Obesità, 1 persona al mondo su 8 ne soffre: come prevenirla? Il dottor Gabrielli: “Serve una cultura alla corretta alimentazione”

Tra il 1990 e il 2022, il tasso di persone colpite da obesità a livello globale è raddoppiato tra gli adulti e addirittura quadruplicando tra i più giovani. I dati contenuti in un nuovo studio dell’Oms, pubblicato oggi che è la Giornata Mondiale sull’Obesità, vogliono lanciare un allarme e allo stesso tempo chiamare governi e cittadini all’azione.
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Kevin Ben Alì Zinati 4 Marzo 2024
* ultima modifica il 04/03/2024
In collaborazione con il Dott. Simone Gabrielli Biologo nutrizionista

Un miliardo di persone. Un numero enorme, una fetta bella grossa della popolazione mondiale dentro cui non ci sono solamente adulti ma anche bambini e adolescenti.

Se ti sgarbuglio quel numero scoprirai purtroppo che non racconta nulla di buono. Il miliardo di persone di cui ti sto parlando, infatti, è il totale delle persone al mondo che oggi soffrono di obesità.

A conti fatti, significa che oggi un ottavo di tutti coloro che abitano questo Pianeta deve fare i conti con chili in eccesso: una persona ogni otto.

La fotografia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblicata su Lancet oggi, nella Giornata Mondiale sull’Obesità, vuole lanciare un allarme e, allo stesso tempo, sollecitare una reazione.

Oggi c’è la necessità – l’urgenza – di intervenire per contrastare il dilagare di queste malattie e disturbi legati all’alimentazione.

Tra il 1990 e il 2022, il tasso di persone obese a livello globale ha infatti messo il turbo, raddoppiando tra gli adulti ma addirittura quadruplicando nella fascia dei bambini e degli adolescenti.

L’obesità è una patologia che, insieme al sovrappeso – con cui non va confusa – rappresenta un “fattore di rischio per le principali malattie croniche come problemi cardiovascolari, diabete tipo 2 e ipercolesterolemia. Questo fa si che tale condizione sia una "delle principali cause di morte prevenibile a livello mondiale” ha spiegato il dottor Simone Gabrielli, biologo nutrizionista.

Per contrastarla e prevenirla, però, non basta cambiare la propria alimentazione. Secondo Gabrielli serve un approccio a 360°, che coinvolga lo stile e la abitudini di vita di ciascuno di noi. E l’alimentazione, in questo percorso, può rappresentare il primo passo.

I dati 

Un passo urgente, come ti dicevo, perché i numeri sono impietosi. Secondo lo studio, dal 1990 ad oggi (un oggi cristallizzato nell’anno 2022), il tasso di obesità è quasi triplicato tra gli uomini passando dal 4,8% al 14% mentre tra le donne è oltreché raddoppiato (da 8,8% a 18,5%).

Basandosi sull’analisi dell’indice di massa corporea eseguito su una coorte di partecipanti grandissima – sto parlando di uomini e donne dai 20 anni in su e ragazzi tra i 5 e i 19 anni per un totale di oltre 220milioni di persone in più di 190 paesi – gli autori dello studio hanno stimato quasi 880 milioni di adulti (504 milioni di donne e 374 milioni di uomini) e quasi 160 milioni di bambini e adolescenti (94 milioni di maschi e 65 milioni di femmine) colpiti da obesità.

Nello stesso periodo, i tassi degli individui sottopeso – specialmente bambini, adolescenti e adulti – sono invece diminuiti. Un dato positivo fino a un certo punto, perché ciò di fatto ha certificato l’obesità come la forma più comune di malnutrizione in molti paesi.

I ricercatori hanno anche rilevato l’impatto che particolari eventi storici e condizioni hanno avuto sulla diffusione e la portata dell’obesità.

Nella nota di lancio dello studio, hanno spiegato che l’impatto di questioni come il cambiamento climatico, i disagi causati dalla pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina rischia di peggiorare sia il tasso di obesità che quello di sottopeso, aumentando la povertà e il costo degli alimenti ricchi di sostanze nutritive. Le conseguenze di situazioni simili portano famiglie e paesi a spostarsi inevitabilmente verso cibi meno sani.

junk food

Una situazione ulteriormente aggravata dall’impossibilità di fare sport e attività fisica in generale. Questo, ovviamente, genera una reazione a catena per cui nascono disuguaglianze in grado di limitare l’efficacia delle politiche contro gli alimenti non sani.

“In alcuni paesi è difficile per alcune fasce di popolazione avere accesso a cibo sano e attività sportive. Non si hanno ancora dati sulle politiche di alcuni paesi di tassare il junk food o limitare la pubblicità di esso – ha spiegato il dottor Gabrielli – ma gli autori dello studio sottolineano molto bene che ciò potrebbe comunque non bastare vista la drammatica inaccessibilità a cibo salutare”.

Come intervenire

Per fermare la diffusione dell’obesità devono sicuramente intervenire i governi. Serve cioè che vengano approvati programmi capaci di promuovere concretamente l’alimentazione sana attraverso finanziamenti mirati, assistenza alimentare sotto forma di sussidi, pasti scolastici sani gratuiti e interventi nutrizionali basati sull’assistenza primaria. “In quei casi in cui regna l’impossibilità di trovare cibi salutari o fare attività sportive, serve necessariamente un'azione da parte della società”. 

In attesa che ciò che si verifichi, dall’altra parte, c’è tutto quello che possiamo fare noi. La creazione di una cultura alla corretta alimentazione, infatti, passa anche dalle scelte che compiamo ogni giorno nella nostra vita quotidiana. Viviamo in una comunità dentro la quale, a volte, esistono forme positive di contagio.

In questo senso, il dottor Gabrielli ha ribadito che “per invertire la tendenza descritta nello studio non serve fare diete drastiche per perdere peso ma serve una cultura alla sana alimentazione. Serve capire, insomma, quali cibi mangiare con maggiore frequenza e quali invece limitare a giorni di festa o quando usciamo a cena con gli amici”. Agendo attivamente per la propria salute, ciascuno di noi può contribuire anche alla tutela di quella degli altri. Serve, però, agire in fretta.

Un’urgenza che secondo il dottor Gabrielli, oltreché nei dati, si legge anche nelle parole dei ricercatori dell’Oms, i quali hanno ribadito come il nuovo trattamento farmacologico dell’obesità, sebbene promettente, probabilmente avrà un basso impatto a livello globale nel breve termine a causa dei costi elevati e dell’assenza di linee guida cliniche generalizzabili. “Un altro punto a favore del fatto che che serve una cultura alla corretta alimentazione”.

Tornando a quanto ti deciso all’inizio, prevenire l’obesità è appunto una questione di approccio, di attitudine alla vita, di abitudini.

Oltre al cibo, dunque, n elemento imprescindibile quindi è anche l’attenzione all’attività fisica, che deve ricoprire un ruolo importante nelle nostre giornate. “Siamo troppo sedentari, serve fare sport e non deve per forza essere qualcosa che facciamo controvoglia come andare a correre la mattina, ma basterebbe cercare qualche attività o sport che ci piace fare. Un po' come quando da bambini si faceva di tutto per uscire all'aperto a giocare con gli amici” ha concluso il nutrizionista.

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