Tari, lo sai quanto ti costa in più a causa dei “viaggi dei rifiuti” tra le regioni italiane?

Nel Mezzogiorno c’è una grave carenza di impianti per il trattamento dei rifiuti, che prendono così la via del Nord. Un recente rapporto di Utilitalia ha calcolato l’impatto economico e ambientale di questi spostamenti: 75 milioni di euro aggiuntivi sulla tassa sui rifiuti pagata dai cittadini e 14 mila tonnellate di CO2 equivalente emesse in più ogni anno.
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Federico Turrisi 4 Novembre 2020

Chi di noi non vorrebbe ricevere una tassa sui rifiuti meno salata? È un desiderio più che legittimo. Non tutti sanno che a far lievitare la Tari è la carenza di impianti per il trattamento e il riciclo dei rifiuti urbani sul territorio: più sono lontani, più l'importo da pagare aumenta. Il problema riguarda soprattutto il Sud Italia dove non c'è un numero adeguato di impianti. E dunque la spazzatura deve essere portata altrove per essere poi gestita.

Stando a quanto emerge da un recente rapporto di Utilitalia (la federazione nazionale che riunisce le aziende operanti nei servizi dell'acqua, dell'ambiente, dell'energia elettrica e del gas), solo nel 2018 dal Mezzogiorno sono partiti 25 mila tir verso gli stabilimenti del Centro-Nord e altri 10 mila si sono mossi tra le regioni del Sud, per un totale di circa 22 milioni di chilometri percorsi. Tutto questo ha un prezzo, sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista dell'impatto sull'ambiente: stiamo parlando infatti dell’emissione di 14mila tonnellate di CO2 equivalente in più e di 75 milioni di euro aggiuntivi, che vanno a pesare sulle spalle dei cittadini che pagano la Tari.

Il Sud è ancora troppo indietro rispetto agli obiettivi fissati dall'Unione Europea al 2035, che impongono di raggiungere il 65% di avvio a riciclo e di contenere lo smaltimento in discarica al di sotto del 10%. Al momento, l’effettivo riciclo si attesta al 38%, il recupero di energia al 21% e lo smaltimento in discarica addirittura al 41%. In particolare, si registra un fabbisogno impiantistico pari a 2 milioni di tonnellate per quanto riguarda il rifiuto organico (ossia l'umido), e di 1,3 milioni di tonnellate per quanto riguarda il recupero energetico.

Nel 2018 nelle 8 regioni del Sud erano attivi 69 impianti di trattamento del rifiuto organico, 51 impianti di trattamento meccanico biologico (TMB), 6 inceneritori, 2 co-inceneritori e 46 discariche. Troppo poco per chiudere il ciclo dei rifiuti se consideriamo che il Mezzogiorno ha esportato verso le regioni del Centro-Nord 420mila tonnellate di organico (il 30% della produzione), mentre altre 80mila si sono spostate all’interno del Sud stesso; per quanto riguarda il rifiuto indifferenziato e trattato nei TMB, 190mila tonnellate hanno preso la via del Nord, mentre altre 70mila tonnellate sono state trasportate all'interno dell'area meridionale.

Secondo le stime di Utilitalia, considerando la capacità attualmente installata, per ridurre al minimo i cosiddetti "viaggi dei rifiuti" nel nostro Paese entro il 2035 occorrono investimenti per 2,2 miliardi di euro, oltre a quelli per lo sviluppo della raccolta differenziata e l’applicazione della tariffazione puntuale (paghi in base a quanto rifiuto indifferenziato produci). L'economia circolare non si realizza da sola. Ci vogliono una strategia industriale e una dotazione impiantistica adeguate. A trarne beneficio non sarà solo l'intera filiera ma anche gli stessi cittadini, che così potranno finalmente vedersi arrivare una Tari un po' più leggera.