
C’è il bicchiere mezzo pieno, secondo cui nel 2020, l’anno che la pandemia ci ha costretti in casa, abbiamo prodotto un milione di tonnellate di rifiuti urbani in meno rispetto al 2019 ed è cresciuta la raccolta differenziata.
Lo stesso bicchiere però lo può vedere anche mezzo vuoto. Sì, perché Sars-CoV-2 ha significato anche la chiusura di oltre 2 milioni di aziende, imprese e attività commerciali dalla cui minor produzione è ovviamente derivata una minor quantità di rifiuti urbani.
Senza dimenticarci del sacrifico e delle difficoltà che tutti noi abbiamo passato, in questa sede sposto la tua attenzione sul lato positivo dell’emergenza sanitaria. O meglio, su quello forse meno negativo e che, tuttavia, può darci sicuramente un’ulteriore spunto per la nostra lotta per la tutela del Pianeta.
Lockdown e restrizioni rigide hanno insomma fortemente contribuito a un calo netto e importante nella nostra produzione di rifiuti. L’ha certificato il Rapporto Rifiuti Urbani 2021 redatto dall’Ispra, secondo cui nel 2020 a livello nazionale abbiamo prodotto 28,9 milioni di tonnellate, ben 1,1 milioni in meno rispetto ai dodici mesi precedenti.
Il calo è stato registrato in modo uniforme in tutta Italia. La riduzione nelle regioni centrali è stato più consistente (-5,4%) rispetto al nord (-3,4%) e quello registrato nelle regioni meridionali (-2,6%).
Sbirciando più nello specifico, l’Ispra ha stimato che ogni cittadino italiano ha prodotto 488 kg di rifiuti. In Emilia-Romagna si è registrato il tasso di produzione più alto d’Italia con 640 kg di rifiuti pro capite, seppur comunque in calo del 3,5% rispetto al 2019.
Valle d’Aosta, Toscana, Liguria, Umbria, Marche, Friuli Venezia Giulia e Lazio sono le altre regioni con un livello pro capite di rifiuti superiore a quello medio nazionale mentre, all’opposto, in Basilicata, Molise e Calabria un singolo cittadino produce rifiuti per valori minori rispetto alla media di tutto il paese. Ad eccezione della Valle d’Aosta, però, tutte le regioni italiane hanno comunque fatto registrare un calo significativo nella produzione dei rifiuti.
La sospensione delle attività, l’immobilismo umano tradotto in assenza di pendolarismo e di turismo dovuto alle limitazioni degli spostamenti, ha portato a una riduzione della produzione dei rifiuti nei 15 comuni con una popolazione sopra ai 200mila abitanti. Soprattutto per Milano e Venezia, Firenze e Palermo.
A far sorridere sono anche i dati relativi alla raccolta differenziata del 2020. Che secondo l’Ispra ha rappresentato il 63% della produzione nazionale di rifiuti, in crescita dell’1,8% rispetto al 2019.
“Nonostante l’emergenza sanitaria da Covid-19 abbia influito significativamente sui consumi nazionali e di conseguenza sulla produzione dei rifiuti, il sistema di gestione delle raccolte differenziate ha garantito l’intercettazione dei flussi di rifiuti presso tutte le tipologie di utenze” si legge nel rapporto, che specifica anche come proprio le regioni maggiormente colpite dall’emergenza, caratterizzate da ordinanze per il conferimento dei rifiuti nell’indifferenziato, “hanno saputo adottare misure efficienti di gestione assicurando il ritiro di tutti i rifiuti”.
Prima di analizzare i dati, rispondo alla domanda che ti starà ronzando nella testa. Che cosa si differenzia maggiore te in Italia? Il rapporto dell’Ispra ha specificato che l’organico rappresenta il 39,3% del totale: la maggior parte viene da cucine e mense poi dai rifiuti biodegradabili provenienti dalla manutenzione di giardini e parchi, dal compostaggio domestico e dai rifiuti dei mercati. Carta e cartone rappresentano il 19,2% del totale, il vetro il 12,2% e la plastica l’8,6%.
Una raccolta differenziata più virtuosa, si diceva. Rispetto al 2019, gli incrementi sono stati registrati in tutto il Paese. Ben 9 regioni infatti hanno raggiunto o superato l’obiettivo del 65% fissato dalla normativa per il 2012.
In ordine sono il Veneto (76,1%), la Sardegna (74,5%), la Lombardia (73,3%), il Trentino Alto Adige (73,1%), l’Emilia-Romagna (72,2%), le Marche (71,6%), il Friuli Venezia Giulia (68%), l’Umbria (66,2%) e l’Abruzzo (65%). Piemonte (64,5%), Valle d’Aosta (64,5%) e Toscana (62,1%) sono vicine al target.
Maglia nera invece per la sola Sicilia, ferma al 42,3% ma comunque in aumento rispetto ai dati del 2019 (38,5%).
La città metropolitana più “forte” nella raccolta differenziata è stata Cagliari con il 73,7% ( 71,4% nel 2019) seguita da Venezia (73,6%) Milano, Firenze e Bologna (rispettivamente 68,9%, 67,6% e 66,3%). La meno forte invece è stata Palermo con il 29,4%.