La storia di Silvio e dei cinque anni senza tumore al testicolo: quando la curiosità per il proprio corpo diventa prevenzione

Silvio Lafornara sta per festeggiare il quinto anno dalla guarigione dal seminano, ovvero un tumore maligno del testicolo. La sua storia, nel mese dedicato alla sensibilizzazione contro le neoplasie maschili, insegna che i primi medici della nostra salute siamo proprio noi stessi.
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Kevin Ben Alì Zinati 25 Novembre 2022
* ultima modifica il 25/11/2022
In collaborazione con il Dott. Massimo Lazzeri Urologo presso l’Unità Operativa di Urologia dell’IRCCS Humanitas Research Hospital e ricercatore di Fondazione Airc

Silvio risponde dall’auto. È uscito per recuperare la figlia Greta in palestra e per quasi 15 minuti è rimasto lì, fuori dall’edificio, ad aspettare che la piccola finisse la lezione, si cambiasse e uscisse pronta per tornare a casa.

A un certo punto però si è preoccupato perché allo scoccare dei venti minuti di telefonata Greta ancora non era arrivata. «Scusatemi un secondo, devo cercare di capire dove è finita mia figlia» e ha chiuso la comunicazione con gentilezza.

Silvio stava raccontando che gli manca l’ultimo follow-up e che in questi giorni dovrà fare un ecodoppler testicolare di controllo. Se anche quello cui si sottoporrà a maggio darà esito positivo sfonderà quota cinque anni: cinque anni che è guarito dal tumore.

Pochi istanti dopo ha richiamato. Possiamo continuare a parlare». Una volta assicuratici che la piccola Greta fosse sana e salva a bordo non abbiamo nascosto un po’ di titubanza. In fondo, si stava parlando della malattia del papà, di cui magari la figlia non sapeva nulla.

Quando hanno diagnosticato il tumore al testicolo a Silvio, Greta aveva solo 4 anni e mezzo e non poteva capire. Non doveva: quando sono piccoli, i bambini non devono vedere che il mondo, il loro mondo, è a rischio. «Andiamo pure avanti, ormai Greta è un po’ più grande e sa tutto. Sa che sto parlando della mia storia perché novembre è il mese della prevenzione contro i tumori maschili» ha rassicurato.

Ora Silvio ha recuperato il filo del discorso. Si schiarisce la voce e riprende a raccontare come ha scoperto il suo seminoma. “Capitava spesso che avessi dolori all’addome ma all’inizio lo associavo a problemi di digestione, come quando mangi troppo: nulla di preoccupante. In fretta però aveva cambiato idea e si era sottoposto a un controllo. Il medico gli aveva prescritto un’ecografia addominale per fugare ogni dubbio.

“Me lo ricordo bene l’ecografista, e anche la faccia che fece – continua – I contorni di quella massa non gli piacevano, quindi mi consigliò di approfondire e dalla successiva Tac emerse che effettivamente si trattava di una massa tumorale”.

Non era la prima volta che Silvio si trovava a fronteggiare un problema di salute serio. Nel 1993, quando aveva solo 13 anni, era stato operato di testicolo ritenuto. Il pediatra non si era accorto cioè che uno dei due testicoli non era mai sceso nella sacca scortale. Se n’era reso conto lui, da solo, quando era un adolescente. “Dopo la biopsia hanno scoperto che si trattava di un seminoma, un tumore maligno del testicolo”.

Silvio Lafornara ha 42 anni ed è nato a Martina Franca, in Puglia, ma dopo più di vent’anni all’ombra del Duomo a Milano ormai si sente a casa. Qui vive insieme alla sua famiglia: oltre a Greta ci sono la moglie Marina e la piccola Ginevra, che nel giugno del 2018 aveva soltanto un mese.

Silvio insieme a Marina e alle sue due figlie, Greta e Ginevra: la sua famiglia.

Il 2018. Silvio lo definisce un anno “pazzo”. L’altalena di emozioni aveva cominciato a oscillare a febbraio, quando la mamma era venuta a mancare a causa di un infarto. Poi a metà maggio lui e Marina avevano avuto la seconda figlia e con la piccola Ginevra tra le braccia pensavano di aver ritrovato un po’ di equilibrio, oltre a un enorme carico di gioia. Un mese dopo, però, erano arrivati i dolori e la diagnosi.

