L’emergenza sanitaria sta complicando la vita al settore dei rifiuti. Ecco perché

La chiusura e il rallentamento di molte attività industriali, a seguito delle drastiche misure di contenimento imposte dal governo per contrasare la diffusione del coronavirus, stanno provocando una saturazione degli impianti di stoccaggio. Inoltre l’incremento considerevole di rifiuti indifferenziati rischia di avere un contraccolpo sulla filiera del riciclo.
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Federico Turrisi 10 Aprile 2020

Stiamo tutti (o quasi) a casa, e ovviamente continuiamo a produrre rifiuti. Tutto procede come al solito? Non proprio. Se infatti la raccolta dei rifiuti prosegue, con aziende e operatori del settore impegnati a garantire uno dei servizi essenziali riconosciuti dal governo, altre parti che compongono la catena della gestione e dello smaltimento dei rifiuti sono state chiuse. Con notevoli conseguenze sulla filiera del recupero e del riciclo. L'allarme era già stato lanciato qualche giorno fa dal Conai, il Consorzio nazionale imballaggi.

La sospensione di settori che trattano o impiegano materiali provenienti dalla raccolta differenziata – come plastica, carta, vetro, metalli –  e l'interruzione delle esportazioni, alle quali sono destinate quote consistenti di materie prime seconde, stanno riducendo i canali di sbocco dei materiali raccolti. Risultato? Gli impianti di stoccaggio si saturano più rapidamente. Alcune regioni italiane stanno già correndo ai ripari, emanando dei provvedimenti per aumentare la loro capacità e concedere una proroga per il deposito temporaneo dei rifiuti.

Senza considerare il notevole incremento dell'indifferenziato in questo periodo, dovuto soprattutto a due fattori. Primo, l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato delle linee guida sulla gestione dei rifiuti domestici in cui si legge che le persone risultate positive al coronavirus non devono differenziare i propri rifiuti, ma devono conferirli in un unico sacchetto, che viene poi inviato a termovalorizzazione senza pre-trattamento. In secondo luogo, c'è  il contributo di guanti monouso e mascherine, che finiscono inevitabilmente nell'indifferenziato: un tema che avevamo già affrontato con il coordinatore scientifico di Legambiente Andrea Minutolo.

I rifiuti sanitari a rischio infettivo degli ospedali hanno invece un percorso di smaltimento ad hoc, regolato in maniera rigida dalla normativa italiana. In sostanza, per ragioni di sicurezza sanitaria, la termovalorizzazione acquisisce un ruolo sempre più di primo piano. Ma il numero degli impianti in Italia è limitato e l'accumulo di rifiuti negli spazi e e nelle piattaforme di stoccaggio è presto spiegato.

Al termine dell'emergenza dovremo sicuramente fare i conti per cercare di migliorare i punti critici del sistema, a partire dalla disponibilità di impianti sul territorio. Soprattutto sarà l'occasione per rilanciare un piano che punta davvero a sostenere l'economia circolare e a favorire un mercato delle materie prime seconde e dei prodotti realizzati con materiali provenienti dal riciclo.