Le vittime, le case distrutte, un popolo in fuga: la guerra in Ucraina, purtroppo, porta con sé anche grossi pericoli ambientali

Dalle miniere abbandonate nel Donbass alla minaccia nucleare, fino al ritorno del carbone e alla crisi dei cereali: l’invasione russa rischia di trasformarsi in una catastrofe ambientale, oltre che umanitaria.
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Gianluca Cedolin 4 Marzo 2022

Centinaia di morti, migliaia di case distrutte, milioni di persone in fuga: l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia sta mettendo in ginocchio un intero paese e i suoi 45 milioni di abitanti. Oltre all'emergenza umanitaria, chiaramente prioritaria, quella per cui ogni giorno ovunque nel mondo persone manifestano chiedendo la fine delle operazioni militari, la guerra in Ucraina rischia di scatenare diversi disastri ambientali. Su Twitter, l'Unep (il Programma ambientale dell'Onu) ha chiesto di cessare il fuoco per «assicurare la sicurezza di tutte le persone e dell'ambiente che sostiene la vita sul pianeta».

Il Donbass, una bomba tossica a orologeria

All'origine del conflitto ci sono le due repubbliche autoproclamate del Donbass, riconosciute e occupate dalla Russia. Sin dalla prima invasione russa di queste regioni dell'Ucraina, quella del 2014, era evidente il pericolo di operazioni militari in un'area ad altissimo livello di produzione industriale dannosa per l'ambiente.

Un report della Banca Mondiale del 2015 riportava questi dati: «Si stima che nel Donbass ci siano circa 900 grandi siti industriali, 140 miniere di carbone, 40 fabbriche metallurgiche, 177 siti chimici pericolosi, di cui 113 usano materiale radioattivo, 248 miniere (molte non funzionanti). Inoltre, 1.230 chilometri di tubature per il petrolio, il gas e l'ammoniaca attraversano la regione, e dal 2002 circa 10 miliardi di tonnellate di rifiuti industriali si sono accumulati nel Donbass».

Nel 2017 il sito di giornalismo investigativo Bellingcat aveva definito il Donbass, in un'accurata analisi, "una bomba tossica a orologeria". Il pericolo non riguarda solo un possibile attacco militare ai siti sensibili: come si legge su Areale, la newsletter ambientale di Domani, in tempo di guerra «le miniere sono state lasciate al loro destino, si sono allagate e stanno inquinando l'acqua usata per bere e per irrigare. L’Istituto nazionale di studi strategici dell’Ucraina ha definito la contaminazione chimica una minaccia imminente per almeno 300mila persone».

Sin da prima dell'invasione russa, il ministero dell'Ecologia e delle Risorse naturali ucraino aveva catalogato oltre 4.200 punti di pericolo ambientale.

Il pericolo nucleare

In Ucraina sono attive 4 centrali nucleari, per un totale di 15 reattori. Queste generano oltre il 50% del fabbisogno di energia annuale del paese (il 54% nel 2019, secondo la World nuclear association).

Nei giorni scorsi le forze russe hanno invaso un'area vicino alla centrale di Chernobyl, ancora altamente radioattiva, e il primo marzo hanno occupato il territorio intorno alla centrale di Zaporizzja, il maggior impianto ucraino (e tra i principali in Europa).

Sempre su Areale viene citato il pericolo dell'utilizzo del nucleare come strumento militare per le forze occupanti: si teme infatti che un'esplosione, intenzionale o meno, possa interessare uno di questi reattori, generando danni all'ambiente e alla salute umana per decine di anni, a causa delle radiazioni sprigionate.

Le ricadute sulla produzione di energia in Italia

Uno dei punti focali nel rapporto tra l'Europa e la Russia riguarda la dipendenza di diversi paesi europei dal gas russo per scaldarsi, cucinare, produrre energia elettrica. Nel 2021, l'Italia ha consumato oltre 71 miliardi di metri cubi di gas, dei quali il 37,8% arrivava dalla Russia. La potenziale riduzione del gas in arrivo dalla Russia ha indotto il governo, nel recente decreto Ucraina, a ipotizzare l'utilizzo di altre fonti energetiche al posto del gas.

Questo, purtroppo, significherebbe il ripristino di alcune centrali a carbone, il combustibile fossile che crea maggiori emissioni di gas serra in assoluto. La guerra ha reso evidente l'importanza di una maggiore indipendenza energetica, da raggiungere attraverso l'impiego delle energie rinnovabili. Come in molte altri crisi globali, su tutte quella climatica, anche in questo caso stiamo reagendo (male) a una situazione di pericolo, invece che agire preventivamente (investire nella transizione energetica) per evitare disastri futuri.

Non dimentichiamo poi che in Ucraina si trovano importanti giacimenti di litio, materiale chiave per la transizione energetica (serve per produrre le batterie delle auto elettriche, tra le altre cose): probabilmente un altro motivo di interesse per la Russia.

La crisi dei cereali

Russia e Ucraina sono rispettivamente il primo e il terzo esportatore di cereali nel mondo. Insieme generano il 23 per cento del commercio globale di grano nel 2021-2022 e producono il 60 per cento di olio di girasole, scrive questo report. L'Unione europea importa ogni anno dall'Ucraina milioni di tonnellate di mais, grano, orzo.

Non serve quindi dire che l'invasione russa rischia di avere gigantesche conseguenze su questo fronte; la guerra distrugge i campi e azzera o quasi la manodopera impegnata nell'agricoltura. I risultati si sono visti da subito: i prezzi del grano e del mais sulla Borsa merci di Chicago stanno raggiungendo livelli altissimi, tanto che in Italia dovremmo aumentare la semina di mais in vista della primavera per compensare il prevedibile calo di importazione dall'Ucraina.