“Quando me l’hanno detto mi è caduto il mondo addosso – ricorda Silvio, in vivavoce mentre guida nel traffico milanese insieme alla figlia Greta – Quando senti la parola «cancro» va così. Marina e io ci siamo spaventati molto. Eravamo una coppia giovane, con due bimbe piccole e il pensiero che potessi lasciarle è stata una botta. Poi però mi hanno descritto nel dettaglio cosa fosse il seminoma e un po’ mi sono tranquillizzato”.

Il testicolo è un organo che assolve prevalentemente due funzioni: secernere il testosterone, l’ormone che premette lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari, e produrre gli spermatozoi. Ciascun testicolo quindi è formato da due tessuti ma quello deputato alla produzione di testosterone quasi mai è sede di neoplasia: se il tumore insorge qui, si tratta in prevalenza di forme benigne.

Quando senti la parola «cancro» va così. Mia moglie ed io ci siamo spaventati molto

Silvio, 42 anni, guarito dal tumore del testicolo

Il dottor Massimo Lazzeri, Urologo presso l’Unità Operativa di Urologia dell’IRCCS Humanitas Research Hospital e ricercatore di Fondazione Airc, su un’altra linea telefonica spiega che quando il tumore maligno del testicolo insorge, si origina dalla componente testicolare che produce gli spermatozoi, il cosiddetto tessuto dei tubuli seminiferi. “Questi tumori, a loro volta, si distinguono tra seminomi e tumori non seminomatosi a cellule germinali. È una distinzione importante perché cambia l’atteggiamento prognostico, predittivo e terapeutico.

Riconoscere un tumore del testicolo richiede molta attenzione ad alcuni segni e sintomi. “Oltre a un aumento di volume o una tumefazione a carico di una parte dello scroto, a destra o a sinistra – aggiunge il dottor Lazzeri – un paziente può distinguere un tumore del testicolo dal dolore, da un senso di peso o anche dall’arrossamento della cute. Nella fase iniziale della neoplasia, però, non vi sono sintomi specifici”. Ad insospettire Silvio, se ti ricordi, erano stati degli strani e forti dolori alla zona addominale. Significa che il suo tumore era già in una fase avanzata.

Il sospetto poi si era trasformato in timore perché sapeva. Silvio in fondo sapeva che la patologia che a 13 anni lo aveva portato in ospedale avrebbe potuto esporlo a un maggior rischio di tumore. “Non c’è un fattore ambientale specifico per il tumore del testicolo – spiega l’urologo – Se il fumo è la causa principale del tumore polmonare, oggi non abbiamo un elemento eziologico la cui esposizione tenda a tradursi in un aumentato rischio di tumore testicolare. Il maggior fattore di rischio per il tumore testicolare è il criptorchidismo. Il famoso testicolo ritenuto.

Anche l’età a cui Silvio ha scoperto la neoplasia rientra appieno nei contorni «standard» della patologia. Nelle idee di molte persone i tumori, ad eccezione di quelli del sangue, si associano al passare degli anni: più una persona è anziana, più alto sarà il suo rischio di sviluppare un tumore. Il tumore testicolare, però, rompe questo schema. “Si tratta di una neoplasia maligna che si manifesta in età giovanile, dall’adolescenza ai 40 anni. Questa è la fascia di età con la maggiore incidenza”.

Il criptorchidismo insorge quando uno dei due testicoli non scende nella sala scrotale: è uno dei maggiori fattori di rischio per il tumore

Torniamo da Silvio. Ripercorrendo quel periodo racconta di essere una persona ottimista, che prova sempre a guardare il bicchiere mezzo pieno anche nelle situazioni peggiori. Ci ha provato anche di fronte alla diagnosi di un tumore testicolare. Quando poi ha scoperto le alte percentuali di sopravvivenza, dice che il bicchiere un po’ più ricco d’acqua l’ha visto per davvero.

Come tutti i tumori maligni, è chiaro che se lasciato al suo corso anche il seminoma può condurre alla morte ma per questo, come altri tumori testicolari, attualmente la medicina offre percentuali di cura che sfiorano il 100%: numeri così non ci sono per altre neoplasie.

