Che cos’è l’ecocidio e perché è importante introdurre una legge che lo punisca

La Francia si prepara ad introdurlo come reato, facendo da apripista. L’ecocidio infatti non è ancora riconosciuto come fattispecie giuridica dal diritto internazionale; e così le grandi aziende che sfruttano in maniera distruttiva le risorse naturali, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, riescono a farla franca o a cavarsela solo con qualche multa.
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Federico Turrisi 7 Dicembre 2020

Lo sversamento (volontario o colposo) di scarti industriali che avvelenano il suolo e le acque. Il fracking, ovvero la tecnica di fratturazione idraulica utilizzata per estrarre petrolio e gas naturale dalle rocce di scisto. Il land grabbing, ossia l'accaparramento di terre per lo sviluppo di monocolture, principale motore della deforestazione nelle aree tropicali (vedi gli esempi dei campi coltivati a soia in Amazzonia e delle piantagioni di palma da olio in Indonesia). Potremmo rubricare tutti questi crimini contro l'ambiente sotto un'unica parola: ecocidio.

In realtà, nel diritto internazionale una fattispecie giuridica del genere non esiste. In Francia qualcosa sembra muoversi ed è atteso entro la fine dell'anno il voto del Parlamento su una proposta di legge per introdurre proprio il reato di ecocidio. Bisogna comprendere, però, che questa parola racchiude una serie di fenomeni e apre questioni giuridiche complesse, sulle quali non ci dilungheremo. Infatti, anche se il danno ambientale è sotto gli occhi di tutti, in molti casi non è possibile punire i colpevoli, proprio perché manca una definizione chiara e solida a livello normativo.

Significato

Analizziamo innanzitutto il termine ecocidio. Notiamo che è composto dal prefisso eco-, dal greco oikos "casa, famiglia", e dal suffiso -cidio, dal latino -cidium, che a sua volta viene dal verbo caedĕre "tagliare, uccidere". Ecocidio quindi significa letteralmente "fare a pezzi la casa". In questo caso l'ambiente, ovvero la nostra "casa comune", come l'ha definita papa Francesco nella sua enciclica Laudato si'. In sostanza, l’ecocidio è un crimine contro la Terra, contro la vita, e quindi contro tutti gli esseri umani. Sotto questa parola possono rientrare tutte quelle azioni causate dall'uomo che portano al danneggiamento, il più delle volte irreparabile, degli ecosistemi, con ripercussioni dirette sulle popolazioni locali (che invece si battono per preservare il loro patrimonio naturalistico).

Perché c'è bisogno di una legge sull'ecocidio?

Partiamo subito dal dire che ciascuno Stato ha le proprie norme che individuano reati e pene per chi inquina l'ambiente. Anche l'Italia ovviamente ce l'ha: è il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, meglio conosciuto anche come testo unico in materia ambientale. Ma perché non vengono fatte rispettare e anzi si continua impunemente a violentare il pianeta, in particolare in America Latina, in Asia e in Africa? Il punto è che manca una definizione univocamente accettata di ecocidio, tale da essere vincolante a livello internazionale. In altre parole, è come se mancasse lo strumento giuridico che possa difendere la Terra dal peggiore nemico in circolazione: la sete del profitto.

L'ecocidio non rientra nella giurisdizione della Corte penale internazionale, il tribunale istituito con lo Statuto di Roma nel 1998. La competenza di questo organo, che ha sede nella città olandese dell'Aia, è limitata infatti ai crimini di guerra e contro l'umanità. I crimini ambientali invece sono esclusi. Le multinazionali proseguono allora imperterrite nelle loro attività distruttive, calpestando i diritti delle popolazioni indigene e godendo troppo spesso della complicità delle istituzioni statali, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo (vedi alla voce corruzione).

Secondo l'ong Stop Ecocide è necessario invece che anche l'ecocidio venga considerato un crimine contro l'umanità, introducendo un emendamento allo Statuto di Roma. Inserire l'ecocidio tra le competenze della Corte penale internazionale lo renderebbe perseguibile e potrebbe rappresentare un potentissimo deterrente per gli amministratori delle grandi aziende che inquinano, dal momento che correrebbero il rischio di essere equiparati a dei criminali di guerra.

L'ecocidio come reato: la Francia ci prova

"Sradicare il banditismo ambientale". Non ha usato mezzi termini il ministro della giustizia francese Éric Dupont-Moretti, annunciando lo scorso 24 novembre davanti all'Assemblea nazionale le misure contenute nel nuovo disegno di legge per introdurre il reato di ecocidio. Una bozza della proposta di legge era già stata presentata pochi giorni prima dal guardasigilli francese, insieme alla ministra della transizione ecologica Barbara Pompili, in un'intervista rilasciata al settimanale Le Journal du Dimanche.

Nel dettaglio, si prevede l'istituzione di due tipi di reato. Il primo è un "reato generale di inquinamento" per danni gravi arrecati all’ambiente, che sarà sanzionato con pene dai tre ai dieci anni e con multe dai 375 mila ai 4,5 milioni di euro. Il secondo, sul quale sta ragionando il governo, è un "reato di messa in pericolo dell’ambiente per violazione deliberata di un obbligo", anche se non si è verificato alcun danno effettivo. La pena in questo caso sarebbe di un anno di reclusione e 100 mila euro di multa.

In realtà, è da mesi che in Francia si discute di ecocidio. La proposta di renderlo un reato era già stata avanzata dalla Convenzione cittadina sul clima, un’assemblea composta da 150 cittadini estratti a sorte, nata nell'ottobre 2019 su volere del presidente Emmanuel Macron con l'obiettivo di "definire le misure strutturali per raggiungere, in uno spirito di giustizia sociale, entro il 2030 la riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 40% rispetto al 1990". In un tweet l’attivista ambientale Cyril Dion sostiene che la proposta del governo è "infinitamente meno ambiziosa di quella presentata dalla Convenzione dei cittadini e non corrisponde alle definizioni internazionali di ecocidio". Perplesso sulla reale efficacia delle nuove misure è anche il sociologo Grégory Salle che, in un editoriale sul quotidiano Le Monde, ribadisce: "è il sistema economico stesso a basarsi sulla distruzione dell'ambiente". Insomma, il timore in Francia è che si stia sbandierando la parola ecocidio a sproposito.