Il dubbio amletico tra scienza e politica: il nucleare può diventare un alleato nella lotta al cambiamento climatico?

In questa rubrica cercheremo di approfondire il potenziale ruolo della tecnologia nucleare nella transizione energetica con cui ci accingiamo a contrastare il cambiamento climatico. Parleremo di reattori di IV generazione, dei suoi vantaggi e dei suoi limiti. Cercheremo di analizzarne costi, benefici e tempistiche e infine rifletteremo su come il nucleare dovrebbe essere comunicato per avviare un dibattito sano e non polarizzato.
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Occhi puntati sul nucleare. Non quello delle armi di distruzione di massa, già messo al bando dal trattato di non proliferazione del 1968 e impossibile da includere in un ragionamento sulla salvaguardia del Pianeta.

Il nucleare che ci interessa è quello civile, inteso come potenziale fonte “pacifica” di energia pulita. Potenziale per modo di dire dal momento che l’Unione europea, stabilendo la nuova Tassonomia per la finanza sostenibile, ha deciso di includere proprio il nucleare.

Nella conferenza stampa dopo il Consiglio Economia e finanza dell'Unione europea tenuta ad inizio dicembre 2021, il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis ha dichiarato che per "il mix energetico del futuro abbiamo bisogno di più rinnovabili ma anche di fonti stabili e la Commissione adotterà una tassonomia che copre anche il nucleare e il gas".

Per mantenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi rispetto all'era preindustriale, come sai, servirà ridurre a zero le emissioni di gas serra entro il 2050, spingere sulla decarbonizzazione e sostenere i paesi più poveri nella transizione energetica.

In un contesto attuale ancora fortemente dipendente dai combustibili fossili, appare tuttavia chiaro che il contributo esclusivo delle energie rinnovabili potrebbe non bastare.

Ecco allora che nonostante l’opposizione di Ong ambientaliste come WWF o Greenpeace, il nucleare rientrerà tra le tecnologie green su cui puntare per centrare gli obiettivi climatici individuati dal Patto di Glasgow.

Il dibattito sul nucleare e su ciò che si nasconde dietro questa parola è destinato a riprendere. In Italia, dove abbiamo detto "no" al nucleare con i referendum del 1987 e del 2011, si era già riaperto già mesi prima del via ai lavori della Cop26, quando il ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani l’aveva indicato come possibile alleato nella lotta al Climate Change.

“Se a un certo momento si verifica che i chili di rifiuto radioattivo sono pochissimi, la sicurezza elevata e il costo basso è da folli non considerare questa tecnologia” aveva detto Cingolani parlando del cosiddetto nucleare di IV generazione. Per aggiungere poi che "nell'interesse dei nostri figli è vietato ideologizzare qualsiasi tipo di tecnologia”.

Quando senti parlare di reattori di IV generazione devi pensare a una tecnologia nucleare innovativa che, per definizione, punta su quattro aspetti: la sostenibilità, l’economicità, la sicurezza (e quindi anche l’affidabilità) e infine la resistenza alla proliferazione di armamenti.

Il nucleare può davvero diventare un alleato al nostro fianco nel contrasto al cambiamento climatico? In questa serie di approfondimenti proveremo a capirlo, senza tuttavia la pretesa di fornire una risposta certa e univoca.

Indagheremo nello specifico qual è lo stato dell’arte di queste tecnologie di IV generazione, in Italia e nel resto del Mondo; con un’analisi dei costi e dei benefici proveremo a stimare i tempi per una sua reale applicazione e, attraverso uno sguardo critico ai reali vantaggi e agli impatti, cercheremo di capire se davvero possa essere ascritta tra le tecnologie sostenibili.

Da oggi in avanti di nucleare ne sentiremo parlare ancora molto. La domanda che ci poniamo è: “Come se ne parlerà”? Come governi e giornalisti dovrebbero affrontare il potenziale ruolo del nucleare nella transizione energetica?  L'esperienza pandemica ha sottolineato una volta di più la necessità di una comunicazione giusta e trasparente, onesta e affidabile: sana.

In queste righe cercheremo infine di capire in che modo si possa promuovere un dibattito salubre e costruttivo: non votato alla sterile polarizzazione, ma orientato alla costruzione di una coscienza comune in grado di aiutarci a scrollarci di dosso pregiudizi e vecchie paure e guidarci nelle scelte per il futuro.

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Giornalista fin dalla prima volta che ho dovuto rispondere alla domanda “Cosa vuoi fare da grande”. Sulla carta, sono pubblicista dal altro…