Nel 2023 ci sarà un nuovo rigassificatore in Italia, annuncia il Ministro Cingolani. Aumenta così la nostra dipendenza dalle infrastrutture delle fossili

Mentre l’Italia firma nuovi accordi per importare gas dall’Algeria, il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani ha annunciato che dal 2023 sarà operativo un nuovo rigassificatore. La nave metaniera verrà ormeggiata in un porto, probabilmente a Taranto, a Brindisi o Piombino. Ma c’è chi solleva dubbi sulla sicurezza e sulla necessità dell’impianto, che rischia di aumentare la nostra dipendenza dalle infrastrutture delle energie fossili.
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Michele Mastandrea 11 Aprile 2022

Il governo italiano prosegue nella ricerca di forniture alternative di energia rispetto a quella in arrivo dalla Russia. Il primo ministro Mario Draghi e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio voleranno per questo motivo oggi ad Algeri.

Qui dovrebbe essere firmato un nuovo accordo per aumentare la vendita di gas all'Italia: si parla di una quota pari a 9-10 miliardi di metri cubi aggiuntivi per il solo 2022. L'accordo permetterà di ridurre la dipendenza da Mosca, ma vorrà dire anche aumentare quella dall'Algeria, che ci vende già oggi il 31% circa del nostro fabbisogno.

Ok a un nuovo rigassificatore

Intanto, sabato scorso il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ha annunciato a Bari che entro la prima metà del 2023 sarà operativa in Italia una nuova nave metaniera, vale a dire un nuovo rigassificatore. Come ti abbiamo spiegato qualche tempo fa, si tratta delle navi che permettono di trasportare il gas naturale liquefatto e in alcuni casi, come in questo, di riportarlo allo stato gassoso, inserendolo poi nella rete di distribuzione.

Cingolani ha spiegato che la nave "si può ormeggiare in mare dove c'è un tubo del gas, e ce ne sono diversi in Italia. Potrebbe essere Taranto, Piombino, l'alto Adriatico, Brindisi". L'operazione è stata affidata a Snam, ed è stata già segnata dalle prime polemiche politiche.

La paura dell'effetto ‘lock-in'

Il sindaco di Piombino, Francesco Ferrari, ha infatti richiesto "garanzie sulla tutela dell'economia del territorio, del porto e della diversificazione in atto", pur dicendosi consapevole "della delicata crisi politica ed energetica che sta attraversando l'Italia". Insomma, ha chiuso il primo cittadino della città Toscana, "siamo disponibili solo a patto che non si sacrifichi l'economia del porto e sia sostenuta la riconversione ambientale di Piombino".

Uno dei punti più critici, mentre l'ultimo Rapporto Ipcc chiede di abbandonare il prima possibile le fonti fossili, è infatti il rischio di subire l'effetto ‘lock-in': ovvero legarsi alle energie fossili al fine di valorizzare la spesa nelle infrastrutture per gestirle. Infrastrutture che però sono molto impattanti, soprattutto sull'ambiente circostante. È questo che ha mosso il sindaco di Piombino a chiedere garanzie per il futuro, insieme a dubbi sulla sicurezza dell'impianto e sull'impatto per le imprese locali attive nell'itticoltura, che si troverebbero un rigassificatore attivo a poche centinaia di metri.

Una transizione troppo lenta

Anche su questo Cingolani si è espresso, provando a parare il colpo sulla possibili critiche: "In questo momento di fretta si compra o si affitta una nave per 3-400 milioni, che fa 5 miliardi di metri cubi all'anno di gas. Sappiamo che quando la transizione sarà andata avanti questa nave si può mandare via". Insomma, l'acquisto sarebbe solo temporaneo, pensato per tamponare l'emergenza. Nel frattempo che la transizione totale alle rinnovabili si realizza.

Ma quanto tempo ci vorrà realisticamente affinché questa transizione sia completata? Su questo Cingolani stima tempi decisamente troppo lunghi, anche rispetto alle necessità esposte dagli scienziati e dai governi che hanno stilato l'ultimo Rapporto Ipcc. "Stiamo accelerando sulle rinnovabili, ma è un piano che durerà almeno 7-8 anni", ha affermato il Ministro. Il problema è che in questi sette-otto anni continueremo a emettere CO2, ma anche a finanziare Paesi che – come la Russia – sono tutt'altro che modelli di rispetto dei diritti umani, come appunto Algeria e Qatar.

Insomma, bisogna invertire la rotta su gas, petrolio e carbone, ma anche su oleodotti, gasdotti e rigassificatori. È necessario renderli inutili, privilegiando l'investimento in impianti solari ed eolici. Risolvendo la nostra dipendenza dalle energie fossili, ma anche dalle loro infrastrutture.