Sbadigli tu, sbadiglio io, sbadiglia la persona che ci guarda a pochi passi di distanza. È un meccanismo naturale che la scienza definisce imitazione automatica: un comportamento imitativo che contraddistingue le interazioni sociali complesse tra due persone o gruppi più ampi.
Come te, per lungo tempo anche gli scienziati si sono chiesti perché lo sbadiglio sia così contagioso.
L’imitazione automatica facilita l’interazione e la coesione sociale e permette di mettersi in comunicazione gli uni con gli altri in maniera inconscia ma perché facciamo fatica a controllarla? Perché non riusciamo a resistere a qualcuno che inizia a sbadigliarci davanti e sentiamo l’impulso di adattare il nostro linguaggio e le nostre espressioni facciali a quelli della persona cin cui stiamo parlando?
Un team internazionale di ricercatori guidato dall’Università di Bologna ha cercato di capire se fosse possibile agire sulla capacità del nostro cervello di rispondere e adattarsi all’esperienza esterna e quindi controllare questo comportamento imitativo.
Come hanno poi descritto sulla rivista su Proceedings of the National Academy of Sciences, sembrano aver trovato una risposta.
Prima però serve fare un passo indietro. Quando senti parlare di imitazione automatica devi pensare a un comportamento pervasivo che metti in atto anche tu quotidianamente nella tua vita e che coinvolge anche il tuo sistema motorio. Lo sbadiglio piuttosto che le espressioni del viso chiamano in causa muscoli motori.
Ciò che era sempre rimasto in ombra era più che altro capire il ruolo preciso di diversi circuiti cortico-corticali. L’idea dei ricercatori, insomma, era provare a capire capire se stimolando le giuste aree del cervello fosse possibile potenziare o ridurre (e dunque gestire) il comportamento imitativo.
Così hanno messo in piedi uno studio con 80 partecipanti suddivisi in quattro gruppi e hanno sottoposto ciascuno di loro a un diverso protocollo di stimolazione cerebrale non invasiva detta “stimolazione appaiata associativa cortico-corticale” (o ccPAS).
A ogni partecipante è stato chiesto di eseguire due compiti comportamentali, uno prima e uno dopo la stimolazione con cui i ricercatori sarebbero riusciti ad arrivare fino ai meccanismi di plasticità del connettoma cerebrale, cioè la mappa comprensiva delle connessioni neurali nel cervello. Uno di questi compiti era l’imitazione volontaria di un’azione, l’altro era invece di imitazione automatica.
“Rinforzando o indebolendo temporaneamente la comunicazione tra diverse aree del sistema motorio, siamo riusciti a stabilire con precisione il ruolo causale di diversi circuiti nel facilitare o arginare il fenomeno dell’imitazione automatica” ha spiegato Alessio Avenanti, professore al Dipartimento di Psicologia "Renzo Canestrari" dell’Università di Bologna.
I ricercatori hanno dunque dimostrato che manipolando la connettività tra aree frontali del cervello con la stimolazione cerebrale si è davvero in grado di influenzare i processi di imitazione automatica e volontaria. Oggi sappiamo insomma che diverse parti del sistema motorio hanno ruoli sociali specifici e distinti e che la direzione della stimolazione e l’area in cui sono indirizzati influenzano in modi diversi i circuiti neuronali responsabili dell’imitazione.
"I risultati che abbiamo ottenuto aprono nuove strade per comprendere come la plasticità cerebrale può essere manipolata per aumentare o ridurre comportamenti imitativi e rendere le persone meno sensibili alle interferenze durante l'esecuzione di compiti – ha continuato Avenanti – Da qui potrebbero quindi nascere applicazioni terapeutiche per migliorare la prestazione cognitiva in pazienti con alterazioni neurologiche e disturbi nella sfera della socialità”.
Fonte | "Spike-timing-dependent plasticity induction reveals dissociable supplementary– and premotor–motor pathways to automatic imitation" pubblicato il 25 giugno 2024 sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences