
L'inquinamento atmosferico danneggia anche l'economia nazionale. Il primo Paese a farne ufficialmente le spese è il Bangladesh, già in lotta contro l'inquinamento da plastica e le conseguenze più estreme del cambiamento climatico. Lo ha certificato un report della Banca Mondiale, in riferimento a dati del 2019 che, nel frattempo, potrebbero essere peggiorati.
In quell'anno, lo smog è costato al Bangladesh tra il 3,9% il 4,4% del suo PIL. Non solo. È risultato essere la seconda causa di morte tra la popolazione, con un numero di decessi che varia tra i 78mila e gli 88mila, e di problemi di salute gravi che hanno causato addirittura disabilità. "Limitare l'inquinamento atmosferico è fondamentale per la crescita e per uno sviluppo sostenibile del Paese – ha commentato Dandan Chen, direttore ad interim della Banca Mondiale per il Bangladesh e il Bhutan. – Siamo pronti ad aiutarli attraverso un lavoro di ricerca e nuovi investimenti".
Il luogo in cui il problema si avverte maggiormente è Dhaka, la capitale. Qui la concentrazione di PM2,5, le polveri sottili più pericolose per la salute umana, ha superato del 150% il livello considerato sicuro dalle linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità. Ogni giorno, ciascun cittadino respira l'equivalente di 1,7 sigarette.
Nel 2020, la concentrazione di PM2,5 è stata di 272.4 µg/m³, facendo raggiungere a Dhaka il valore di 323 per l'indice di qualità dell'aria.
Ma al di là dei numeri, il dato su cui dovremmo concentrarci è proprio l'impatto dell'inquinamento atmosferico sulla crescita economica. Una volta di più viene sconfessata la teoria secondo la quale dovremmo tollerare di avere un certo impatto sul Pianeta per garantirci prosperità e benessere.