La buccia della frutta? Un alleato per il riciclo delle batterie. La scoperta viene da Singapore

Un gruppo di ricercatori della Nanyang Technological University di Singapore ha trovato un metodo più efficiente e più ecologico per recuperare i metalli preziosi contenuti nelle batterie al litio esauste, utilizzando una miscela composta da bucce d’arancia e acido citrico.
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Federico Turrisi 7 Settembre 2020

Se sei appassionato di sostenibilità e segui le notizie provenienti dal mondo dell'economia circolare, saprai sicuramente che gli scarti alimentari possono rivelarsi un'autentica ricchezza. Ma sapevi anche che possono essere utilizzati per migliorare il processo di riciclo delle batterie usate? Un team di ricercatori della Nanyang Technological University (NTU) di Singapore ha sviluppato una tecnica che impiega le bucce della frutta per migliorare il recupero dei metalli presenti negli accumulatori esausti e ha verificato attraverso dei test in laboratorio che questo nuovo approccio è in grado di garantire degli ottimi risultati.

Facciamo subito una premessa: una volta arrivate a fine vita, le batterie al litio, le più diffuse attualmente nel mondo, si possono riciclare, o meglio sono ancora utili per il recupero di una serie di metalli preziosi (cobalto, nichel, manganese e il litio stesso) che poi vengono reintrodotti nel circuito produttivo. Solitamente si ricorre alla pirometallurgia, ovvero a grandi forni che raggiungono temperature altissime (oltre i 500 gradi centigradi) per fondere i metalli. Tuttavia, la pirometallurgia è un processo che consuma molta energia, rilascia diversi inquinanti nocivi ed è per di più molto costosa. Perciò la ricerca si sta orientando verso metodi alternativi come l'idrometallurgia, che utilizza l'acqua come solvente per l'estrazione e che, se ben tarata, garantisce una migliore efficienza di recupero e minori costi energetici.

Il procedimento seguito dai ricercatori della NTU di Singapore si è basato sulla combinazione di acido citrico e di bucce d’arancia essiccate al forno e macinate in polvere. I test hanno dimostrato che l'efficacia del nuovo metodo di estrazione superava il 90%, raggiungendo gli stessi obiettivi dell’idrometallurgia classica. Tutto questo grazie alla cellulosa che si trova nella scorza degli agrumi, la quale si converte in zuccheri durante il processo di estrazione. Gli scienziati ipotizzano che gli antiossidanti naturali presenti nella buccia d’arancia, come i flavonoidi e gli acidi fenolici, possano svolgere un ruolo di primo piano nel miglioramento del recupero dei metalli dai rifiuti.

Non è finita qui. I residui solidi generati dal processo non erano tossici e con i materiali recuperati è stato possibile assemblare nuove batterie agli ioni di litio con una capacità di carica simile a quelle in commercio. Si tratta dunque di un'innovazione dai risvolti promettenti, dal momento che, con il prevedibile aumento di rifiuti di questo genere, c'è un urgente bisogno di metodi meno costosi e più ecosostenibili per riciclare le batterie. Se poi si utilizzano gli scarti alimentari, e quindi dei materiali biodegradabili, meglio ancora.

Fonte | "Repurposing of Fruit Peel Waste as a Green Reductant for Recycling of Spent Lithium-Ion Batteries" pubblicato su Environmental Science & Technology il 9 luglio 2020.