L’accordo storico dell’Onu che salverà gli Oceani entro il 2030

Ci sono voluti oltre dieci anni di negoziati e incontri per raggiungere questo accordo storico. Adesso tutti i Paesi membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite si impegneranno per salvaguardare una parte della biodiversità dell’Alto mare, precisamente il 30%. Pesca, ricerca e protezione dell’ecosistema marino, ecco cosa prevede il trattato.
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Mattia Giangaspero 6 Marzo 2023

Ci sono voluti oltre dieci anni di negoziati e incontri per raggiungere questo accordo storico. Adesso tutti i Paesi membri dell'Organizzazione delle Nazioni Unite si impegneranno per salvaguardare una parte della biodiversità di tutti gli oceani, precisamente il 30%.

L’accordo firmato sabato 4 marzo punta a tutelare e favorire il risanamento delle specie marine a rischio estinzione. Nello specifico vengono fissati determinati limiti alla pesca, alle zone in cui possono transitare le navi e alle attività di esplorazione e ricerca che attualmente si possono svolgere. Un esempio può essere l’estrazione di minerali dai fondali oceanici. Infine è prevista anche la formazione di una Conferenza Istituzionale che verrà periodicamente istituita per analizzare i vari progressi in materia.

Il tavolo tecnico che ha portato a questo accordo storico era stato formato, pensa, per la prima volta ad agosto, ma senza trovare alcun tipo di accordo. Successivamente gli Stati più importanti come Regno Unito, Cina e Stati Uniti, insieme alla collaborazione dell’Unione Europea ci hanno riprovato lo scorso 20 febbraio e dopo due settimane di negoziati, anche grazie alla loro mediazione si è riusciti a trovare un compromesso. Infatti alcuni Paesi avevano sollevato dubbi in merito al diritto di pesca e successivamente al suo limite e a come ottenere dei fondi di compensazione.

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I punti divisivi del Trattato per gli Oceani

Il nodo più complicato da sciogliere invece ha riguardato il materiale genetico sia di piante sia di animali marini che vivono in alto mare. Questo, se non lo sai, viene utilizzato per la produzione di farmaci e per altri processi industriali ed è diventato negli anni un tema di dibattito. Questo perché i Paesi più ricchi sono in grado di ottenere queste risorse più rapidamente, non lo sono invece i Paesi dove l’economia è meno sviluppata, per questo motivo il tema si è spostato anche sull’equilibrare, in campo, le forze di tutti.

Il testo adesso deve essere redatto ufficialmente, ma intanto l’Unione Europea ha investito 40 milioni di euro per far firmare a tutti i Paesi in tempi brevi l’accordo.

L’ultimo accordo simile a questo, ottenuto qualche giorno fa, è stato quello della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare che risale al 1982, ovvero a 41 anni fa.

Questo trattato si allinea infine agli obiettivi che erano emersi in conclusione della Cop15, ovvero salvaguardare il 30% di tutte le aree, sia terrestri, sia marine del Pianeta. Ovviamente, in questo caso si punta più in piccolo, ma la direzione è la stessa, anche perché attualmente, a livello mondiale, solo il 10% delle aree marine sono soggette a protezione.

Il trattato Onu per salvare il 30% degli Oceani può essere visto come un primo passo per contrastare tre grandi fenomeni in corso, che danneggiano il nostro Pianeta Terra, ovvero: il cambiamento climatico, l’inquinamento e l’eccesso di pesca.

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