Quali opportunità potrebbe dare il riciclo chimico della plastica?

Il riciclo chimico potrebbe colmare le lacune ancora presenti nel processo di riciclo di tipo meccanico. Occorre però sviluppare soluzioni innovative, economicamente fattibili, in grado di ridurre il più possibile l’impatto ambientale. Intanto possiamo, a monte, ridurre il volume dei nostri rifiuti di plastica.
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Federico Turrisi 27 Luglio 2020

Plastica, croce e delizia del genere umano. Già, perché se da un lato questo materiale è diventato quasi un simbolo dello straordinario progresso tecnologico del secolo scorso, dall'altro oggi l'inquinamento marino da rifiuti plastici ha assunto proporzioni così preoccupanti che l'Ellen MacArthur Foundation arriva a dire che nel 2050 potremmo avere nei mari più plastica che pesce.

La Commissione Europea ha fissato degli obiettivi ambiziosi per quanto riguarda il riciclo della plastica: entro il 2030 il tasso di riciclo degli imballaggi di plastica dovrà essere almeno del 55% e tutti gli imballaggi realizzati con questo materiale dovranno essere riutilizzabili o riciclabili in maniera efficace sotto il profilo dei costi. Per raggiungere gli obiettivi il riciclo meccanico (che è pressoché l'unica modalità in uso in Europa) potrebbe però non essere sufficiente, e per questo motivo il settore sta sempre più puntando, per quanto riguarda il fronte della ricerca e sviluppo, sul riciclo chimico. Ma procediamo per ordine: qual è la differenza tra i due procedimenti?

Che cos'è il riciclo meccanico?

Per riciclo meccanico di imballaggi in plastica si intende la trasformazione dei rifiuti plastici in materie prime o prodotti secondari senza una modifica sostanziale della struttura chimica del materiale. La plastica viene selezionata, triturata e lavata con delle particolari attrezzature. Dopo di che si procede alla macinazione e all'essicazione, per giungere infine alla riduzione in granuli. In linea di principio, tutti i tipi di prodotti termoplastici possono essere riciclati meccanicamente con danni davvero minimi, se non prossimi allo zero, per quanto riguarda la qualità del materiale.

Che cos'è il riciclo chimico?

La plastica è costituita da una serie di polimeri. Con il riciclo chimico, un processo che richiede tecnologie molto avanzate, viene modificata la struttura chimica di un imballaggio, convertendola in molecole più piccole riutilizzabili per la creazione di nuovi legami e dunque di nuove reazioni chimiche.

Si tratta di una materia molto complessa. Tra i processi più conosciuti ci sono la gassificazione e la pirolisi che decompongono il rifiuto plastico per produrre gas di sintesi (syngas), oltre ad altri prodotti liquidi e semi-liquidi. Un altro esempio è rappresentato dalla depolimerizzazione del Pet – il polietilene tereftalato, ossia il materiale plastico con cui sono realizzate le bottiglie, per intenderci – attraverso idrolisi. Altre tecnologie sono ancora in fase di sviluppo, e comunque non ancora disponibili su scala industriale.

Potenzialità del riciclo chimico

In un recente rapporto l'organizzazione non governativa Zero Waste Europe ha messo in evidenza come la plastica non possa essere riciclata all'infinito meccanicamente senza ridurne le proprietà e la qualità (come nel caso dei metalli), e che non tutti i tipi di plastica possano essere riciclati meccanicamente. Stiamo parlando dei rifiuti plastici eterogenei, multimateriale, contenenti additivi o troppo contaminati da alimenti, terra e altre sostanze.

Il riciclo chimico potrebbe affiancarsi a quello meccanico per recuperare la plastica troppo contaminata o complessa.

Il riciclo chimico andrebbe inteso come una tecnica complementare a quello meccanico; per essere ancora più precisi, può dare un valido contributo nell'evitare che alcuni flussi di rifiuti in plastica, difficili da trattare per via meccanica, finiscano in discarica o nell'inceneritore. Qualunque sia il processo di depolimerizzazione, con il riciclo chimico si potrebbero ottenere materie prime rigenerate praticamente da qualsiasi ammasso di rifiuto plastico, e soprattutto senza alcuna degradazione delle caratteristiche fisico-meccaniche del prodotto finale.

Certo, c'è in gioco la questione dei costi: il processo dev'essere conveniente quanto il riciclo meccanico. La sfida principale è soprattutto tecnologica. Bisogna dunque trovare le metodologie di scomposizione e di ricostruzione del materiale più adeguate. Il tutto, possibilmente, in un'ottica di riduzione degli sprechi, efficienza energetica e contenuta impronta di carbonio: sarebbe un paradosso se, per cercare di risolvere il problema della plastica in mare, emettessi tonnellate di Co2.

Nel frattempo, mentre prosegue la ricerca tecnico-scientifica, ognuno di noi può contribuire con piccoli gesti quotidiani alla lotta contro l'inquinamento da plastica. Come? Semplice, basta ridurre la quantità di rifiuti di plastica, evitando il più possibile articoli usa e getta e imballaggi superflui.