Sicurezza, sostenibilità, economicità e non proliferazione: i dogmi che guidano la IV generazione nucleare

Nella attualissima riflessione che tutto il mondo sta portando avanti per definirne l’effettivo ruolo della tecnologia nucleare nella lotta al Climate Change, la parola d’ordine è IV generazione. Insieme a Mariano Tarantino ricercatore dell’Enea, abbiamo approfondito l’evoluzione dei reattori atomici analizzandone soprattutto i progressi in fatto di sicurezza. Con il professor Marco Ricotti, invece, abbiamo parlato della loro sostenibilità ambientale.
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Nucleare, dunque. Come un libro letto tanto tempo fa e ripescato dallo scaffale per vedere se a distanza di anni offre spunti diversi, la tecnologia dell’atomo oggi è tornata protagonista nella politica e, soprattutto, nel dibattito sociale.

Di fronte alla crescente domanda energetica globale e alla parallela urgenza di limitare consistentemente l’impatto ambientale per ottenerla, ci si sta chiedendo se il nucleare possa davvero diventare una risorsa.

Nella attualissima riflessione che tutto il mondo sta portando avanti per definirne l’effettivo ruolo, la parola d’ordine è IV generazione.

Se non altro, in Italia lo è da quando anche il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, nel corso del 2021, a più riprese ha inserito questa tecnologia innovativa nel novero dei possibili nuovi alleati nella corsa alla decarbonizzazione e al mantenimento degli obiettivi individuati dal Green Deal europeo e cristallizzati nella carbon neutrality da raggiungere entro il 2050.

L’evoluzione tecnologica

Innovativa, sì. La “Generation Four” rappresenta infatti l’avanguardia tecnologica in fatto di sistemi nucleari finalizzati alla produzione di energia elettrica.

Come intuibile, è il frutto di un percorso: un’evoluzione che negli anni ha portato a reattori e quindi impianti nucleari sempre più efficienti, sicuri e sostenibili (in termini economici e ambientali).

Le diverse generazioni di reattori nucleari si dividono sostanzialmente in base al combustibile impiegato, al sistema di raffreddamento (quindi acqua, gas o metalli liquidi) e al moderatore, ovvero quel materiale utilizzato per regolare il flusso di neutroni e gestire i processi di fissione. Oltre, chiaramente, a tutti gli aspetti di efficienza e sicurezza.

La prima generazione oggi non è più in esercizio in nessuna parte del mondo. Il primogenito di questa tecnologia fu il “Chicago Pile-1” la pila atomica, il cui padre risponde al nome di Enrico Fermi, il “Papa” della Fisica.

Sistemi di questo tipo erano chiaramente poco efficienti e sicuri e con l’avanzare della conoscenza tecnologica si arrivò ai reattori di II e III generazione.

Enrico Fermi è definito il "papa" della Fisica

Nati per funzionare per un periodo limitato a 40-50 anni, quelli di Generation Two rappresentano oggi la maggior parte dei reattori ancora in circolazione. Tra questi rientrano i tristemente famosi reattori RBMK sovietici.

Macchine efficienti con, tuttavia, più di qualche difetto in termini di sicurezza, come l’umanità ebbe tristemente modo di constatare il 26 aprile del 1986 quando esplose il reattore IV della centrale di Chernobyl, in Ucraina, provocando il più grande disastro nucleare della storia.

Affinché “l’incidente che non poteva accadere” non capitasse di nuovo, furono messi a punto reattori nuovi e intorno alla metà degli anni ’80 entrò in funzione la III generazione: molto simile a quella precedente ma estremamente più sicura.

Il reattore 4 di Chernobyl esploso. Fonte: Wikipedia

L’avanzare della crisi climatica ha però posto una nuova gigantesca sfida per tutta l’umanità, spingendo gran parte della scienza a un affinamento delle proprie attività di ricerca verso tecnologie in grado di far fronte all’urgente necessità di produrre energia senza distruggere il Pianeta.

Tra queste, ovviamente, era compreso anche il nucleare. Così, nel gennaio del 2001, tredici paesi del mondo si unirono nel cosiddetto Generation IV International Forum con l’obiettivo di sviluppare i sistemi nucleari di futura generazione.

La IV generazione 

Il GIF riunisce 13 paesi (Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Giappone, Corea, Russia, Sud Africa, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti), oltre all’Euratom che rappresenta i 27 membri dell'Unione europea. I suoi esperti hanno selezionato sei tecnologie di reattore:

  • il reattore veloce raffreddato a gas (GFR)
  • il reattore veloce raffreddato a piombo (LFR)
  • il reattore a sali fusi (MSR)
  • il reattore veloce raffreddato a sodio (SFR)
  • il reattore raffreddato ad acqua supercritica (SCWR)
  • il reattore ad altissima temperatura (VHTR)

Tutti i progetti che rientrano nella Generation Four” nascono rispettando quattro principi cardine: la sostenibilità, l’economicità, la sicurezza (e quindi anche l’affidabilità) e infine la resistenza alla proliferazione di armamenti.

Sicurezza

Due sono i punti centrali che ci interessano per il momento. Uno è sicuramente quello legato alla sicurezza, perché “nucleare” ancora oggi è il bottone per evocare scenari terrificanti e mortali.

Al di là di Three Mile Island, il primo "vero" incidente nucleare, avvenuto negli Stati Uniti nel marzo del 1979 e di cui probabilmente avrai sentito poco parlare dal momento che fortunatamente non ebbe grosse conseguenze, il riferimento è a Chernobyl e Fukushima, disastri di dimensioni purtroppo ben maggiori.

