L’Italia è in secca: “La situazione è di forte criticità, più concreto il rischio razionamento”, avverte ANBI

Le aree più in sofferenza sono la Pianura padana e il centro Italia. Il Lazio in particolare vede profilarsi l’incubo razionamento. Se la situazione non cambia, potrebbero esserci ripercussioni anche sull’acqua potabile.
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Giulia Dallagiovanna 5 Giugno 2022
Intervista a Francesco Vincenzi Presidente di ANBI (Associazione nazionale consorzi e tutela del territorio e acque irrigue)

In Lombardia si va verso una crisi idrica regionale, nel Lazio si profila l'incubo del razionamento dell'acqua potabile, a Pontelagoscuro, il punto del Po più vicino al mare, il livello dell'acqua è pari a quello che si registrava alla fine di agosto durante le annate più siccitose. I dati dell'Osservatorio ANBI sulle Risorse idriche dipingono un'Italia in secca da nord a sud e soprattutto nell'area centrale, dove la situazione è precipitata rapidamente. Una siccità grave che si inserisce all'interno di un contesto più ampio: la crisi climatica in cui siamo immersi e la crisi alimentare aggravata dalla guerra in Ucraina. In tutto questo, siamo ormai in estate una stagione in cui tradizionalmente le precipitazioni diventano meno frequenti e le elevate temperature favoriscono l'evaporazione dell'acqua.

"Si parla di emergenza, ma è un'emergenza consolidata – fa notare Francesco Vincenzi, presidente di ANBI. – Durante gli ultimi 10 anni, abbiamo conosciuto i 5 anni più secchi degli ultimi 50 anni".

Fiume Brenta, Veneto. Credits photo: Ufficio stampa ANBI

Ci sono dighe ormai svuotate, come quelle del Molato e del Mignano, nel piacentino, che fanno registrare la peggior performance degli ultimi 5 anni, o gli invasi di Basilicata e Puglia che subiscono una vistosa decrescita (rispettivamente di 7 milioni e 8 milioni di metri cubi di acqua) a causa anche delle alte temperature. Laghi senza più riserve idriche, come il Lago Maggiore, ai minimi storici. E grandi fiumi, come l'Adda o il Piave, dalla portata fortemente ridotta e non in grado di rifornire i principali bacini.

Le piogge cadute negli ultimi giorni sono risultate troppo scarse per permettere un'inversione di tendenza. "Purtroppo in questo momento la situazione è di forte criticità – prosegue Vincenzi – ed è chiaro che se continua così potrebbe avere ripercussioni anche sull'uso di acqua potabile". Se nelle prossime ore non dovesse piovere, alcune aree come la Pianura padana, le Marche e il Centro Italia dovranno passare a un regime di razionalizzazione dell'acqua. "Possiamo immaginare cosa potrebbe voler dire per noi cittadini, per i turisti che arrivano e soprattutto per l'agricoltura che entra nella sua fase più importante per ottenere produzioni di qualità e quantità accettabili".

In agricoltura si sta irrigando a turni e si privilegiano alcune colture al posto di altre

In ambito agricolo una razionalizzazione delle risorse viene già applicata, per il semplice fatto che le risorse in questione non sono disponibili. Si deve quindi irrigare a turni o privilegiare alcune colture rispetto ad altre. Ma la carenza d'acqua apre anche a tutta una serie di altri problemi. Il delta del Po così scarno, ad esempio, favorisce il formarsi del cosiddetto cuneo salino, ovvero la risalita dell'acqua del mare. L'ecosistema ne risulta alterato e il suolo viene sottoposto a fenomeni di salinizzazione e desertificazione, un problema che la nostra Penisola sta subendo già da diversi anni. "Diverse aree del Paese e non solo al sud sono sottoposte a desertificazione e ogni annata siccitosa rende il processo più veloce. Un problema per l'agricoltura, ma anche per l'ambiente e che va nella direzione opposta rispetto a progetti di rimboschimento e tutela della biodiversità".

Un decreto dell'8 aprile, che a sua volta recepiva una decisione della Commissione Europea, ha introdotto una deroga nei regolamenti della Pac, la Politica agricola comune. Sono state di fatto sbloccate le coltivazioni su alcuni ettari di terreno che avrebbe dovuto essere lasciato a riposo. Lo scopo è quello di incrementare la produzione agricola per far fronte alle conseguenze dalla guerra in Ucraina. Ma anche se aumentiamo la porzione di suolo coltivabile, continua a mancare l'acqua: "Un ettaro irrigato ha una PLV (produzione lorda vendibile) che è fino a 10/14 volte maggiore rispetto a quella di un ettaro non irrigato".

Le soluzioni devono essere strutturali, di fronte a una situazione che andrà sempre più cronicizzandosi. ANBI, di concerto con Coldiretti, proprone la creazione di una rete di invasi di piccole e medie dimensioni. Questi laghetti artificiali raccoglierebbero meglio l'acqua rilasciata durante le precipitazioni, soprattutto quelle più violente. "Oggi noi tratteniamo solo l'11% della pioggia. È necessario incrementare questa quota, anche per uso umano. Non è pensabile che nel 2022 vi siano ancora comuni serviti da autobotti. Inoltre, questi bacini contribuirebbero all'autosufficienza energetica perché permetterebbero di produrre energia da fonti idroelettriche", conclude Vincenzi.

I bacini verrebbero costruiti con rocce e tipologie di terreno già presenti sul territorio, rendendoli dunque sostenibili e compatibili con l'ambiente che li circonda. I progetti sono pronti e secondo Vicenzi se ne potrebbero realizzare diversi entro i prossimi 5 anni. Anche se non sono naturalmente l'unica soluzione. Dovranno essere accompagnati da un utilizzo più efficiente delle risorse idriche, da una riduzione degli sprechi e da interventi ianificati che guardino a questa situazione non come a una eterna emergenza, ma come alle conseguenze di una crisi climatica che deve essere affrontata.

Credits photo: in copertina il fiume Po. Foto di Ufficio stampa ANBI