Cani alla catena in Italia: dove c’è la legge, spesso e volentieri mancano le sanzioni

L’associazione Save the Dogs and other Animals, in collaborazione con la start up Green Impact, ha redatto un report sulla condizione dei cani a catena in Italia. Non solo in alcune regioni questa forma di maltrattamento non è mai stata regolamentata, ma dove esiste una legge, non sono previste sanzioni.
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Gaia Cortese 31 Marzo 2021

La scelta di avere un cane è soggettiva. Il cane, l’amico più fedele dell’uomo, un compagno per la vita. Eppure ci sono essere umani che decidono di condividere la propria esistenza con un cane, tenendolo a catena. Come è possibile?

A far luce sulla condizione vergognosa in cui molti cani sono costretti ancora oggi a vivere è il recente report “Verso il divieto di tenere i cani alla catena” realizzato dalla startup Green impact e dall’associazione no profit contro il randagismo Save the Dogs and other animals. Il rapporto, non solo passa in rassegna le normative di numerosi stati dell’Unione Europea ed extra-Ue, nonché delle singole regioni italiane, ma analizza a fondo anche le implicazioni del tenere a catena un animale, che di per sé non può che essere considerato una forma di maltrattamento.

Negli anni si è compreso come il cane sia un animale in grado di entrare in sintonia con l’essere umano e di sviluppare un forte legame con il suo proprietario o con chi se ne prende cura. Un cane, quindi, dipende direttamente da chi lo accudisce, non solo per vedere soddisfatti i propri bisogni fondamentali, ma anche per altri aspetti rilevanti come il benessere sociale ed emotivo, la sicurezza, la protezione, il gioco e la compagnia.

“Nonostante ciò – si legge nel report – anche i paesi più avanzati al mondo non vietano pratiche disumane, come quella di tenerli continuamente legati con una catena, una corda o rinchiusi in gabbie all’aperto, negando a questi sensibili animali gregari il soddisfacimento delle loro esigenze fondamentali come la libertà di movimento e l’interazione sociale”.

Un cane alla catena è profondamente consapevole della sua incapacità di muoversi liberamente o sfuggire a un pericolo.

Per un cane, essere trattenuto da una catena o una corda è una situazione di grande stress e vulnerabilità. Tenerlo alla catena significa privarlo della fondamentale libertà di movimento e della capacità di esprimere comportamenti normali, come mettersi al riparo da una minaccia reale o presunta. È dimostrato che la limitazione spaziale e l’isolamento sociale dei cani costantemente tenuti alla catena o rinchiusi in gabbia provocano danni alla salute fisiologica e psicologica degli stessi. Gli studi al riguardo evidenziano come la permanenza protratta in ambienti angusti con deprivazione sociale abbia incidenze negative sul benessere a lungo termine dei cani, compromettendone anche la capacità di condurre una vita normale.

Nel nostro Paese l’Emilia-Romagna è stata la prima regione ad aver vietato nel 2013 l’utilizzo della catena per i cani. Ne hanno poi seguito l’esempio altre regioni come l’Abruzzo, la Lombardia, il Veneto e la Puglia.

Anche in altre regioni, che apparentemente sarebbero giudicate virtuose, la detenzione dei cani a catena è vietata. È il caso dell’Umbria o della Campania, ma di fatto, in quest’ultima, non sono previste sanzioni per chi non rispetta la normativa.

Anche in Trentino Alto Adige vige la normativa per cui “il responsabile di detenzione di un cane deve evitare, se possibile, di tenerlo a catena. In caso contrario la catena deve avere un’adeguata lunghezza e, se possibile, deve esserne assicurato lo scorrimento”, ma non è prevista alcuna sanzione.

Stessa anomalia in Sardegna: non è prevista alcuna sanzione, nonostante la legge regionale sia anche accurata nel dare dettagli sulla lunghezza della catena: “La catena, ove necessaria, deve avere una lunghezza minima di metri 5 oppure di metri 3 se fissata tramite un anello di scorrimento ed un gancio snodabile ad una fune di scorrimento di almeno 5 metri”.

Di male in peggio, altre regioni (Liguria, Basilicata e Sicilia) non hanno neppure regolamentato la materia, lasciando un pericoloso vuoto normativo.

Il report dell'associazione Save the Dogs evidenzia come gli studi effettuati finora abbiano confermato che i cani tenuti alla catena tendono a mostrare nel tempo una molteplicità di comportamenti stereotipati, come andare avanti e indietro freneticamente nel loro recinto o girare in tondo su se stessi in modo compulsivo. Questi animali hanno alte probabilità di diventare iper reattivi, poiché il confinamento cronico in un ambiente privo di stimoli, dove quest'ultimi non possono esprimere azioni normali, provoca danni cerebrali diretti.

La detenzione di un animale alla catena è una forma gravissima di maltrattamento, che non può più essere ignorata.