Alzarsi di notte per mangiare: una buona o una cattiva abitudine?

Mangiare tardi o nel cuore della notte non è un’abitudine alimentare molto sana, perché spesso nasconde diete sbilanciate, pasti non rispettati e magari un po’ di ansia. Tutti questi problemi non si risolvono davanti al frigorifero o con gli spuntini di mezzanotte. Anzi, così facendo rischi di danneggiare la tua salute.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Valentina Rorato 8 Luglio 2020
* ultima modifica il 10/07/2020

Alzarsi di notte per mangiare non è certo la migliore delle abitudine alimentari, anche se spesso può sembrare un comportamento invitante e consolatorio. Fa bene o fa male? Non esiste una risposta universale. Sicuramente, molti esperti hanno potuto verificare che mangiare prima di coricarsi è collegato a un aumento di peso e soprattutto a una potenziale difficoltà digestiva.

Come mai? Durante la notte il metabolismo tende a rallentare e di conseguenza le calorie non digerite potrebbero essere immagazzinate come grasso. In realtà, devi considerare che il metabolismo basale notturno è in media lo stesso di quello diurno. Il tuo corpo ha bisogno di molta energia anche mentre riposi. Quindi non c’è una vera e propria prova fisica che faccia male, però può contribuire ad acquisire abitudini alimentari poco salutari, che comunque potrebbero avere un impatto sul tuo corpo.

Mangiare di notte è una cattiva abitudine

Come abbiamo detto, il metabolismo basale non va mai a dormire e continua a lavorare tutta notte. È importante, però, non pensare al metabolismo come l'unico elemento chiave per il mantenimento del tuo peso forma e di prevenzione della tua salute. Uno spuntino prima di coricarsi, magari nel cuore della notte, può essere un pasto extra, ovvero calorie extra di cui non ha bisogno, soprattutto se nel corso della giornata ha già consumato la colazione, il pranzo, la cena e magari anche un paio di merende.

Succede a molte persone di sentirsi più affamati la sera e può capitare di mangiare qualcosa prima coricarsi. Per alcuni è una “coccola”, un modo per ingannare il tempo mentre si guarda la tv o per rilassarsi (soprattutto quando ci si butta sui dolciumi). Probabilmente tutto questo indica che la tua dieta quotidiana non è ben bilanciata: se hai così fame o voglia di mangiare la notte è perché durante il giorno non hai mangiato correttamente, forse hai consumato troppi carboidrati o hai saltato un pasto. Le cattive abitudini dunque si sommano e potrebbero tradursi in un eccesso di cibo e in un aumento di peso.

Non è indicato in caso di reflusso

Se soffri di reflusso gastroesofageo devi assolutamente evitare di mangiare di notte o comunque prima di andare a letto. Come mai? La posizione sdraiata rende molto più facile la risalita dell’acido in gola. Si consiglia quindi di mangiare tre ore prima, affinché il tuo corpo abbia il tempo di digerire. Inoltre, dovresti evitare di bere o mangiare qualsiasi cosa che contenga caffeina, alcol, tè, cioccolato o spezie piccanti.

I benefici

Mangiare di notte è una cattiva abitudine nella maggior parte dei casi, ma potrebbe anche nascondere alcuni benefici. Quali?

  • Può stabilizzare la glicemia mattutina
  • Può aiutarti a seguire meglio la dieta
  • Può farti dormire meglio evitandoti il risveglio da fame

Ovviamente lo spuntino in questione deve essere minimo, come una carota, una gamba di sedano o una mezza galletta. È dunque importante fare attenzione non solo all’ora (andrebbero rispettati i ritmi circadiani), ma anche a cosa si mangia in qualsiasi momento della giornata, notte compresa.

Fonte | Humanitas

Contenuto validato dal Comitato Scientifico di Ohga
Il Comitato Scientifico di Ohga è composto da medici, specialisti ed esperti con funzione di validazione dei contenuti del giornale che trattano argomenti medico-scientifici. Si occupa di assicurare la qualità, l’accuratezza, l’affidabilità e l’aggiornamento di tali contenuti attraverso le proprie valutazioni e apposite verifiche.
Le informazioni fornite su www.ohga.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.