Arriva in Parlamento la proposta di legge per mettere un’etichetta basata sul metodo di allevamento

Presentata ieri in streaming dalla deputata di LeU Rossella Muroni, la proposta di legge ha come obiettivo quello di fornire al consumatore informazioni sul livello di benessere assicurato agli animali prima della macellazione e garantire una maggiore trasparenza sulla provenienza delle carni.
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Federico Turrisi 26 Maggio 2020

Quando vai a fare la spesa al supermercato, ti sarà capitato qualche volta di leggere su alcune marche di carne confezionata, o anche di uova e di latte, slogan promozionali che vogliono porre l'accento su come gli animali siano stati allevati con un occhio di riguardo alla loro salute e al loro benessere per realizzare quel determinato prodotto. Messaggi generici di questo tipo possono però rivelarsi fuorvianti: il punto è che non c'è alcuna garanzia che gli animali siano stati allevati davvero in condizioni dignitose o comunque in maniera etica.

Associazioni come Legambiente e Ciwf Italia da tempo spingono per un sistema di etichettatura riconosciuto a livello nazionale in grado di fornire ai consumatori informazioni univoche, chiare e trasparenti sul potenziale di benessere animale dei prodotti. La deputata di Liberi e Uguali Rossella Muroni ha raccolto il loro appello e ha presentato ieri 25 maggio in conferenza stampa (rigorosamente online per via delle misure di distanziamento fisico previste per l'emergenza Covid-19) la proposta di legge numero 2403 per l'istituzione di un sistema nazionale univoco e volontario di etichettatura in zootecnia.

In sostanza, lo scopo è dare ai cittadini informazioni il più possibile trasparenti, con una grafica chiara e semplice, su come sono stati allevati gli animali prima di arrivare sui banchi del supermercato. Il sistema di etichettatura elaborato da Legambiente e Ciwf Italia prevede cinque differenti livelli in base al metodo di allevamento dei prodotti suinicoli italiani (si va dal biologico all'intensivo) e indica anche l'eventuale uso di gabbie.

Ai ministeri della Salute e delle Politiche agricole dovrebbe spettare il compito di fissare i criteri di valutazione (sulla base di parametri sanitari, come per esempio l'uso di antibiotici, e degli spazi in cui vengono gestiti gli animali) e le modalità di controllo, che sarebbero affidate a organismi terzi accreditati. Certo, si tratterebbe pur sempre di un'etichetta volontaria. Ciò significa che allevatori e aziende non saranno obbligati ad adottarla, e di conseguenza a sottoporsi ai relativi controlli; ma se lo dovessero fare, i loro prodotti potranno acquisire un valore aggiunto, quasi come se fosse una certificazione.

"Parlare genericamente di benessere animale in etichetta, senza che vi siano dei criteri per definirlo e senza informazioni sul metodo di allevamento non ha molto senso, e pertanto può essere utilizzato indistintamente per animali allevati all’aperto, al chiuso o addirittura in gabbia", ha evidenziato l'onorevole Muroni. "Invece è bene che il cittadino-consumatore al momento dell’acquisto possa riconoscere, per esempio, se il prodotto proviene da un allevamento intensivo o da animali liberi di pascolare all'aperto. Conoscere con quale metodo è stato allevato un animale è già un’indicazione sul suo potenziale stato di salute e benessere".

Oltre a tutelare la libertà di scelta dei cittadini, la proposta di legge intende valorizzare attraverso questo sistema di etichettatura gli allevamenti virtuosi italiani che applicano standard di benessere animale superiori. Chi segue i princìpi dell'allevamento etico potrà dunque beneficiare di una maggiore visibilità ed essere premiato dai consumatori. L'augurio è che, in un circolo virtuoso, un'etichettatura del genere possa anche spronare le aziende zootecniche a impegnarsi maggiormente sul fronte del benessere animale.