Passi avanti sul riconoscimento dell’ecocidio come reato, ed è stato anche grazie ai Global Climate Strikes

La campagna Stop Ecocide International porta avanti questa battaglia fin dal 2017, ma è stato in seguito agli ultimi rapporti dell’Ipcc e al risveglio della coscienza ambientale grazie ai nuovi movimenti di giovani che gli Stati hanno iniziato a parlarne seriamente. La richiesta è il riconoscimento del reato di ecocidio da parte della Corte Internazionale dell’Aja.
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Giulia Dallagiovanna 27 Settembre 2022

L'ecocidio è la distruzione di un ambiente naturale che viene perpetrata con consapevolezza. Possiamo parlare di ecocidio, ad esempio, in riferimento agli incendi che distruggono la Foresta Amazzonica o agli sversamenti di petrolio nell'area del Delta del Niger. È facile rendersi conto che si tratta di crimini, meno semplice ottenere che i colpevoli vengano puniti. Il problema è che la Corte Penale Internazionale non ha ancora risconosciuto questa fattispecie di reato. La campagna Stop Ecocide International, che riunisce anche avvocati ed esperti di diritto, lo chiede dal 2017 e la scorsa settimana ha aderito allo sciopero globale per il clima organizzato a New York in occasione della Climate Week e dell'evento Youth4Climate. È grazie a queste mobilitazioni che negli ultimi anni sono stati compiuti importanti passi avanti.

Il primo ecocidio della storia è convenzionalmente ritenuto essere l'uso del diserbante "Agente Arancio" da parte dell'esercito americano durante la guerra in Vietnam. Il suo potere distruttivo ha colpito circa il 44% delle foreste del Paese, con conseguenze particolarmente pesanti su quelle di mangrovie. Erano gli anni a cavallo tra il 1960 e il 1970 e la società iniziava a rendersi conto del costo ecologico che richiedeva la corsa al profitto: la coscienza ambientale si stava formando.

Oggi, grazie soprattutto agli allarmanti rapporti dell'Ipcc e ai nuovi movimenti ambientalisti – che sempre di più cercano di convergere verso un unico organismo -, questa coscienza ha ricevuto un nuovo slancio che ha fatto bene anche a battaglie considerate fin troppo estreme. Una di queste è appunto il riconoscimento del reato di ecocidio da parte del diritto internazionale, unico modo per perseguire penalmente aziende e governi che si rendono responsabili di gravi danni all'ambiente. Il nome più citato durante l'ultimo Global Strike era quello del presidente del Brasile, Jair Bolsonaro.

A luglio 2021, il Parlamento francese ha approvato la "Loi Climat et Résilience", considerata una legge già vecchia dai membri della Convenzione dei cittadini che si erano battuti per ottenerla, ma che se non altro introduce il termine ecocidio e prevede fino a 10 anni di reclusione e 4,5 milioni di euro di multa per chi lo commette intenzionalmente. Ci stanno lavorando anche altri Paesi come il Regno Unito, il Cile e il Messico, mentre l'Unione europea ha avviato le prime discussioni per riconoscerlo ufficialmente come reato, equiparabile a genocidio e ai crimini contro l'umanità.

Lo Stato più avanti di tutti sembra essere la Svezia, dove si parla di ecocidio fin dagli anni '70 e che ha sollecitato il gruppo di lavoro coordinato da Stop Ecocide affinché elaborasse una definizione giuridica che potesse essere utilizzata durante le discussioni in Parlamento e, in seguito, presa in considerazione dalla Corte Internazionale dell'Aja. Il risultato è arrivato a giugno 2021: ecocidio si riferisce ad "atti illeciti o deliberati commessi con la consapevolezza che ci sia una sostanziale probabilità che tali atti causino un danno grave e diffuso o a lungo termine all’ambiente".

Una prima pietra gettata, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Affinché la Corte Penale Internazionale possa accogliere la proposta, due terzi dei Paesi che ne hanno accettato la giurisdizione devono riconoscere l'ecocidio come reato. In totale, 82. Al momento, sono poco più di una ventina quelli che ne stanno parlando.

La definizione inoltre non è stata esente da critiche. Ci si interroga in particolare sull'utilizzo del termine "wanton", ovvero "deliberato, gratuito" che in qualche modo potrebbe suggerire un'attenuazione del reato quando questo viene commesso per ottenere benefici sociali ed economici per l'uomo. In altre parole, se giustifico la deforestazione con la necessità di ottenere nuovi terreni coltivabili e quindi dare lavoro alle comunità locali, potrei non risultare perseguibile.