Carne di squali a rischio estinzione all’interno del cibo per cani e gatti: la scoperta grazie all’analisi del DNA

Un nuovo studio, condotto a Singapore, ha rilevato tracce di carne appartenente a specie vulnerabili, come lo squalo seta e squalo pinna bianca, in circa un terzo dei 144 campioni di mangime al gusto pesce analizzati in vendita sull’arcipelago. Secondo gli autori c’è bisogno di etichette più chiare, trasparenti e sostenibili.
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Martina Alfieri 7 Marzo 2022

È capitato a tutti di chiedersi cosa ci sia esattamente all’interno del cibo con cui nutriamo i nostri animali domestici. A Singapore, un gruppo di ricercatori dello Yale-NUS College ha cercato di saperne di più: dalle analisi del DNA effettuate su 45 prodotti di mangime al gusto pesce, appartenenti a 16 marchi differenti in vendita a Singapore, è emerso che circa un terzo conteneva tracce di carne di squalo. Addirittura, due delle specie rilevate sarebbero già fortemente minacciate.

Più precisamente, dei 144 campioni prelevati in totale per lo studio, ben 45 contenevano DNA di squalo: in particolare, si tratterebbe di carne di squalo blu, ma anche di squalo seta e di squalo pinna bianca del reef, questi ultimi considerati “vulnerabili” dalla Lista Rossa della Iucn.

La maggior parte dei proprietari di animali domestici sono probabilmente amanti della natura, e pensiamo che sarebbero allarmati nello scoprire che potrebbero contribuire inconsapevolmente al sovrasfruttamento delle popolazioni di squali", hanno detto al Guardian i ricercatori Ben Wainwright e Ian French, dello Yale-NUS College di Singapore.

L’etichettatura del cibo per animali che troviamo sui nostri scaffali, secondo gli autori dello studio, rappresenta una questione ancora irrisolta: è troppo poco regolamentata, e risulta spesso ambigua. I proprietari di cani e gatti, incontrando prodotti che riportano la dicitura “pesce bianco” o “pesce oceanico”, rischiano di essere ingannati. Come soluzione, Yale-NUS College propone di introdurre un’etichettatura più dettagliata e trasparente, che permetta di fare una scelta consapevole e sostenibile.

Purtroppo la popolazione di squali diminuisce di anno in anno anche a causa di metodi di pesca scorretti e insostenibili. Uno di questi è il finning, crudele pratica molto contestata dagli animalisti che prevede la rimozione delle pinne – utilizzate in diversi Paesi, ad esempio, per scopi alimentari o cosmetici – condannando gli squali a morte. Secondo gli esperti, la carne presente nel cibo per animali potrebbe provenire da carcasse di squalo abbandonate proprio dopo la rimozione delle pinne.