Ucraina, altre esplosioni vicino una centrale nucleare: quali sarebbero le conseguenze di un eventuale attacco diretto?

Nella notte di mercoledì 25 ottobre l’abbattimento di due droni russi nei pressi della centrale nucleare di Khmelnytsky ha provocato distruzione di oltre 20 finestre di edifici dell’impianto e procurato lievi danni alle rete elettrica. Silvia Scarpato, esperta dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, ci ha spiegato perché questi siti non sono pensati contro attacchi bellici diretti e quali potrebbe essere le ricadute per per il paese e per l’Italia nel caso di un eventuale incidente.
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Kevin Ben Alì Zinati 30 Ottobre 2023
In collaborazione con Silvia Scarpato Responsabile della sezione emergenze e salvaguardie dell’ISIN

Un’altra esplosione nei pressi di una centrale nucleare ucraina ha fatto tremare il mondo.

Era l’1.26 di mercoledì 25 ottobre quando le sirene dei raid aerei hanno cominciato a segnalare la presenza di velivoli russi sopra il territorio dell’impianto atomico di Khmelnytsky, nella parte occidentale dell’Ucraina: pochi istanti dopo nell’aria sono risuonate due forti esplosioni.

Subito, l’Agenzia internazionale per l'energia atomica ha però allentato la tensione, facendo sapere che due droni russi erano stati abbattuti rispettivamente a una distanza di circa 5 e 20 chilometri dall’impianto e che non vi era stato alcun attacco diretto.

L’esplosione ha comunque avuto ripercussioni sul sito di Khmelnytsky, seppur minime. Le onde d’urto hanno danneggiato 26 finestre di diversi edifici dell’impianto, compreso il passaggio agli edifici del reattore, un edificio ausiliario integrato, un edificio per attrezzature speciali, il centro di addestramento oltre ad altre strutture.

L’incidente ha poi provocato un blackout della rete elettrica che ha lasciato senza elettricità 1.860 utenze nelle città di Slavuta e Netishyn e ha costretto temporaneamente due delle undici stazioni di monitoraggio delle radiazioni fuori sede a fare affidamento su alimentatori di riserva.

Non è la prima volta che le centrali nucleare ucraine, volontariamente o meno, diventano «bersaglio» di azioni militari. Ricorderai la grande paura per gli attacchi nella vicina centrale di Zaporizhzhia, finita poi sotto il controllo del personale militare russo.

A Khmelnytsky, insomma, non è successo nulla di troppo grave: per fortuna. Sebbene la progettazione e la realizzazione di un impianto nucleare investano ingenti risorse nei sistemi di sicurezza, i rischi se mai un missile o una bomba dovesse colpire un sito atomico, infatti, sarebbero eccezionalmente gravi.

“Le centrali ucraine dispongono di sistemi, aggiornati con stress test anche dopo l'incidente di Fukushima, che assicurano grandi capacità di resistenza ad eventi sia di origine naturale, anche estremi, che causati dall’errore umano – ha spiegato Silvia Scarpato, responsabile della sezione emergenze e salvaguardie dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione – Tuttavia, pur fornendo un elevato livello di sicurezza nei riguardi delle eventuali evoluzioni incidentali dell’impianto, questi sistemi non sono progettati per contrastare azioni di natura bellica dirette verso l’impianto". 

Oggi ogni impianto nucleare si configura come un sistema in grado di sopportare sollecitazioni anche molto pesanti ma di fronte a un attacco diretto – scenario che non si è mai verificato nella storia – secondo la dottoressa Scarpato non è possibile escludere a priori che si possano sviluppare scenari incidentali gravi, “come rilasci anche molto significativi di radioattività nell’ambiente”.

Eventuali incidenti, anche gravi come quello di Chernobyl per intenderci, avrebbero ricadute significative sui territori dell’Ucraina e su quelli dei paesi limitrofi. “In Italia, considerata la distanza, le conseguenze di contaminazione dei territori correlate alla propagazione di una nube radioattiva sarebbero meno rilevanti”.

L’esperta dell’Isin ha poi aggiunto che fin dall’inizio della guerra, l’Ispettorato effettua tutti i giorni proiezioni ed elaborazioni per valutare l’eventuale propagazione di nubi radioattive, tenendo conto ovviamente dell’orientamento dei venti. Allo stesso tempo, vengono analizzate anche le eventuali conseguenze sui territori interessati dal loro passaggio. “Va chiarito che dalle simulazioni effettuate in oltre un anno e mezzo di conflitto, il territorio italiano non sarebbe mai stato interessato da ricadute radioattive tali da richiedere misure protettive dirette sulla popolazione, ad esempio evacuazione, riparo al chiuso, iodoprofilassi”.  

Se mai dovessimo assistere a un incidente nucleare su un impianto, il Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari, aggiornato nel marzo 2022, ha previsto un protocollo specifico da mettere in campo, basato su tre scenari, distinti sulla base della distanza di tali impianti dai confini nazionali.

Scarpato ha spiegato che se l’incidente avvenisse in una centrale più prossima ai confini nazionali, quindi entro 200 km, esso potrebbe comportare, nei casi più gravi, la necessità di riparo al chiuso della popolazione e l’adozione della misura protettiva di iodoprofilassi, nonché misure di restrizioni alimentari.

“Se ad essere danneggiato fosse un impianto posto oltre 200 km dai confini nazionali sarebbero previste restrizioni alimentari, nonché misure per la protezione del patrimonio agricolo e zootecnico. Per un incidente in un impianto extraeuropeo, le misure di risposta attengono la gestione di cittadini italiani che si trovano nel Paese incidentato o che rientrano da esso, oltre a quelle relative alle importazioni di derrate alimentari e altri prodotti contaminati, misure queste ultime previste anche nei primi due casi”. In nessuno degli scenari, ha specificato l’esperta dell’Isin, viene presa in considerazione l’evacuazione della popolazione italiana.

Facendo un passo indietro e ritornando a ciò che invece è successo, per davvero, in Ucraina, rimbombano con forza – ieri, oggi e ci si augura pure domani – le parole di Rafael Mariano Grossi, direttore dell’AIEA: «Questo incidente sottolinea ancora una volta la situazione estremamente precaria della sicurezza nucleare in Ucraina, che continuerà finché continuerà questa tragica guerra. Il fatto che numerose finestre del sito siano state distrutte dimostra quanto fosse vicino. La prossima volta potremmo non essere così fortunati. L’impatto con una centrale nucleare deve essere evitato a tutti i costi».

Fonte | IAEA