La grande sete in Italia: sul Delta del Po si rischia il disastro anche per l’acqua potabile

In alcuni comuni della provincia di Rovigo le irrigazioni sono sospese già da una settimana: l’acqua del mare sta risalendo il letto del fiume praticamente vuoto e sta contaminado l’acqua dolce. Il rischio è che raggiunga la falda sotterranea e l’impianto di potabilizzazione di Porto Tolle, a 22 chilometri dalla costa. “Le conseguenze del cambiamento climatico sono diventate evidenti”, conferma il vicedirettore del Consorzio di Bonifica del Delta del Po.
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Giulia Dallagiovanna 16 Giugno 2022
Intervista a Rodolfo Laurenti vicedirettore Consorzio di Bonifica del Delta del Po.

ANBI, l'Associazione nazionale dei consorzi di bonifica, l'ha chiamata "la grande sete". Secondo l'Autorità di Bacino distrettuale del Fiume Po siamo di fronte alla peggiore crisi idrica degli ultimi 70 anni. Questa mattina ci siamo svegliati con 125 comuni del nord Italia a due passi dal razionamento dell'acqua, quanto meno durante le ore notturne. L'inverno non ha praticamente visto la pioggia, e le precipitazioni dei giorni scorsi sono state troppo scarse per invertire la rotta. E ora facciamo i conti con le conseguenze della crisi climatica:

"La neve sulle Alpi è totalmente esaurita in Piemonte e Lombardia; – spiega l'Autorità – i laghi, a partire dal Lago Maggiore, sono ai minimi storici del periodo (eccetto il Garda); la temperatura è più alta fino a due gradi sopra la media; la produzione di energia elettrica è in stallo; le colture, nonostante l’avvio tardivo di 15 giorni della pratica dell’irrigazione (esempio in Lombardia), sono tutt’ora in sofferenza; così come si accentua, con inevitabili danni ambientali a biodiversità e habitat, la risalita del cuneo salino".

Una situazione emblematica è quella dell'area attorno alla foce del Po, dove il livello del fiume è sceso al di sotto dei minimi storici. L'acqua del mare sta risalendo il bacino quasi vuoto per almeno 20 chilometri, provocando la sospensione dell'irrigazione nei comuni di Porto Tolle e Ariano, in provincia di Rovigo. "Tutte le nostre opere di derivazione dell'acqua, cioè di prelievo e distribuzione alle aziende per l'irrigazione, stanno subendo un'interruzione quasi totale – ha spiegato a Ohga Rodolfo Laurenti, vice-direttore del Consorzio di Bonifica del Delta del Po. – Il problema è che siamo in piena estate, molte colture sono in fase di semina e aumenta la necessità di acqua nelle campagne".

Il cuneo salino ha come prima conseguenza proprio la salinizzazione, cioè l'aumento del quantitativo di sali nel suolo. E un terreno troppo ricco di sale non è un luogo adatto alle coltivazioni. Ma c'è di più. "Stiamo adottando alcune soluzioni tampone alla carenza idrica – prosegue Laurenti. – Una di queste è l'uso di pompe di emergenza con cui prelevare l'acqua dalla falda sotterranea e distribuirla poi nella rete irrigua. Il problema è che oggi la falda è circondata da rami del fiume che ormai sono salati e rischiano di contaminare anche questa riserva". Il futuro? "Tutto il territorio si sta desertificando". L'impatto è anche visivo, con le risaie che scompaiono e una vegetazione che assomiglia sempre di più a quella delle zone costiere.

A Porto Tolle il mare è ormai alle porte. L'impianto di potabilizzazione a 22 chilometri dalla costa è minacciato dall'acqua salata. "Siamo alla vigilia di un disastro per l'acqua potabile. Ci stiamo organizzando per installare un desalinizzatore presso la centrale", commenta Laurenti. E aggiunge: "Il cuneo salino provoca mancati raccolti, ma anche un cambiamento nelle colture. Si va verso tipologie meno idroesigenti e più adatte a terreni aridi".

"Negli ultimi 7-8 anni le conseguenze del cambiamento climatico sono diventate evidenti"

Non stiamo parlando di un'emergenza improvvisa, ma di un trend in crescita: "Questa situazione si verifica sempre più spesso e si sta inasprendo. Negli ultimi 7-8 anni le conseguenze del cambiamento climatico sono diventate evidenti".

Intanto, i consorzi propongono soluzioni. La prima e più immediata sarebbe garantire un maggiore rilascio di acqua dai bacini a monte, come laghi e centrali idroelettriche, le quali però sono in difficoltà a loro volta. Mentre la seconda è quella di cui ANBI, assieme a Coldiretti, parlano già almeno da gennaio: la creazione di una rete di invasi e microbacini per raccogliere meglio le precipitazioni e ottenere delle ulteriori riserve di acqua dolce. "Abbiamo già inviato le schede progettuali per poterli attuare -, precisa Laurenti. – Ma la soluzione più importante al momento è la costruzione di una nuova barriera meccanica antisale proprio alla foce del ramo principale del Po. Una sorta di Mose che chiuda lo sbocco sul mare in modo da trattenere l'acqua dolce e impedire l'ingresso di quella salata. In questo modo riusciremmo anche ad aumentare la portata del fiume". Il costo dovrebbe aggirarsi attorno ai 50 milioni di euro.