Sull’altalena emotiva Silvio ci è rimasto per 9 settimane (anche se possiamo dire con una certa facilità che l’avanti e indietro è durato qualcosina in più). È il tempo necessario per completare il «Peb», ovvero il ciclo di trattamenti standard previsto per il tumore del testicolo. Si tratta di un cocktail di tre farmaci chemioterapici (le cui iniziali danno il nome alla terapia): cisPlatino (P), Etoposide (E) e Bleomicina (B).

Il tumore maligno del testicolo si manifesta in età giovanile, dall’adolescenza ai 40 anni.

Dott. Massimo Lazzeri, urologo e ricercatore Airc

Ogni ciclo consisteva in tre settimane di trattamento. Nella prima gli somministravano le sacche di chemioterapici per 4 giorni consecutivi. Il quinto andava casa e nelle due settimane successive ritornava in ospedale per il richiamo di uno di questi farmaci. La quarta settimana poi si ripartiva daccapo. Ogni ciclo erano 7-8 ore continuative di braccio attaccato alle flebo.

“Per il primo ciclo di chemioterapia i genitori di mia moglie sono saliti delle Marche, da cui provengono, e ci hanno dato una mano, soprattutto a gestire le due bimbe piccole – racconta Silvio, mentre Greta in auto prova a inserirsi nel flusso di parole ricordando che lei all’epoca era proprio piccola perché aveva solo quattro anni – Per il secondo ciclo invece è scesa mia moglie e io me la sono un po’ cavata da solo”. 

Concluse le 9 settimane, Silvio è stato sottoposto a un check-up e a una pet per vedere lo stato della massa. Con un filo di commozione nella voce ricorda che il tumore, inizialmente di 7 centimetri, si era ormai ridotto a pochi millimetri. “Essendo una massa piccola e senza vita hanno ritenuto più sicuro lasciarla lì. Tutto era andato per il verso giusto, insomma.

Questo anche perché Silvio non ha mai sottovalutato nulla. Differentemente invece da quanto fanno, purtroppo, molti altri uomini. Rigirando la riflessione al dottor Lazzeri, ci spiega che anche lui tutti i giorni fa i conti con questa sorta di sottovalutazione del rischio nel caso dei tumori testicolari e, più in generale, dei tumori maschili. “Uno studio americano ha messo a confronto il tumore mammario e quello prostatico in termini di accessi a siti web, like e tutto ciò che riguarda le attività online degli utenti – dice – . E i risultati hanno dimostrato che il rapporto è di 10 a 1: le donne cioè partecipano alla loro salute dieci volte di più quanto non faccia l’uomo”. 

Il perché di questa discrepanza? Le risposte secondo l’urologo sono tante. Di certo non va dimenticata forse la peggiore di tutte: “Per molti anni c’è stato un forte tabù nell’affrontare questi argomenti proprio dagli uomini stessi. Oggi per questo paradigma sta fortunatamente cambiando”.

Silvio ogni sei mesi si sottoponeva ai controlli con tac addome e torace, una volta all’anno invece prenotava un ecodoppler al testicolo. “Ne sono venuto fuori con una buona dose di incoscienza, perché mi sono trovato a fare forza io alla mia famiglia, ma anche con la conoscenza e la consapevolezza ammette con coraggio. Restando attento a ciò che gli sussurrava il suo corpo è riuscito a prendere in tempo un tumore e a guarire.

Per molti anni c’è stato un forte tabù nell’affrontare il tema dei tumori maschili proprio da parte degli uomini stessi

Dott. Massimo Lazzeri, urologo e ricercatore Airc

Accanto alla diagnosi obiettiva del medico, ognuno di noi può giocare un ruolo decisivo, senza necessariamente essere medici, infermieri, neurologici oppure oncologi. Spesso basta un piccolo gesto, come l’autopalpazione. Una buona dose di curiosità verso il proprio corpo, la maggior parte delle volte si traduce nella più facile e allo stesso tempo più efficace forma di prevenzione.

Così Silvio si è ripreso la sua vita. Così potrà continuare ad aspettare la figlia Greta fuori dalla palestra, mentre si attarda a cinguettare con le amiche. Così potrà continuare a preoccuparsi se non la vede arrivare, e a fare tutte quelle cose da genitore.

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