Rispetto a quei reattori, tuttavia, in termini di sicurezza oggi è stato fatto quello che Mariano Tarantino, ricercatore e responsabile della Divisione Ingegneria Sperimentale dell’Enea, definisce un bel salto in avanti. Il livello di sistemi di sicurezza nucleari non ha mai smesso di crescere. Certe volte si sente dire che il nucleare è una tecnologia obsoleta ma non è vero: è in costante miglioramento”.

La tecnologia nucleare ha avuto un’evoluzione che negli anni ha portato a reattori sempre più efficienti, sicuri e sostenibili

Quello che va capito è che la peculiarità delle tecnologie di Generation Four non risiede tanto nella tecnologia quanto nel cambio di paradigma dell’approccio alla sicurezza.

Se i tradizionali sistemi di sicurezza, detti attivi, richiedono il funzionamento di specifici dispositivi alimentati elettricamente, questi nuovi reattori implementano a bordo dei cosiddetti sistemi passivi. “Sistemi di sicurezza, cioè, basati su leggi fisiche e non sull’intervento dell’uomo o sulla disponibilità di energia elettrica”. 

Certe volte si sente dire che il nucleare è una tecnologia obsoleta ma non è vero: è in costante miglioramento

Mariano Tarantino, ricercatore Enea

Nel 2011, per esempio, lo tsunami che colpì la centrale di Fukushima inibì la disponibilità di energia per provvedere ai sistemi di sicurezza attivi e non si potè sostanzialmente spegnere i reattori. Fenomeni come la gravità, la convezione naturale del calore, che si innescano spontaneamente in presenza di determinate condizioni anche in caso di malfunzionamento del sistema, permettono dunque di contenere ed evitare potenziali incidenti.

Sostenibilità 

L’altro aspetto fondamentale è la sostenibilità. Declinandola sul piano economico (che vedremo più nel dettaglio in uno dei prossimi articoli), per Mariano Tarantino sarà imprescindibile mettere a punto macchine economicamente competitive.

Una strada che risulterebbe già in discesa grazie al sempre più costante ingresso nel mondo nucleare di investitori privati, “decisi a spendere poco e mettere una tecnologia subito in produzione per ottenere un ritorno rispetto al capitale immesso”.

Dal punto di vista della sostenibilità ambientale, invece, il nucleare può essere definita una tecnologia pulita, anzi green. Durante la fase di produzione di energia elettrica, infatti, non c’è alcun rilascio di CO2 o di qualsiasi altro gas inquinante.

Aspetto di tutt’altro conto, ovviamente, è il rilascio di elementi radioattivi, specialmente in caso di indicente. Secondo il ricercatore dell’Enea, però, i reattori di IV generazione sono pensati apposta “per ridurre al minimo il piano di emergenza fuori dal recinto della centrale in caso di incidente”. 

Quando Chernobyl è esploso, sai bene che è stato necessario far evacuare le zone circostanti, “questi reattori hanno invece l’obiettivo di evitare questo e il rilascio di sostanze radioattive, qualunque cosa accada”.

Poi, ovviamente, affrontare la sostenibilità ambientale del nucleare significa scontrarsi anche con la questione dei rifiuti e delle scorie nucleari. Un problema “più mediatico e politico che sostanziale” secondo Marco Enrico Ricotti.

I sistemi di sicurezza passivi sono basati su leggi fisiche e non sull’intervento dell’uomo

Mariano Tarantino, ricercatore Enea

Ordinario di impianti nucleari al Politecnico di Milano, membro designato dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare ed ex presidente di Sogin, la società statale che si occupa del decommissioning delle centrali nucleari italiane, Ricotti punta l’attenzione sul deposito nazionale, ovvero l’area dove saranno stoccati i cask, i contenitori ad alta sicurezza per i residui radioattivi e i materiali nucleari a media e alta attività.

“Nei prossimi anni in Finlandia aprirà il primo deposito geologico profondo e anche la Francia sta andando nella stessa direzione. L’Europa, insomma, sarà all’avanguardia a livello internazionale su questo aspetto”. Ricotti è dunque convinto che di questo passo presto avremo tutte le competenze per gestire in sicurezza tutti i rifiuti, “anche quei pochi altamente radioattivi che il nucleare produce”.

I reattori di IV generazione però sono pensati anche per ridimensionare questo aspetto. Come? Attraverso processi che minimizzino la produzione di rifiuti radioattivi riducendone “la pericolosità da millenni a poche centinaia di annie anche riciclando le scorie nucleari come combustibile. Paradossalmente, dice Ricotti, potremmo arrivare addirittura a non avere bisogno del deposito geologico profondo.

Se la vera rivoluzione nucleare in termini di produzione energetica arriverà solo domani, quando cioè saremo in grado di dominare il processo di fusione nucleare, la nuova generazione di reattori nucleari è quella che promette di apportare cambiamenti significativi già oggi.

“In Russia – conclude Ricotti – c’è un progetto che si chiama Proryv, per il quale sono previsti 3 impianti: il primo è un reattore nucleare a piombo, la stessa tecnologia su cui sta lavorando Enea, in Italia. Ci sarà poi l'impianto per la fabbricazione e rifabbricazione del combustibile mentre il terzo impianto, quello di riprocessamento che prende il combustibile esaurito, lo estrae dal reattore, ne separa i rifiuti per reimmetterli nel reattore come combustibile, sarà la fase più critica. Ma la previsione è che sia pronto per il 2029. Nel nucleare, è domani mattina".

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Giornalista fin dalla prima volta che ho dovuto rispondere alla domanda “Cosa vuoi fare da grande”. Sulla carta, sono pubblicista dal altro…