Le elezioni “snobbano” il Clima, Pasini (Cnr): «Nessun programma politico avrà successo se non considera l’emergenza climatica»

Il fisico climatologo è tra i firmatari della petizione «Un voto per il clima», con cui scienziati, associazioni e cittadini chiedono che alle prossime elezioni l’adattamento e la mitigazione della crisi climatica siano il tema principale.
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Gianluca Cedolin 8 Agosto 2022
Intervista al Prof. Antonello Pasini Fisico climatologo del Consiglio nazionale delle ricerche

Mancano meno di due mesi alle elezioni e l'Italia sta vivendo la sua peggiore estate a livello climatico, tra caldo estremo (a luglio la temperatura ha superato la media di 2,26 gradi, mentre i primi sette mesi del 2022 sono stati i più caldi di sempre), siccità (ha piovuto pochissimo, tutte le principali riserve d'acqua sono in crisi e i fiumi come il Po in grave secca) e incendi, sempre più gravi ed estesi.

Nonostante questo, nelle prime schermaglie di questa insolita campagna elettorale estiva, l'emergenza climatica non è sicuramente tra le priorità, e spesso anzi viene relegata a fastidiosa appendice oppure a tema da citare perché si deve, senza proposte concrete per agire immediatamente sulla mitigazione e sull'adattamento della crisi climatica.

Per questo, un gruppo di climatologi e scienziati, insieme con Green&Blue, la sezione di approfondimento legata al gruppo editoriale Gedi, ha lanciato la petizione «Un voto per il clima». «Chiediamo con forza alla politica di considerare la crisi climatica come un problema prioritario da affrontare, perché mina alla base tutto il nostro futuro», scrivono gli esperti, dicendosi disponibili a dare «un contributo per elaborare soluzioni e azioni concrete che siano scientificamente fondate, praticabili ed efficaci».

Pubblicata martedì, in meno di una settimana ha raggiunto quasi 100mila firme, con la partecipazione di varie associazioni ambientaliste (dal Wwf ai Fridays For Future), di diversi sindaci, di altre istituzioni e di molti cittadini con a cuore il futuro del Pianeta. Tra gli ideatori e primi firmatari della petizione c'è anche Antonello Pasini, fisico climatologo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).

Professor Pasini, dove nasce la petizione?

È nata all'interno della Sisc, la Società italiana per le scienze del clima, dove sono rappresentati i maggiori climatologi italiani. Alcuni di noi, come il presidente Riccardo Valentini, hanno preso l'iniziativa e abbiamo stilato questa lettera sapendo che avrebbe dato risonanza alla petizione e l'avrebbe supportata con contenuti e interviste importanti, prima fra tutte al premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi. L'ho contattato io, visto che lo conosco bene, e da subito mi ha assicurato grande appoggio, dicendo che dovevamo essere noi i primi firmatari, in quanto climatologi, ma che lui ci avrebbe sostenuto.

Il clima una volta era visto come tema di cui occuparsi a lungo termine, che quindi non portava consensi elettorali, però ormai la crisi climatica è qui e ora: perché allora i politici ancora se ne occupano poco?

Il problema è che da un lato ci sono ancora enormi interessi dietro i combustibili fossili, dall'altro c'è ancora grande indifferenza perché parliamo di problemi a lunga durata, che non hanno un riscontro elettorale immediato. È più facile abbassare le tasse o dire pianto un milione di alberi, una cosa che a livello climatico vuol dire molto poco, invece che mettersi a ragionare su temi i cui risultati si vedono nel tempo.

Cosa volete dire alla politica con questa petizione?

Quello che abbiamo fatto noi è ribadire che questo è un problema fondamentale, in grado di minare tutto il futuro. Noi abbiamo dato ai politici questo elemento di realtà, che ci tocca tutti da vicino; gli abbiamo detto: sappiamo che ognuno di voi ha la vostra visione, ma se non considerate questo problema, tutto quello che programmate per il futuro non avrà successo. Ci vorrebbe un patto fra tutti i partiti per far rispettare degli impegni climatici.

A livello di azione, cosa dovrebbe fare il prossimo governo?

Sono due le grandi cose da fare: l'adattamento e la mitigazione. Sicuramente a livello di temperatura non torneremo indietro, ma possiamo solo sperare di contenere l'aumento entro gli 1,5 gradi rispetto al periodo preindustriale. Quindi dobbiamo adattarci a questa nuova situazione con la maggiore siccità, le ondate di calore, i problemi all'agricoltura, alle centrali idroelettriche. Dall'altro lato dobbiamo evitare di arrivare a scenari non più gestibili, cosa verso cui stiamo andando incontro. Mantenendo il business as usual, pensate, i ghiacciai alpini perderanno il 95% della loro copertura, con conseguenze deleterie sulle riserve d'acqua. Quindi dobbiamo adeguarci, ma non far peggiorare la crisi climatica, tagliando le emissioni.

Quanto è importante che, oltre a voi climatologi, l'appello sia il più eterogeneo possibile nei firmatari, come sta accadendo?

È importantissimo perché in un momento come questo in cui si parla poco di ambiente nei programmi elettorali bisogna far vedere che la comunità civile è molto interessata al tema. La petizione si rivolge ai politici ma anche alla gente comune e vedere che siamo quasi a 100mila firme dopo sei giorni ci fa pensare che alla gente stia a cuore il tema, e che se si vuole il loro consenso, bisogna agire su questo.