La Terra custodisce una “fotografia” del momento della sua formazione: il caso dell’elio-3

Altissimi valori di elio “primordiale” sono stati misurati nelle rocce dell’artico. Le ipotesi sulla sua formazione e sulla storia del nostro Pianeta.
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
8 Novembre 2023 * ultima modifica il 08/11/2023

La Terra "perde" ancora una parte dei gas intrappolati durante le fasi iniziali della sua formazione. A queste conclusioni porta la scoperta di concentrazioni record di Elio-3 (3He), un isotopo dell'elio molto raro sul nostro Pianeta per via della sua volatilità, in alcune rocce della regione artica risalenti a circa 62 milioni di anni fa. I risultati delle analisi sono pubblicati a fine ottobre sulla rivista Nature dai geochimici della Woods Hole Oceanographic Institution e del California Institute of Technology.

L'isotopo Elio-3 si forma dalle reazioni di decadimento del trizio e doveva essere piuttosto abbondante all'epoca di formazione della Terra, ovvero quando nella densa nebulosa solare iniziavano a roteare nuclei di materiale che avrebbero poi formato i proto-pianeti. Durante la fase di raffreddamento e accrescimento di questi pianeti primordiali, la crosta esterna, raffreddandosi, avrebbe intrappolato i gas della nebulosa tra cui l'elio-3.

Questa specie, essendo estremamente volatile, avrebbe trovato poi vie di fuga preferenziali verso lo spazio esterno (soprattutto quando ancora nucleo, mantello e crosta erano ben diversi da come li conosciamo attualmente e più permeabili): gran parte dell' "elio primordiale" (così si chiama l'elio-3, proprio perché rappresentativo del primo periodo di formazione del nostro Pianeta) si sarebbe perso negli ultimi 4 miliardi di anni di vita della Terra, grazie anche all'attività vulcanica. Le reazioni di decadimento radioattivo di uranio e torio formano invece l'elio-4 che è rappresentativo delle rocce della crosta: una sorta di "elio invecchiato". Il rapporto tra queste due specie, normalizzato ai valori atmosferici, dà indicazioni sulla "primordialità" dell'elio: più è alto il rapporto più un gas porta una firma "antica" e viene dal profondo, mentre più è basso il rapporto più il gas ha probabilmente stazionato nella crosta terrestre.

Per intenderci, a fronte di un rapporto uguale ad 1 relativo all'atmosfera terrestre, i valori misurati nello studio, ottenuti dall'analisi di alcuni minerali delle rocce vulcaniche dell'isola di Baffin, sono pari a circa 70 volte quanto misurato in atmosfera! Si tratta di valori incredibilmente alti se si considera che nelle aree vulcaniche attive il rapporto può variare a seconda del tipo di magmatismo (es. nelle rocce meno evolute delle Hawaii, rapporto uguale a circa 30, dell'Etna circa 8, dei Campi Flegrei circa 4) e dunque dal contributo delle rocce crostali che rilasciano più elio-4: più il rapporto è basso, più il magma tende a stazionare nella crosta, più il rapporto è alto più il magma è "primitivo" e proviene dal profondo.

Secondo i ricercatori, un valore così alto può indicare che esistano delle zone di accumulo di elio-3 in prossimità del nucleo terrestre. I risultati confermerebbero studi precedenti secondo cui appunto l'elio-3 non proviene dal mantello ma da zone ben più profonde, come il nucleo o l'interfaccia nucleo-mantello. Si tratta di una scoperta importante perché lo studio di questi gas potrebbe contribuire alla conoscenza delle fasi di formazione del nostro Pianeta e del nostro Sistema Solare.

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…