L’Europa vieta l’utilizzo di alcuni imballaggi in plastica con il nuovo regolamento: le confezioni che spariranno dal mercato

Il percorso dell’Unione europea per vietare l’utilizzo di nuovi imballaggi prosegue a passo veloce, ma l’Italia è critica. Ecco quali oggetti potresti non trovare più sul mercato.
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Francesco Castagna 30 Ottobre 2023

L'Italia si scontra nuovamente con l'Unione europea sulle politiche ambientali. Oltre alle case green o sui divieti per le auto a benzina e diesel, si aggiunge alla lista della contesa il nuovo Regolamento europeo sugli imballaggi. La proposta UE si chiama "Packaging and Packaging Waste Regulation", proviene dalla Direzione generale dell'Ambiente (DG ENV), che sviluppa e attua le politiche della Commissione, e ha lo scopo di ridurre gli imballaggi inutili, ma soprattutto di uniformare gli approcci normativi differiscono da uno Stato membro all'altro, creando ostacoli che impediscono il pieno funzionamento del mercato interno degli imballaggi.

Imballaggi: un problema sanitario ma anche ambientale

I Paesi membri infatti hanno diversi parametri quando si parla di attuare i principi dell'economia circolare in una filiera  che è sia importante economicamente, ma anche necessaria per proteggere e trasportare le merci. Nello specifico le differenze ruotano attorno a: i requisiti di etichettatura degli imballaggi, gli approcci per definire gli imballaggi riciclabili o riutilizzabili, gli approcci per modulare le tariffe per la responsabilità estesa del produttore (EPR) e le restrizioni alla commercializzazione di alcuni formati di imballaggio.
I contenitori delle merci, quando sono stati utilizzati nel modo corretto, sono stati molto efficienti per evitare la proliferazioni di batteri e/o malattie, sono un grande compagno di squadra nella lotta allo spreco alimentare, ma rappresentano allo stesso tempo un problema ambientale. L'Europa stima che gli imballaggi sono "uno dei principali utilizzatori di materiali vergini (il 40% della plastica e il 50% della carta utilizzati nell'UE sono destinati agli imballaggi) e rappresentano il 36% dei rifiuti solidi urbani".

Quanto manca per una legge

L'Unione europea non ha deciso ora di vietare l'utilizzo di contenitori non sostenibili per la merce. Per capire da dove viene la direttiva UE, bisogna fare qualche passo indietro fino al 2020, quando il Consiglio europeo, a dicembre dello stesso anno, ha accolto con favore l'intento della Commissione europea di garantire che tutti gli imballaggi siano riutilizzabili o riciclabili entro il 2030; allo stesso tempo, sarà compito di tutti i Paesi membri attuare politiche volte a ridurre gli imballaggi, e quindi i rifiuti che ne derivano.

Ora la proposta ha ricevuto un primo sì da parte dell'UE e dovrà essere nuovamente discussa dal Consiglio fra un mese e in assemblea plenaria (tra il 20 e il 23 novembre), luogo in cui verranno presentati tutti gli emendamenti e proseguirà l'iter legislativo.

Una volta che il testo sarà approvato in maniera definitiva gli Stati dovranno recepire il regolamento con leggi nazionali. Bisogna fare in fretta, perché mancano solo sette anni e, nel frattempo, "la produzione totale di rifiuti di imballaggio nell'UE è aumentata passando da 66 milioni di tonnellate nel 2009 a 78,5 milioni di tonnellate nel 2019", secondo quanto emerge dal testo della proposta.

Il nostro Paese guida il fronte dei contrari al Regolamento UE, il ministro dell'Ambiente e della Sicurezza  Pichetto Fratin aveva già detto agli Stati Generali della Green Economy, nel 2022: "L'Italia dirà di no al regolamento UE che non condividiamo e che punta sul riutilizzo delle confezioni e non sul riciclo degli imballaggi. In Europa faremo valere la nostra eccellenza sull'economia circolare".

E di recente ha confermato la sua posizione, rilasciando una dichiarazione post-voto UE: "ll voto conferma le nostre preoccupazioni perché si continua ad andare verso un sistema che non valorizza il modello vincente italiano, ma che lo mette a rischio. Continueremo la nostra battaglia in tutte le sedi comunitarie per difendere le ragioni di una filiera innovativa, che supera i target Ue con diversi anni di anticipo, che dà lavoro tutelando l'ambiente e affermando i più avanzati principi dell'economia circolare".

Cosa vieterebbe il Regolamento sugli imballaggi

Stando al testo attuale, che non ha ancora ricevuto gli emendamenti finali, l'Unione europea ha intenzione di vietare una serie di oggetti considerati come superflui in un rapporto tra utilità/inquinamento. Stop dunque all'utilizzo di sacchetti di plastica ultra-leggeri, eccezione fatta per quelli che servono a combattere lo speco alimentare o a garantire l'igiene della merce. La raccolta differenziata dovrà essere garantita dai Paesi europei al 90% per tutti i materiali da imballaggio (legno, metalli ferrosi, alluminio, vetro, cartone, carta, ma soprattutto plastica).

Anche gli imballaggi monouso per condimenti, conserve, salse, panna da caffè e zucchero nel settore alberghiero (ristorazione e catering inclusi). E ancora vaschette, bustine, scatole e vassoi. Tutti questi oggetti spariranno gradualmente da commercio o, in alcuni casi, dovranno essere sostituiti da alternative più sostenibili. Lo sfuso torna di moda, anche e soprattutto per le confezioni che contengono prodotti ortofrutticoli che non superano 1,5kg di merce (vassoi, contenitori, reti, sacchetti).

Il settore alberghiero cambierà abitudini e con esse sparirà anche la simpatica usanza di portarsi con sé a fine vacanza i set di cortesia (quelli che contengono solitamente shampoo, creme e bagnoschiuma). Non vedremo più anche i contenitori con meno di 50ml per i prodotti liquidi e con meno di 100g per prodotti non liquidi. Saranno vietati inoltre tutti i prodotti monouso per gli alimenti e le bevande, e gli oggetti per il catering in plastica: vassoi, piatti, bicchieri usa e getta (già vietati in parte con la Single Use Plastic), sacchetti, lamine e scatole.

La proposta della Commissione europea è di vietare le confezioni monouso per inserire l'obbligo di utilizzo di packaging riciclabile. Si salva il vino italiano, ma la filiera dell'ortofrutta nostrana potrebbe essere pesantemente colpita da questa decisione.