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Nuove miniere di carbone bloccate in Australia e in Cile, adesso anche i governi vogliono proteggere l’ambiente

L’Australia è tra i primi esportatori al mondo di energia prodotta da fonti fossili, Il Cile è una delle nazioni più importanti nel settore delle industrie di raffineria di petrolio e fonderie di rame, ma adesso le zone naturali di sacrificio sono terminate e anche i governi rifiutano di danneggiare ulteriormente habitat ricchi di biodiversità. Ecco i due esempi virtuosi.
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Mattia Giangaspero 13 Febbraio 2023

Due continenti, due storie molto simili e due prime volte. Una simbiosi, un intreccio forte quello che si è venuto a creare tra l’Australia e il Cile che hanno deciso di ragionare con un solo obiettivo: tutelare la natura, la sua biodiversità, gli alberi e gli animali. A qualsiasi costo perché in Cile si è bloccata la costruzione per l’estrazione di una materia prima fondamentale per la transizione energetica e questa scelta non è mai stata presa in considerazione da nessuno prima. Mentre in Australia la ministra federale per l’Ambiente Tanya Plibersek, per la prima volta nella storia, ha deciso di bloccare la costruzione di una miniera di carbone che sarebbe sorta a soli 10 chilometri dalla Grande Barriera Corallina.

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Cile, la natura non si sacrifica

Quante volte si lanciano urla, grida di allarme sul dover puntare, il più velocemente possibile, alla transizione energetica, all'utilizzo di materie prime che riescano ad accelerare il processo di elettrificazione? Beh in Cile, per salvare la natura si blocca anche questo. Il messaggio che le istituzioni cilene hanno voluto lanciare invece è stato quello di dover imparare a consumare meno. In questo modo non si necessitano di nuovi prodotti, nuovi impianti o materie prime, anche se portatrici di transizione energetica. In questo caso, il governo del Cile ha bloccato il progetto presentato dalla società "Andes Iron"  che aveva intenzione di costruire la nuova miniera di Dominga. Una nuova miniera di rame e ferro. Dopo un consiglio dei ministri tenutosi a fine gennaio, l'amministrazione del Premier Boric ha respinto l'iniziativa, dichiarando che l'impatto ambientale sarebbe stato troppo ampio. Infatti si trattava di estrarre 12 milioni di tonnellate di ferro e 150 mila di rame ogni anno e annessa alla miniera, l'obiettivo era anche costruire un porto e un impianto di desalinizzazione. Così facendo si sarebbe agevolato anche il trasporto e l'esportazione delle stesse materie prime. La società Andes Iron non aveva messo in conto però della possibilità che la proposta venisse rifiutata, anche perchè, la stessa ditta, aveva presentato un'analisi sull'importanza che avrebbe avuto l'estrazione del rame, come materia prima, per la transizione energetica. Si stima che la richiesta di rame possa raddoppiare dalle 25 alle 50 milioni di tonnellate in tutto il mondo ed entro il 2035. Il problema, però, va ben oltre la sostenibilità energetica, perchè la miniera di Domingo avrebbe dovuto invadere la riserva naturale del Cile settentrionale, abitato dall'80% di pinguini di Humboldt. A seguito della scelta del governo cileno, hanno anche parlato il ministro dell'economia Nicolas Grau e la ministra dell'Ambiente Maisa Rojas 

"Prendendo in visione tutti i rapporti tecnici, siamo arrivati a una conclusione, presa all’unanimità votando contro al progetto. La protezione dell’ambiente non rappresenta un ostacolo allo sviluppo, bensì una condizione per lo sviluppo" – Nicolas Grau.

“Il tema che legava le due materie prime che si sarebbero dovute estrarre riguardava la vita marina e quella di altre specie. Lo stesso impianto di desalinizzazione, rischiava di amplificare i problemi legati alla qualità dell’aria e al rischio di contaminazione di due falde acquifere” – Maisa Rojas 

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Australia, la barriera corallina ringrazia

In Australia, non ci si può neanche appellare a una scusa di transizione energetica. La miniera che doveva sorgere a 10km dalla Barriera Corallina sarebbe stata di carbone e l'impatto ambientale rischiava di essere disastroso. L'imprenditore Clive Palmer dopo che aveva presentato la proposta al governo australiano è stato attaccato, comunicativamente, e le stesse istituzioni hanno ricevuto oltre i 9mila reclami in poco più di una settimana. Reclami sia da privati, sia fatti da associazioni che chiedevano lo stop al progetto. Il progetto di Palmer era quello di costruire una miniera di carbone ‘termico' a cielo aperto a 700 km da Brisbane, la Queensland, pensando al suo funzionamento per circa 20 anni.

Il blocco è arrivato da tutte le parti, sia dai governi statali, sia da quello federale che avuto come promotrice del no la ministra dell'ambiente Tanya Plibersek, la quale ha affermato che il progetto avrebbe rappresentato un rischio inaccettabile per un patrimonio mondiale come la Grande Barriera Corallina:

“Ho deciso di non approvare il Central Queensland Coal Project perché i rischi per la Grande Barriera Corallina, le riserve di acqua dolce e le acque sotterranee sono troppo grandi. I corsi di acqua dolce scorrono nella Grande Barriera Corallina e nelle praterie di alghe che nutrono i dugonghi e forniscono terreno fertile per i pesci”

Il blocco della nuova miniera di carbone può essere il segno di come l'Australia voglia cambiare marcia rispetto al tema del cambiamento climatico. Infatti, in questo momento, il Paese è tra i principali fornitori mondiali di combustibili fossili questo perchè i dati sulle emissioni globali (3,6%) equiparato con il dato sulla popolazione, in rapporto al resto del mondo (0,3%), evidenzia come la situazione resti allarmante.