Che cos’è un termovalorizzatore e quali sono i suoi pro e contro

Come funziona un termovalorizzatore, ovvero un impianto che produce energia dalla combustione dei rifiuti? Soluzione preferibile alla discarica, per molti è un passo indietro nella marcia verso la transizione ecologica, fondata anche sull’economia circolare, sul riciclo e sul riuso. In questo articolo analizziamo i pro e i contro del termovalorizzatore, spiegando nel dettaglio il suo lavoro e il suo impatto sull’ambiente.
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Michele Mastandrea 12 Maggio 2022

Negli ultimi tempi è tornata nel dibattito pubblico una parola dal significato non proprio chiarissimo a molti: termovalorizzatore. Ne hanno sentito parlare soprattutto gli abitanti di Roma, dove la decisione del sindaco Roberto Gualtieri di costruirne uno nuovo ha creato una forte discussione.

Parlare di termovalorizzatore significa parlare di rifiuti, della loro gestione, dell'impatto che il trattamento degli scarti ha sull'ambiente. Ma che cos'è un termovalorizzatore? Come incide sul ciclo dei rifiuti? Quali sono i suoi vantaggi, e quali invece i suoi problemi? Te lo spiego in questo articolo.

Cos’è

Un termovalorizzatore è un impianto industriale per bruciare i rifiuti indifferenziabili, ovvero quelli che non possono essere riciclati e riutilizzati tramite raccolta differenziata. Il suo significato si capisce meglio in paragone a quello di un'altro tipo di impianto ‘simile', ovvero un inceneritore.

Un termovalorizzatore si distingue dall'inceneritore perchè a differenza di quest'ultimo produce energia dai rifiuti, appunto "valorizzandoli". Similmente all'inceneritore, produce però anche sostanze tossiche dalla bruciatura degli scarti. Secondo alcuni studi, queste emissioni nocive sarebbero però otto volte inferiori a quelle prodotte dalle attività delle discariche.

Come funziona

All'interno di un termovalorizzatore i rifiuti vengono bruciati in un forno, composto da una o più caldaie che operano a una temperatura superiore agli 850 gradi. Questo così da permettere la totale ossidazione del rifiuto ed evitare la produzione di diossine. Il vapore prodotto dalla combustione aziona a questo punto il cosiddetto turbogeneratore. Si tratta di un motore a turbina che produce energia, la quale poi viene immessa nella rete elettrica. Alcuni modelli innovativi di termovalorizzatore producono anche acqua calda che viene poi distribuita nelle case tramite le tubature della rete idrica.

I fumi nocivi emessi dalla bruciatura dei rifiuti sono invece filtrati (meglio o peggio a seconda dell'avanzamento della tecnologia) e poi espulsi tramite canna fumaria, a una temperatura di circa 140 gradi. Il prodotto finale del ciclo è un mix tra ceneri, che ammontano a circa il 30% del peso del rifiuto originario, e polveri sottili, recuperate in parte (non del tutto) da uno specifico sistema di filtraggio. Ceneri e polveri sono infine portate in discariche per rifiuti speciali.

Dove si trovano

Ci sono termovalorizzatori in tutto il mondo. In Italia si trovano sia al nord che al sud. L'impianto più grande in Italia si trova a Brescia, in Lombardia, segue quello di Acerra, in Campania. Il Nord Italia possiede la grande maggioranza di questo tipo di impianti, ben 26. Al Centro se ne trovano 5 e al Sud 6. Nel 2019 in Italia i termovalorizzatori hanno prodotto 6 milioni di Mw/h di energia elettrica e 2,2 milioni di Mw/h di energia termica, derivanti dal trattamento di 5,5 milioni di tonnellate di scarti tra rifiuti urbani e rifiuti speciali da urbani.

Il più famoso per quanto riguarda l'Europa è probabilmente quello in funzione a Copenaghen, che possiede anche una pista di sci sulla sua copertura superiore. La maggioranza di questi impianti si trova però in Francia (126) e in Germania (96).

Pro e contro

Il termovalorizzatore è relativamente meglio di un semplice inceneritore, ormai lo avrai capito, perché produce energia: secondo i dati Utilitalia, nel nostro Paese 2,8 milioni di famiglie sfruttano il lavoro di questo tipo di impianti. Inoltre, la sua importanza può anche essere relativa al contesto in cui viene costruito.

In situazioni dove i tassi di raccolta differenziata sono bassi, un termovalorizzatore può infatti aiutare a risolvere il problema dei trasferimenti esterni dei rifiuti  – che spesso avviene a caro costo – e a eliminare impianti ancora più inquinanti e nocivi come le discariche a cielo aperto. Attualmente le discariche rappresentano il luogo dove finisce circa il 20% dei rifiuti non riciclabili, una quota che dovrà almeno dimezzarsi entro il 2030, stando agli obiettivi europei.

I contro però stanno esattamente all'interno del quadro appena descritto: quella del termovalorizzatore non è la migliore soluzione tra quelle possibili, al massimo può essere meno peggio di altre. La sua stessa presenza rischia di togliere importanza alla raccolta differenziata, in termini di obiettivi da raggiungere. L'obiettivo dovrebbe essere quello di farne a meno: sia attraverso una migliore differenziata, sia attraverso la produzione e l'utilizzo di materiali totalmente riciclabili, sia attraverso politiche di incentivi alla minor creazione di rifiuti.

Il termovalorizzatore produce inoltre CO2 e altre sostanze inquinanti: non ne esistono oggi a impatto zero. L'Unione Europea ha infatti escluso questo tipo di impianti dalla sua tassonomia verde degli investimenti sostenibili. Non rispetta infatti il principio del "Do no significant harm", traducibile con "Non arrecare danno", su cui si fonda a livello teorico la strategia europea in vista della transizione ecologica e dell'impatto zero continentale entro il 2050. Piuttosto, l'Unione Europea punta a progredire sulla strada dell'economia circolare. Nel 2028 scadranno infine i cosiddetti "sussidi Ets", per cui impianti che emettono gas climalteranti come inceneritori e termovalorizzatori dovranno pagare diritti di emissione da cui attualmente sono esclusi.

Esiste poi il cosiddetto "effetto lock-in", ovvero il rischio di legarsi a tecnologie costose che risultano però obsolete, dato il rapido sviluppo tecnologico. Lo stesso impianto di Copenaghen in questo momento è in seria crisi, come dichiarato dallo stesso governo danese: l'aumento della raccolta differenziata – meno male! – ha ridotto i rifiuti da bruciare nel termovalorizzatore. Al punto tale che la Danimarca li importa dall'estero per finanziare le spese di gestione dell'impianto. Uno scenario che dovrebbe farci pensare all'utilità di questo tipo di impianti, andando oltre uno sguardo di breve periodo che rischia di farci perdere di vista il quadro complessivo.