Siccità, Coldiretti chiede al governo lo stato d’emergenza. La mancanza d’acqua mette in crisi agricoltura e allevamento

La siccità in corso ormai da mesi sta avendo durissime conseguenze sull’agricoltura. Coldiretti ha richiesto al governo lo stato d’emergenza per i territori più interessati dalla mancanza d’acqua. Di tutto questo abbiamo parlato con Lorenzo Bazzana, responsabile economico dell’associazione dei coltivatori.
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Michele Mastandrea 20 Giugno 2022

La fase di siccità che va avanti da mesi, insieme alle alte temperature di queste settimane, sta mettendo a dura prova la tenuta dell'agricoltura italiana. Interi settori produttivi, dalla Toscana alla Sicilia, rischiano di pagare un duro prezzo in termini di rese, come spiega una mappa realizzata da Coldiretti.

Le prime indicazioni dai raccolti di orzo e frumento non fanno ben sperare, e all'orizzonte ci sono possibili conseguenze sui prezzi per i consumatori. Anche per quanto riguarda l‘allevamento ci sono problematiche, con le mucche che a causa delle alte temperature producono in media il 10% di latte in meno.

L'allarme sulla situazione lo ha lanciato con forza la stessa Coldiretti, che in una lettera inviata al Presidente del Consiglio Mario Draghi da parte del suo presidente Ettore Prandini ha chiesto di dichiarare lo stato d'emergenza nei territori più colpiti da questa situazione.

Coldiretti chiede inoltre di applicare prima possibile il proprio piano, realizzato con Anbi, l'Associazione Nazionale Bonifiche Irrigazioni Miglioramenti Fondiari. Il piano mira alla realizzazione di un sistema di invasi in grado di raccogliere l'acqua piovana, da poter poi utilizzare in seguito a seconda delle necessità. L'Italia al momento raccoglie solo l'11% delle precipitazioni, e il piano Coldiretti-Anbi punta ad alzare questa percentuale al 50% nel lungo periodo.

Abbiamo intervistato Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti per farci spiegare la situazione.

Dott.Bazzana, la situazione della siccità è molto grave. Avete addirittura richiesto al governo di dichiarare lo stato d'emergenza.

Noi abbiamo chiesto di decidere per lo stato d'emergenza perché riteniamo necessaria l'istituzione di una cabina di regia. Serve al fine di coordinare la gestione dell'acqua nei vari bacini, e quindi delle attività che necessitano della risorsa idrica. Si tratta di capire come riuscire ad affrontare questa situazione, molto difficile, in uno scenario puntiforme a livello territoriale. In alcuni casi si sta addirittura valutando quali campi potranno essere irrigati e quali no…ci sono terreni che vista l'attuale carenza idrica non riusciranno a portare a maturazione le colture. Si tratta di fare per necessità delle scelte, perché la risorsa è limitata. Dove si può portare acqua dagli invasi in montagna si sta facendo, ma ci sono territori dove non è possibile e dunque si dovrà rinunciare alla coltivazione di alcuni terreni.

Il rischio è anche di notare aumenti dei prezzi a breve?

Se ci sarà aumento dei prezzi è da vedere, di sicuro ci saranno raccolti più scarsi. Quelli di orzo e frumento, appena iniziati, ci dicono che c'è una resa decisamente minore: si va dal 15% al 30% in meno, in alcuni casi anche fino al 50%. Il problema è ovviamente la siccità, a causa della quale le piante hanno prodotto meno, hanno accumulato meno nelle spighe di quanto ci si aspettava. Ma se sarà solo questo ad avere impatto sui prezzi è da capire, perché già ora erano elevati, a causa della guerra, del blocco dei prodotti in Ucraina, delle strategie di accaparramento della Cina, ma anche dalle speculazioni sui mercati internazionali.

L'acqua non serve poi solo all'agricoltura. Vi spaventa il conflitto con altri settori economici?

L'uso dell'acqua è sempre stato un problema. Intorno al suo utilizzo ruotano settori come l'agricoltura, il turismo, la produzione di idroelettrico, e c'è anche ovviamente il tema dell'uso civico, quello di tutti noi nella vita di tutti i giorni. Se va avanti così, probabilmente non saranno solo i 125 comuni di cui si parla a dover affrontare razionamenti. Anche per questo promuoviamo il nostro progetto sugli invasi, è un progetto per la collettività, non riguarda solo l'agricoltura. Ovviamente ci sono interventi che possono essere realizzati in tempi brevi, messi in atto per alleviare la situazione attuale, ma la maggioranza delle azioni va pensata in un'ottica di medio-lungo periodo. Non è che se scaviamo ora i laghetti poi li riempiamo subito. Serve prima che ci sia l'acqua, che ci siano le precipitazioni, e poi serve bloccare la risorsa prima che raggiunga il mare.

Ma rischiamo effetti pesanti su coltivazioni decisive, come quelle del pomodoro o dell'uva?

La richiesta di stato di calamità serve proprio per agire in tempi rapidi. Serve coordinare l'uso dell'acqua per evitare l'estremizzazione del problema di cui abbiamo parlato prima, ovvero la riduzione dei raccolti. Per il resto, al momento a rischio ci sono tutte le coltivazioni, alcune delle quali sono molto specializzate. Sul pomodoro c'erano già avvisaglie di situazioni pesanti, ma bisogna dire che in contesti come la Puglia chi sta coltivando sa già in anticipo la disponibilità d'acqua negli invasi prima di decidere quanto trapiantare. Detto questo, l'accelerata delle temperature ha aumentato di molto il fabbisogno di acqua, forse quindi ci saranno problemi anche sui conti fatti prima. Di sicuro ci sarà un raccolto generale più basso. Già sul riso si è vista questa diminuzione, a causa della mancanza di acqua disponibile.