Cosa sono i mini-reattori modulari e perché la scienza dice che potrebbero aiutare la transizione energetica?

I cosiddetti Small Modular Reactors sono reattori nucleari a fissione di piccole dimensioni che possono essere trasportati e assemblati con maggiori semplicità rispetto a quelli tradizionali. Il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani più volte nel corso del 2021 li ha indicati come un’opzione concreta per ridurre in tempi rapidi l’impiego di combustibili fossili per la produzione di energia pulita.
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I Mini-Reattori Modulari sono un altro avvistamento nel nostro giro di periscopio sul potenziale ruolo del nucleare nella transizione energetica.

Il ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani, a più riprese nel corso del 2021 – simboliche le interviste rilasciate durante i giorni della Cop26 di Glasgow –  li ha indicati come un’opzione ben più concreta rispetto alla fusione nucleare per arrivare in tempi rapidi a una drastica riduzione dell'impiego di combustibili fossili per la produzione di energia pulita.

Cingolani, come gran parte della scienza, è convinto che i cosiddetti Small Modular Reactors rappresentino, insieme alle tecnologie di quarta generazione, un’altra faccia del nucleare, decisamente interessante spesso nascosta, a cui poterci affidare per rispondere alla crescente richiesta energetica e contemporaneamente anche alla necessità di trovare una fonte alternativa sostenibile e in grado di superare l’esame del cambiamento climatico.

Secondo la definizione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, gli Smr sono dei mini-reattori nucleari a fissione, basati dunque sulla stessa tecnologia atomica di quelli tradizionali. Puoi immaginarli come dei cilindri metallici delle dimensioni di due container, al cui interno è contenuto il nocciolo del reattore e il combustibile nucleare. Qui il calore generato dalle reazioni del nocciolo trasforma l'acqua in vapore, che aziona una turbina esterna da cui viene prodotta energia.

Le peculiarità però stanno altrove. Si tratta prima di tutto di reattori decisamente piccoli: occupano quasi il 10% dello spazio di una centrale tradizionale e sono generalmente impiegati all’interno di grandi navi. Sono inoltre capaci di produrre circa 300 MegaWatt (contro i 1700 MW dei reattori più potenti oggi funzionanti, quindi circa un terzo) con la novità però di generare un quantitativo davvero contenuto di scorie.

Secondo Mariano Tarantino, ricercatore e responsabile della Divisione Ingegneria Sperimentale dell’Enea, i reattori modulari rappresentano “una filosofia e un approccio nuovi alla gestione dell’energia nucleare”. Uno strumento dunque in grado di supportare le rinnovabili, imprescindibili per la transizione ma insufficienti per coprire i picchi di richiesta di energetica. “Per natura, queste tecnologie seguono la disponibilità, che dipende dall’irreggimento solare, dal vento piuttosto che dalla disponibilità idroelettrica”.

Il vero scarto di questi reattori risiederebbe però nella loro natura “modulare”. Gli Smr sono macchine assemblabili in fabbrica e i cui componenti possono essere facilmente trasportati da un luogo all’altro per l’installazione.

“Macchine più piccole, disponibili sul territorio e modulari permettono di realizzare impianti nucleari in diversi luoghi con una gestione più semplice e in tempi più rapidi”. Oltre a una produzione distribuita in diverse parti del territorio, per il ricercatore dell’Enea le tecnologie nucleari modulari garantiscono anche investimenti e capitali molto più bassi.

Gli Smr rappresentano una filosofia e un approccio nuovi alla gestione dell’energia nucleare

Mariano Tarantino, ricercatori Enea

“Gli Smr si mettono in esercizio più in fretta e comincerebbero a rimborsare ancora prima dell’effettiva produzione energetica. E infatti, come già ci aveva anticipato Tarantino a proposito dei reattori di quarta generazione, non è un caso che accanto alle istituzioni pubbliche, anche aziende private stiano partecipando attivamente agli sforzi economici per spingere sulla tecnologia Smr.

Dai dati della Iaea emerge infatti che la prima centrale nucleare galleggiante al mondo, la russa Akademik Lomonosov, ha iniziato la propria attività commerciale nel maggio 2020 producendo energia da due mini-reattori modulari da 35 MW. Altri Smr sarebbero oggi in costruzione in Argentina, Canada, Cina, Corea del Sud e Stati Uniti.

Alla stregua di quanto detto per i reattori di quarta generazione, Marco Enrico Ricotti, ordinario di impianti nucleari al Politecnico di Milano, membro designato dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare ed ex presidente di Sogin, è convinto che anche gli small modular reactors rappresentino la risposta alla domanda di un nucleare sostenibile, intesa in entrambi i sensi: economico e ambientale.

Per dare alla fissione nucleare una natura ancora meno impattante a livello di costi e di CO2 immessa nell’ambiente, però serve mantenere il passo. “Non siamo tutti improvvisamente diventati incapaci di realizzare dei reattori nucleari. Il problema è che l’Occidente, ovvero Europa e Stati Uniti, da troppo tempo non sono allenati a costruire reattori nucleari. L’ultimo è stato costruito 20 anni fa dice Ricotti.

Che per rendere ancora più chiaro l’impasse in cui troviamo ricorre a una metafora calcistica. Se si perde un mese di allenamenti, insomma, non si può pensare di giocare una partita da 90 minuti perché si sarebbe fuori forma: allo stesso modo, dopo 20 anni di inattività se si vuole costruire il reattore più avanzato, spiega, il rischio è quello di andare incontro a ritardi.Cina e Giappone, come i russi e i sudcoreani, non si sono mai fermati, sono sempre rimasti allenati e hanno sempre continuato a costruire reattori nucleari. Con costi extra fisiologici e ritardi contenuti”.

Affinché il nucleare diventi davvero una risorsa, dunque, secondo Ricotti non bisogna investire su reattori molti più grandi e complessi dell’ultimo che abbiamo costruito 20 anni fa, il rischio sarebbe eccessivamente alto. “Se invece avessimo un prodotto molto più piccolo e semplice, che possiamo costruire in gran parte in officina e che poi posso assemblare tipo lego e collocare su un sito, sarebbe decisamente meglio”. 

Cina e Giappone hanno continuato a costruire reattori nucleari con costi extra fisiologici e ritardi contenuti.

Marco Enrico Ricotti, ordinario di impianti nucleari al Politecnico di Milano

Tradotto, significa puntare sui reattori Smr. Anche perché rappresenterebbero una tecnologia più facilmente accoppiabile con le rinnovabili. Un reattore modulare, spiega il professore, potrebbe entrare nella rete elettrica, nella produzione di idrogeno (l'idrogeno viola) e anche per la cogenerazione di acqua desalinizzata o nel teleriscaldamento.

“Insomma, gli Smr possono dare una serie di vantaggi importanti e sono più facilmente sfruttabili rispetto ai grandi reattori. Basti pensare che nei Paesi scandinavi stanno pensando di sfruttare anche per riscaldare le case e gli edificiCredo possano aiutare l’implementazione della tecnologia nucleare in chiave sostenibile ha concluso Ricotti.

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Giornalista fin dalla prima volta che ho dovuto rispondere alla domanda “Cosa vuoi fare da grande”. Sulla carta, sono pubblicista dal altro…