Come funziona la batteria atomica e perché potrebbe diventare così utile nelle nostre vite quotidiane: ce lo spiega un fisico dell’Enea

In Cina è stata messa a punto una batteria atomica, basata cioè sul decadimento radioattivo del nichel-63. Si tratta di un processo naturale durante il quale viene prodotta una quantità di energia che, con una tecnologia avanzatissima, può essere raccolto e riutilizzata per alimentare smartphone o anche auto. Sebbene sia ancora un prototipo, la batteria cinese potrebbe aprire la strada per una pisola-grande rivoluzione energetica.
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Kevin Ben Alì Zinati 6 Febbraio 2024
In collaborazione con il Dott. Mariano Tarantino Fisico e ricercatore dell'Enea

Da tempo si discute di come e se il nucleare possa o debba aiutarci a compiere quella transizione energetica dai combustibili fossili verso fonti più pulite e sostenibili.

Si rimette sulla fissione e sui reattori di IV generazione per generare elettricità in maniera più sicura; si parla di fusione per sognare un mondo alimentato con fonti di energia illimitate e quasi totalmente green.

Nell’universo delle possibilità offerte dall’atomo ora però bisogna aggiungere anche quella delle batterie atomiche.

Ovvero dispositivi che sfruttano il decadimento di isotopi radioattivi per produrre energia e far funzionare, per esempio, uno smartphone.

Tecnologie simili sono già note e ampiamente utilizzate in molti campi. Nell’esplorazione spaziale, per esempio, sonde o satelliti che viaggiano nel cosmo traggono il proprio carburante da generatori termoelettrici che funzionano appunto grazie ai radioisotopi.

Ora però in Cina è stato appena messo a punto il prototipo di una batteria basata sul decadimento radioattivo del nichel-63 che, secondo i suoi costruttori, potrebbe alimentare, per esempio, telefoni o altri elettrodomestici ma anche dispositivo medici come pacemaker o cuori artificiali.

Il decadimento di un elemento radioattivo come il nichel-63, ovvero la sua naturale trasformazione da elemento instabile a uno più stabile. Durante questo processo, vengono emessi degli atomi e anche una certa quantità di energia: l’idea è quella di utilizzare dei semiconduttori in diamante ad alta resistenza per convertire quest’energia in corrente elettrica riutilizzabile per altri scopi.

Uno dei potenziali vantaggi di un simile dispositivo è proprio qui: sfruttando il decadimento del nichel, che è un elemento che si trova in natura, la batteria non avrebbe bisogno di nessuna carica.

Non solo. Ogni elemento radioattivo ha un proprio tempo per completare la sua “trasformazione”. Quello del nichel è un tempo di decadimento quantificabile nell’ordine di centinaia di anni: ciò significa che una simile batteria potrebbe continuare a generare elettricità e dunque funzionare addirittura per 50 anni.

“Da un punto di vista tecnologico, si tratta di un dispositivo molto interessante e anche sicuro – ci ha raccontato il dottor Mariano Tarantino, fisico e ricercatore dell’Enea – Quello del nichel-63 è un decadimento beta, durante il quale cioè vengono rilasciati elettroni che, come sappiamo, non sono molto penetranti”. Non vi è dunque emissione di radioattività.

Dispositivi alimentati con batterie simili sarebbero anche maneggiabili senza precauzioni o problemi. Il però di tutta la questione sta, semmai, nel fine vita di oggetti simili. Si deve dimostrare che non pone rischi alla salute pubblica. Finché il nichel, che è un isotopo radioattivo che decade Beta, resta confinato nella pila, non ci sono problemi. Le cose cambiano in che in caso di failure della batteria, di una sua eventuale rottura o comunque durante le fasi di smaltimento”. 

Se quell’isotopo dovesse entrare in ambiente e venisse ingerito o inalato da un essere umano, per esempio, potrebbe depositare una sorgente radioattiva nel suo corpo, esponendolo a rischi enormi. “Si deve dimostrare – ha continuato il dottor Taratino – non solo che non ci sarebbero rischi di inalazione o ingestione da parte della popolazione ma anche che il suo trattamento, una volta finita la sua utilità, sia sicuro”.  

La batteria atomica potrebbe comunque rappresentare il primo passo per una possibile rivoluzione energetica. Non solo perché un’autonomia così ampia riscriverebbe di fatto il tema degli sprechi e, per esempio, dell’inquinamento dovuto a una gestione saggiata di questi rifiuto.

Le applicazioni a cui potrebbero prestarsi simili batterie, ci ha spiegato il fisico, potrebbero davvero essere varie e applicabili a molti ambiti della nostra vita quotidiana. “Si tratterebbe di batterie di piccole dimensioni, quindi per applicazioni di bassa densità di potenza come smartphone, magari auto con qualche ulteriore sviluppo. Non pensiamo a queste cose per accumuno energico legato alle rinnovabili” ha concluso il dottor Tarantino.