
In Italia ci sono circa 18 milioni di persone a rischio povertà ed esclusione sociale. Parallelamente, lo spreco alimentare nel Paese ha un valore di circa 13 miliardi di euro. Sto parlando di tonnellate di cibo che potrebbero aiutare tantissime persone ad avere un pasto assicurato a fine giornata e moltissimi esercenti a non buttare via gli alimenti in esubero. Fino a due anni fa, le difficoltose procedure burocratiche impedivano di poter donare con facilità il cibo in eccedenza a Onlus e associazioni che si occupano delle fasce di popolazione più fragili.
Ma grazie all’onorevole Maria Chiara Gadda, dal 14 settembre 2016 è entrata in vigore la Legge del 19 agosto 2016 n.166, per la limitazione degli sprechi, conosciuta anche come Legge Gadda. Una normativa che ha rivoluzionato il sistema di recupero di cibo e farmaci a fini di solidarietà, consentendo a commercianti e catene di distribuzione di conservare alimenti in buono stato che altrimenti andrebbero buttati via, donandoli invece a organizzazioni che garantiscono un pasto alle persone povere. Obiettivo della Legge Gadda non è altro che questo: ridurre gli sprechi trasformandoli in opportunità per aiutare le persone bisognose, limitare l’impatto ambientale dovuto a procedure di smaltimento rifiuti, agire sulla filiera agro-alimentare del Paese per impedire di gettare prodotti ancora buoni, favorire la ricerca di nuove soluzioni in merito a questi temi. Un vero e proprio esempio di economia circolare in cui, non c’è nessun dubbio, vincono tutti. Aziende, individui, ambiente.
La legge Gadda prende in considerazione lo spreco alimentare (e di farmaci) dalla A alla Z, a cominciare dall’utilizzo delle definizioni corrette. Infatti nell’art. 2 del testo pubblicato in Gazzetta ufficiale, vengono spiegati nello specifico i termini chiave della normativa, come “eccedenze alimentari” e “spreco alimentare”.
Nello specifico, vengono definite eccedenze alimentari:
“I prodotti alimentari, agricoli e agro-alimentari che, fermo restando il mantenimento dei requisiti di igiene e sicurezza del prodotto, sono invenduti o non somministrati per carenza di domanda; ritirati dalla vendita in quanto non conformi ai requisiti aziendali di vendita; rimanenze di attività promozionali; prossimi al raggiungimento della data di scadenza; rimanenze di prove di immissione in commercio di nuovi prodotti; invenduti a causa di danni provocati da eventi meteorologici; invenduti a causa di errori nella programmazione della produzione; non idonei alla commercializzazione per alterazioni dell'imballaggio secondario che non inficiano le idonee condizioni di conservazione;”
Per spreco alimentare, invece, si intende:
"L'insieme dei prodotti alimentari scartati dalla catena agroalimentare per ragioni commerciali o estetiche ovvero per prossimità della data di scadenza, ancora commestibili e potenzialmente destinabili al consumo umano o animale e che, in assenza di un possibile uso alternativo, sono destinati a essere smaltiti;”
La normativa italiana non agisce tramite sanzione, bensì punta favorire comportamenti virtuosi attraverso incentivi, sgravi fiscali e campagne di sensibilizzazione. Punto fondamentale è sicuramente la semplificazione burocratica, dal momento che fino all’entrata in vigore della legge le procedure difficoltose rappresentavano una sorta di “tappo” per tutte le potenziali donazioni. Ma vediamo insieme nello specifico cosa prevede la legge.
Nell’ambito della legge di Bilancio 2018, i contenuti della legge si sono ampliati, rendendo possibile donare anche prodotti di igiene per la casa e articoli di cartoleria e cancelleria.
Insomma, la lotta allo spreco non fa che coinvolgere sempre più ambiti nel proprio circolo virtuoso.
Nel primo anno in cui la legge Gadda è stata in vigore, da settembre 2016 a settembre 2017, il numero di donazioni di cibo fatte da esercenti grandi catene a Onlus e associazioni è aumentato del 21% sulla media nazionale. Una percentuale inevitabilmente destinata a salire, anche per quanto riguarda il Sud Italia, dove queste procedure sembrano faticare un po’ di più.