti del riscaldamento globale colpiscono duro. Secondo il Rapporto Spiagge dell’Osservatorio Città Clima di Legambiente, dal 2010 a giugno 2024 è aumentato il numero degli eventi meteo estremi nei comuni costieri: 816 segnalazioni (+14,6% sullo stesso periodo del 2023) su un totale nazionale di 2.086 (ossia il 39,1%) avvenuti in 265 dei 643 comuni costieri (pari al 41,2%).
Di questi oltre 800 eventi, 295 sono allagamenti da piogge intense, 226 i danni da trombe d’aria e raffiche di vento, 83 da mareggiate, 81 danni alle infrastrutture, 47 esondazioni fluviali, 23 danni da grandinate, 21 frane da piogge intense, 19 danni da siccità prolungata, 12 legati alle temperature record in città e 9 danni al patrimonio storico. Il Sud Italia è l'area più colpita della Penisola: al primo posto la Sicilia con 170 eventi, quasi il 21% del totale nazionale degli eventi in aree costiere; seguono Puglia (104), Calabria (82), Campania (78) e, prima regione del nord, la Liguria (75).
Parola d'ordine adattarsi ad una nuova normalità. La velocità con cui gli effetti dei cambiamenti climatici si stanno manifestando è ormai alla scala dei tempi umani. Secondo gli studiosi di Enea, è necessario attuare piani di azione a lungo termine, con azioni preventive mirate e volte a garantire la sicurezza delle persone, degli edifici e più in generale dei beni. Qualora le azioni preventive risultassero inefficaci, è importante che le infrastrutture di servizio e soccorso (es. sanitarie, protezione civile, utilities) siano pienamente operative e dimensionate a gestire una situazione di emergenza. Devono poi essere immediatamente operativi ed efficaci anche i piani tecnici volti al ripristino delle condizioni ambientali, infrastrutturali, economiche e sociali esistenti prima dell'evento.
Anche Legambiente, da anni impegnata sul tema, ha lanciato alcune proposte per sensibilizzare le istituzioni sul tema dei cambiamenti climatici ed il loro effetto sulle zone più esposte del Paese come i litorali. Si va dall'attuazione, fondamentale, del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, stanziando le risorse ed emanando il decreto per l’insediamento dell’Osservatorio Nazionale per l’Adattamento ai Cambiamenti Climatici, alla promozione di interventi di rinaturalizzazione delle coste, per ricostruire gli ambienti dunali, umidi e paludosi, che rappresentano già una barriera naturale ad alcuni fenomeni estremi. Con il fine di tutelare le nostre coste e limitare gli effetti dell'erosione costiera, è necessario poi armonizzare il quadro normativo, soprattutto per quegli aspetti legati allo stop al consumo di suolo, definendo gli affidamenti delle concessioni balneari, ristabilendo i criteri di legalità e adeguamento dei sistemi di depurazione delle acque reflue, con il fine di preservare lo stato di conservazione degli ambienti litorali contribuendo a rallentare gli effetti dei cambiamenti climatici in corso.