Un alleato per arginare le fuoriuscite di petrolio che devastano gli ecosistemi? I capelli. Sì hai capito bene. Certo, ci vogliono soprattutto pompe e altre strumentazioni sofisticate per assorbire gli idrocarburi dispersi nell'ambiente, ma un chilogrammo di capelli può catturarne fino a 8 chilogrammi. Prendiamo il caso del recente disastro avvenuto a largo delle isole Mauritius, nell'Oceano Indiano, dove la petroliera giapponese MV Wakashio si è incagliata in una barriera corallina, spezzandosi in due e rilasciando più di mille tonnellate di carburante in mare.
Qui le autorità sono state impegnate per diversi giorni a pompare con l’intervento di elicotteri e altri mezzi di soccorso il carburante rimasto all'interno della nave. Il liquido sversato è stato poi circondato da barriere galleggianti. Per rendere queste ultime più "performanti", se così si può dire, gli abitanti delle isole Mauritius hanno fatto praticamente a gara per donare i loro capelli. E un aiuto è arrivato anche da paesi stranieri come l'Australia, dove i parrucchieri hanno raccolto oltre 10 tonnellate di capelli e, attraverso l'organizzazione no profit Sustainable Salons, le hanno spedite al piccolo stato tropicale.
Ma qual è la spiegazione scientifica di questo fenomeno? Il "segreto" sta nella cheratina. Si tratta di una proteina, formata a sua volta da vari amminoacidi. Tra questi troviamo la cistina e la metionina, che contengono anche zolfo (ed è per questo motivo che se avvicini troppo l'asciugacapelli alla testa, cominci a sentire uno sgradevole odore di bruciato). Grazie alla presenza di cheratina i capelli hanno una carica negativa e dunque attirano gli elementi positivi, come appunto gli idrocarburi, senza però assorbire l'acqua. Chi lo avrebbe mai detto che i capelli potessero rivelarsi un'utile risorsa di fronte a un disastro ambientale di simili proporzioni?