Maggio 2020 è stato il mese dei record negativi: temperature e concentrazioni di CO2 mai registrate prima

L’ha reso noto l’Organizzazione Mondiale della Meteorologia. Nel mese di maggio 2020 sono state registrate temperature di 0,63° sopra la media dello stesso mese tra il 1981 e il 2010. In più, a preoccupare sarebbero anche le concentrazioni di anidride carbonica che negli ultimi 31 giorni, a livello globale, hanno raggiunto un picco di 417,1 parti per milione: 2,4 in più rispetto al 2019.
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Kevin Ben Alì Zinati 8 Giugno 2020

In fatto di aumento delle temperature e di quantità di emissioni di CO2, l’ultimo messe di maggio ha fatto registrare importanti record, in negativo. L’ha reso noto l’Organizzazione mondiale della Meteorologia. Secondo i dati raccolti dal Copernicus Climate Change Service, infatti, nei 31 giorni di graduale ripartenza dopo l’emergenza Coronavirus sono state registrate temperature mai viste finora nello stesso periodo, con un aumento di 0.63°. Ma non è tutto: dalle misurazioni effettuate dalla stazione di osservazione di Mauna Loa situata alle Hawaii ed elaborate dal Noaa, anche i livelli di concentrazione di anidride carbonica hanno raggiunto livelli globali mai segnalati prima.

Più caldo

L’Organizzazione Mondiale della Meteorologia ha reso noti i risultati dell’ultimo bollettino climatico fornito dal Copernicus Cliente Change Serve da cui appare che quello appena passato è stato il mese di maggio più caldo mai registrato. L’aumento delle temperatura è stato di di 0,63° C in più rispetto alla media registrata nel mese di maggio nel periodo di tempo compreso tra il 1981 e il 2010. Secondo i dati, la temperatura ha superato i livelli medi in alcune zone della Siberia, raggiungendo picchi anche di 10° in più. Stesso scenario anche nella parte occidentale dell'Alaska, sulle Ande tra Cile e Argentina e in diverse zone dell’Antartide.

Troppa CO2

Le concentrazioni di Co2 sono state invece fornite dalle misurazioni della stazione di osservazione di Mauna Loa alle Hawaii: si tratta di una stazione arroccata su un vulcano nel mezzo dell'Oceano Pacifico e considerata il punto di riferimento nel programma Global Atmosphere Watch dell’Organizzazione che conta stazioni di osservazione in oltre 50 paesi. Dai dati è emerso che nel mese di maggio 2020 le concentrazioni di biossido di carbonio hanno raggiunto un picco di 417,1 parti per milione: la più alta lettura mensile mai registrata. Si tratta di un aumento di 2,4 parti per milione in più rispetto al picco del maggio 2019, pari a 414,7 ppm. Secondo gli scienziati del NOAA, il National Oceanic and Atmospheric Administration, e lo Scripps Institution of Oceanography dell’Università della California di San Diego, i valori di CO2 hanno superato la soglia di 400 ppm nel 2014 e quelli a cui assistiamo ora sono a livelli che l'atmosfera non viveva da diversi milioni di anni.

Il quadro che dipingono i ricercatori del Noaa è drammatico. Il tasso di aumento di CO2 nell'atmosfera è sempre stato in crescendo: negli anni ’60 la media era di 0,8 ppm all’anno, 20 anni dopo era già raddoppiata a 1,6 ppm, negli anni '90 è rimasto stabile a 1,5 ppm all’anno ma dal 2000 in poi il tasso di crescita medio è salito fino ad arrivare a 2,4 ppm negli ultimi dieci anni.

Dagli anni '60 le emissioni di CO2 sono aumentate drasticamente: in crescendo: da una media annuale di 0,8 ppm siamo passati a 2,4 ppm negli ultimi dieci anni

La domanda che potresti porti è: ma lo stop delle attività dovuto all’emergenza Coronavirus non ha inciso in positivo? Secondo i ricercatori, la crisi ha sì rallentato le emissioni, ma non abbastanza. Spiegano che, per essere quantitativamente significativo, il calo delle emissioni dovrebbe essere abbastanza grande da distinguersi dalla variabilità naturale della CO2, causata da come le piante e i suoli rispondono alle variazioni stagionali e annuali di temperatura e umidità. Secondo i ricercatori, se riduzioni importanti quantificate tra il 20-30% fossero state mantenute per 6-12 mesi, allora il tasso di aumento della CO2 sarebbe rallentato.