Quando l’alimentazione controlla la mente: il legame tra zuccheri, ansia e depressione

Anche tu temi i picchi glicemici perché ti hanno detto che possono far venire il diabete? O magari hai sentito dire che fanno ingrassare? Sappi che troppi zuccheri nel sangue potrebbero compromettere anche il tuo benessere psicologico. Come evitare ansia e depressione? Parliamone!
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Dott.ssa Silvia Soligon Biologa nutrizionista
25 Ottobre 2024 * ultima modifica il 25/10/2024

C'è una parola del vocabolario inglese che mi piace tantissimo: è “hangry”, un aggettivo che riunisce in un unico termine “angry” (arrabbiato) e “hungry” (affamato) e che significa proprio “arrabbiato per la fame”. Perché mi piace? Perché descrive uno stato d'animo che provo regolarmente quando ho fame e non riesco a soddisfarla. E perché il fatto che in italiano non esista un termine che, da solo, esprima questo stato d'animo che vivo sulla mia pelle mi lascia – come dire? – senza parole. Eppure, il legame tra alimentazione e mente è ben noto: da un lato, usiamo espressioni come “avere le farfalle nello stomaco” per riferirci a quella sensazione che prende proprio lo stomaco quando ci sentiamo innamorati; dall'altra, in molti abbiamo sperimentato almeno in un'occasione quanto il cibo possa avere un potere consolatorio. Ma sai che il cibo può portare anche a stati d'umore tutt'altro che positivi e desiderabili? Pensa che proprio gli zuccheri, nutrienti abbondanti in alimenti dal rinomato effetto consolatorio, sono stati associati all'ansia e, addirittura, alla depressione. Dovresti per questo metterli al bando dalla tua alimentazione? Magari sostituirli con nutrienti più salutari? Cerchiamo di capirlo insieme.

Glicemia, ansia e depressione: qual è il legame

In generale, un'alimentazione troppo ricca di zuccheri semplici non è considerata salutare. Proprio per questo la Società Italiana di Nutrizione Umana (Sinu) ne indica un apporto massimo giornaliero pari al 15% delle energie assunte con gli alimenti, sottolineando, peraltro, come in questo 15% debbano essere fatti rientrare non solo gli zuccheri dei dolci e quello che si aggiunge a bevande come il caffè, ma anche quelli comunemente considerati “buoni” perché nascosti all'interno della frutta e della verdura.

Di solito l'attenzione si concentra sui rischi per la salute fisica – in particolare sull'associazione tra eccesso di zuccheri e aumento dell'incidenza di malattie non trasmissibili come il diabete, le patologie cardiovascolari e i tumori; come accennato, però, avere troppi zuccheri nel sangue sembrerebbe compromettere anche il benessere psicologico. Per esempio, il consumo di bevande zuccherate e di dolci è stato associato all'aumento del rischio di depressione, ma non solo: anche i cosiddetti “carboidrati raffinati” (per intenderci: quelli apportati da prodotti a base di cereali molto lavorati, come la farina 00) sono stati associati a questa patologia psichiatrica. A entrare in gioco è il loro indice glicemico, un parametro che descrive l'effetto del loro consumo sulla glicemia, ossia sui livelli di zuccheri nel sangue. Tanto maggiore è l'indice glicemico di un alimento, tanto più rapidamente salirà la glicemia dopo il suo consumo e questo farà aumentare molto i livelli dell'ormone che controlla l'ingresso del glucosio nelle cellule (l'insulina), con tutta una serie di conseguenze tra cui è inclusa una rapida diminuzione della glicemia.

Concentriamoci, in particolare, su quello che può accadere nel cervello: la glicemia può scendere talmente tanto da mandarlo in crisi e portare l'organismo a correre ai ripari producendo altri ormoni, come il cortisolo (ti dice qualcosa? È l'ormone dello stress per eccellenza!) e l'adrenalina. A sentir nominare quest'ultima potresti pensare a una sferzata di energia, ma la realtà è ben diversa: questa ondata di ormoni può causare ansia, irritabilità, sensazioni di affaticamento e cambi d'umore. Mettendo in correlazione glicemia e disturbi psicologici è stato addirittura osservato un aumento dell'incidenza della depressione superiore del 46% nelle persone che tendono ad avere la glicemia più alta.

Voglia di zuccheri: un'arma a doppio taglio

Tutto ciò può sembrare ancora più strano pensando che spesso i cibi ricchi di zuccheri (o carboidrati) sono utilizzati come fonte di consolazione. Possibile che quel bel tortino dal cuore fondente sia, invece, un'arma a doppio taglio così affilata? Anche se è sempre bene ricordare che rilevare un'associazione non significa provare un nesso di causalità, i fenomeni ormonali sopra descritti potrebbero spiegare benissimo come i famigerati picchi glicemici potrebbero portare all'ansia e alla depressione. E anche qualora fosse la depressione a far aumentare il consumo di zuccheri (e quindi la glicemia) per quel fenomeno per cui si cerca consolazione nel cibo, quegli stessi meccanismi ci raccontano come questa consolazione non possa che essere momentanea o addirittura controproducente. Cosa dovresti fare, allora?

Da un lato, avrai sentito parlare dell'importanza di controllare l'indice glicemico di quello che mangi. A onor del vero, sarebbe meglio ragionare in termini di carico glicemico dei tuoi pasti – quindi non tanto di quanto un singolo alimento può far aumentare la tua glicemia dopo averlo mangiato, ma di quanto può variare la tua glicemia dopo un pasto contenente quell'alimento e gli altri alimenti con cui lo mangi, nelle loro rispettive quantità. Da questo punto di vista, c'è tutta una serie di strategie che possono aiutarti a limitare l'impatto dei tuoi pasti sulla tua glicemia, come:

  • preferire fonti di carboidrati integrali;
  • non farti mai mancare verdure ad ogni pasto;
  • abbinare fonti di carboidrati, di proteine e di grassi.

Potresti poi aver sentito dire che sarebbe il caso di preferire, anche quando si tratta di consolarsi o di tappare un buco nello stomaco, alimenti che non siano ricchi di (o che non apportino solo) zuccheri o carboidrati “raffinati”. Meglio, quindi, la famosa verdura da sgranocchiare prima di cena al posto di quei tarallini che “uno tira l'altro”? Guardando al cibo dal punto di vista esclusivamente nutrizionale, la risposta potrebbe essere “sì”. Ma sei sicuro che mangiare per consolarti sia un'abitudine funzionale al tuo benessere? Riflettici: la vera soluzione potrebbe essere eliminare quest'abitudine. Fortunatamente, ci sono nutrizionisti in grado di aiutare anche in questo senso, con un approccio che va oltre la prescrizione di una dieta. Perché se è vero che alimentazione e mente sono connesse da una strada a doppio senso, allora non si può circoscrivere il rimedio alla sola prescrizione di ingredienti da mettere in bocca ignorando, invece, il modo in cui nascono e si consolidano le abitudini.

Laureata in Scienze Biologiche con un dottorato in Scienze Genetiche e Biomolecolari, ha lavorato nel campo della ricerca fino al 2009 altro…
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