L’Emilia-Romagna ha regolamentato il suicidio assistito: in 42 giorni chi fa richiesta avrà una risposta

La Giunta regionale dell’Emilia Romagna è la prima in Italia ad aver definito il tempo entro cui chi richiederà di accedere al suicidio assistito potrà portarlo a termine oppure, al contrario, potrà sapere perché è stato negato. Nel giro di 42 giorni, chi fa richiesta potrà sapere del proprio destino.
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Kevin Ben Alì Zinati 12 Febbraio 2024
* ultima modifica il 12/02/2024

Nell’immobilismo che continua a contraddistinguere l’Italia a livello legislativo, c’è una Regione che ha deciso di dare una scossa al modo in cui si affronta, nel nostro Paese, il suicidio assistito.

L’Emilia-Romagna ha infatti appena approvato una delibera regionale con cui ha dato forma al percorso attraverso il quale i suoi cittadini possono fare richiesta per accedere alla pratica della morte assistita.

A differenza dell’eutanasia, si tratta di quella procedura in cui una persona – in presenza di determinati requisiti stabiliti dalla sentenza Cappato/Dj Fabo del 2019 – può procedere con l’autosomministrazione di un farmaco letale.

Quella guidata da Stefano Bonaccini è la seconda regione italiana ad aver approvato tali strumenti e ad aver stabilito come verrà formata la Commissione deputata a valutare le richieste di accedere alla morte assistita.

È tuttavia la prima ad aver definito il tempo entro cui chi richiederà di accedere al suicidio assistito potrà portarlo a termine oppure, al contrario, potrà sapere perché è stato negato. Nel giro di 42 giorni, dunque, chi fa richiesta potrà sapere del proprio destino.

Come funziona?

La richiesta di suicidio medicalmente assistito deve essere inviata alla Direzione sanitaria di un’Azienda regionale insieme alla documentazione sanitaria necessaria.

La persona deve manifestare e documentare la propria volontà documentata in forma scritta, attraverso una videoregistrazione o qualsiasi altro strumento che permetta di comunicare nel caso di un individuo impossibilitato a farlo.

A quel punto, la direzione sanitaria deve trasmettere la richiesta entro tre giorni al massimo dal suo ricevimento alla Commissione di valutazione di Area Vasta.

Ed entro un massimo di 42 giorni, la richiesta di suicidio assistito dovrà essere valutata da una commissione di medici e specialisti e dal comitato etico. In poco più di un mese, dunque, una persona che ne fa richiesta potrà sapere se avrà la possibilità di autosomministrarsi il farmaco letale oppure il motivo del divieto.

Un “no”, per esempio, potrebbe essere legato alla mancanza di uno dei requisiti previsti dalla sentenza Cappato/Dj Fabo:

  • che la persona sia capace di autodeterminarsi
  • che la persona sia affetta da patologia irreversibile
  • che tale malattia sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che la persona reputi intollerabili
  • che la persona sia dipendente da trattamenti di sostegno vitale

La legge che manca

Paravo di immobilismo, all’inizio. Questo perché ad oggi in Italia il suicidio assistito è sì un diritto che, tuttavia, non è sempre garantito. Questo perché ancora non c’è una legge che normalizzi una volta per tutte, e in maniera univoca, l’accesso a tale pratica.

Il Veneto, come ti abbiamo raccontato, stava portando avanti l’iter burocratico per dotarsi di una legge sul suicidio assistito ma lo scorso gennaio la proposta è stata bocciata per un solo voto mancante.

In attesa che qualcosa cambi a livello legislativo nazionale, spetta alle Regioni muoversi e fare da sole. L’aveva già fatto la Puglia, approvando un’altra delibera simile a quella dell’Emilia Romagna tranne che per l’assenza delle indicazioni sui tempi di accesso al suicidio assistito.

Fonte | Regione Emilia Romagna

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