Oggi è la giornata dell’orso polare: le 3 cose di cui avrebbe bisogno per non estinguersi

L’orso polare è classificato come “vulnerabile” per il surriscaldamento del clima e tutto ciò che esso comporta. Molte conseguenze sono ormai inevitabili ma altre potrebbero essere attenuate se le istituzioni decidessero per un drastico cambio di rotta.
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Evelyn Novello 27 Febbraio 2024

Se ti chiedessi il primo animale a rischio estinzione che ti viene in mente, forse fino qualche anno fa avresti risposto il panda, ma probabilmente, ora, l'orso polare. Non è una novità che l'animale simbolo dell'Artico, che tra l'altro nasconde tante curiosità che potresti non conoscere, sia sempre più in pericolo di vita a causa dei sempre più frequenti record di temperatura e del conseguente scioglimento dei ghiacciai, il suo habitat naturale. Vediamo, in occasione della Giornata mondiale dell'orso polare, cosa servirebbe affinché si fermi la scomparsa in massa di questa specie.

Neutralità climatica

Come ricorda il WWF, con la diminuzione della banchisa, gli orsi faticano a trovare cibo perché, pur essendo ottimi nuotatori, devono affrontare spostamenti sempre più lunghi e più frequenti in mare aperto e, negli ultimi 40 anni è apparsa sempre più evidente l'inesorabile scomparsa del ghiaccio marino del Mar Artico. Come riporta Climate Gov, tra il 1979 e il 2021, la copertura del ghiaccio marino alla fine dell’estate si è ridotta del 13% ogni decennio rispetto alla media del periodo 1981-2010. Si tratta di una perdita di 31.100 miglia quadrate all’anno. L’estensione minima è stata registrata nel drammatico 2012, quando il ghiaccio estivo era praticamente scomparso.

Ma non si tratta solo di scomparsa dei ghiacciai. Il ghiaccio che sopravvive tutto l’anno è più sottile e fragile di quanto lo fosse in passato. Il ghiaccio antico e più resistente, che riesce meglio a sopravvivere anche alle stagioni estive, costituiva un terzo della banchisa dell’Oceano Artico nel marzo 1985, mentre nel marzo 2020 rappresentava meno del 5%. Come dimostra uno studio pubblicato su Nature, se le emissioni continueranno ai ritmi attuali, la riproduzione e la sopravvivenza di molte sottopopolazioni di orsi polari saranno estinte entro il 2100, e anche se le riducessimo sarebbe improbabile che si arresti definitivamente la scomparsa di molte specie entro questo secolo.

Tutto perduto? No, perché comunque impediremmo la scomparsa totale della specie e il completo scioglimento dei ghiacci. Ma non si tratta solo di riduzione, serve al più presto la neutralità climatica (stato di equilibrio tra le emissioni di anidride carbonica di origine antropica e la loro rimozione dall'atmosfera) per stabilizzare le temperature, cosa che comunque non accadrà nell'immediato.

Stop all'inquinamento dell'Artico

Come riporta un articolo pubblicato su Due gradi, "meno ghiaccio significa nuove rotte marittime commerciali da oriente a occidente, molto più brevi, agevoli ed economiche rispetto al noto canale di Suez", fatto che rende più facile lo sfruttamento di importanti giacimenti di petrolio e gas naturale. Secondo una stima della United States Geological Survey (USGS), l’area del circolo polare Artico potrebbe ospitare all’incirca il 30% delle riserve di gas e il 13% delle riserve di petrolio non ancora sfruttate a livello globale e, per questo, gli ecosistemi artici sono sempre più spesso interessati dalle attività di estrazione di materie prime. Tutte queste attività, unite al traffico marittimo, sempre più insistente, sono cause di incessante inquinamento che mette a rischio la già fragile sopravvivenza degli animali autoctoni.

Riduzione della pesca

Già nel 2015 era stato approvato un piano per vietare la pesca commerciale in una zona dell’Artico vulnerabile per lo scioglimento dei ghiacci e per far sì che gli Stati artici proteggano le acque internazionali a partire da 370 km dalla costa. Dopo navi e trivelle, la pesca indiscriminata e il cambiamento delle specie di pesci che popolano quel mare per via dell'aumento della temperatura dell'acqua fanno sì che gli orsi siano a rischio di denutrizione.

Come spiega WWF, "per sopravvivere alla fase calda dell'anno, sulla terraferma, gli orsi hanno adottato varie strategie: alcuni di loro hanno scelto di entrare in una sorta di letargo estivo riducendo gli spostamenti e consumando così poca energia, altri hanno tentato di cercare foche nuotando, e altri ancora di predare uccelli o mammiferi, oppure carogne, alghe e bacche. Ma 19 orsi su 20 hanno continuato a registrare drammatiche perdite di peso, pari a circa un chilo al giorno, e solo uno è riuscito a ingrassare, perché aveva trovato la carcassa di una foca spiaggiata"

Un rischio è che, se l'orso non trova il suo cibo, potrebbe scendere fino a incontrare gli insediamenti umani. Da qui, la nascita degli stessi problemi che vediamo in Italia con lupi e orsi che si avventurano nei centri abitati alla ricerca di fonti di nutrimento.

Lo sconvolgimento del ciclo naturale dell'ecosistema mette in grave pericolo, non solo gli orsi polari, ma tante altre specie in altre parti del mondo. Cambiare rotta è l'unico modo che abbiamo per cercare di riconciliarci con la Terra e tutti i suoi abitanti.

Fonti |"Fasting season length sets temporal limits for global polar bear persistence" pubblicato su Nature Climate Change il 20/07/2020; "Greenhouse gas mitigation can reduce sea-ice loss and increase polar bear persistence" pubblicato su Nature il 15/12/2010; WWF; WWF;  Climate Gov; Due Gradi