
Produciamo troppe sostanze chimiche nocive per la salute degli ecosistemi, e soprattutto delle persone. È questo il nuovo allarme lanciato dal WWF, che dichiara amaramente che siamo diventati «homo chimicus».
Ogni anno, nel mondo, verrebbero rilasciati 220 miliardi di sostanze chimiche e oltre 100mila sostanze che sono commercializzate globalmente sono tossiche.
Sappiamo ormai che l’inquinamento provoca la morte prematura di moltissime persone: sarebbero oltre 9 milioni in tutto pianeta. Il 66% in più rispetto a vent’anni fa. In Europa, l’Italia detiene il record negativo: nel nostro paese si contano fino a 90mila morti premature ogni anno riconducibili allo smog.
Come ricorda il WWF, viviamo ovviamente circondati da sostanze chimiche – naturali e sintetiche – ma spesso non sappiamo quale può essere il loro impatto sul nostro benessere.
“Solo in Europa, nel 2020, sono state prodotte e utilizzate oltre 200 milioni di tonnellate di sostanze chimiche pericolose per la salute umana e oltre 50 milioni di tonnellate pericolose per l’ambiente”, scrive l’organizzazione animalista.
Tra le sostanze più nocive con cui entriamo a contatto, secondo l’Oms, compaiono il particolato atmosferico (come i noti PM10 e PM2,5), i metalli pesanti (come mercurio, piombo e arsenico), i pesticidi e gli inquinanti organici persistenti (POP) come i policlorobifenili (PCB) e le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), e i benzeni e le diossine.
“Possiamo bere, mangiare e respirare queste sostanze senza neanche accorgercene – continua il WWF – Per fare alcuni esempi ogni giorno nel nostro corpo entrano più di 100mila microplastiche dall’aria, dall’acqua e dal cibo, una quantità pari a diversi milligrammi al giorno”.
Mentre alcune sostanze vengono metabolizzate dall’ambiente, altre permangono e lo contaminano per lungo tempo. Molte particelle inquinanti, come appunto le microplastiche, sanno essere davvero pervasive: di recente sono state scoperte addirittura nelle urine umane, e arrivano a contaminare perfino le profondità oceaniche.
Uno studio dell’Università di Catania ha rivelato che queste minuscole particelle di plastica vengono ingerite dai pesci abissali, che le scambiano per cibo.