Coronavirus, ingegneri trasformano una maschera da sub in un respiratore ospedaliero

L’idea di un ex medico dell’ospedale Gardone Val Trompia, in provincia di Brescia: si può convertire una maschera da snorkeling in un respiratore ospedaliero per la terapia sub-intensiva? Il progetto è diventato realtà grazie ad un’azienda di ingegneri che con la stampa 3D hanno creato una valvola, ribattezzata Charlotte, che permette di collegare le maschere ai respiratori.
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Kevin Ben Alì Zinati 22 Marzo 2020

Alle emergenze e alla carenza di risorse si risponde (anche) con la creatività. Così, se mancano respiratori ospedalieri per la terapia sub-intensiva d’urgenza, li si ricava da maschere da sub o per lo snorkeling. E se servono di componenti nuovi, li si produce in pochissimo tempo, in casa, con la stampante 3D.

È così che un ex primario dell’ospedale Gardone Val Trompia, in provincia di Bescia, il dottor Renato Favero e una società di ingeneri, la Isinnova, hanno convertito delle semplici maschere per perlustrare i fondali marini in prodotti sanitari che possono davvero aiutare a salvare la vita di centinaia di persone colpite dall’infezione da Coronavirus.

L’idea

L’idea, raccontano i fondatori dell’azienda che ha trasformato le maschere da sub in maschere ospedaliere C-Pap, la Isinnova, è nata dal dottor Favero. Il medico si è chiesto se una normale maschera da snorkeling potesse essere riadattata a uso ospedaliero. Quando gli ingegneri sono stati chiamati in causa, hanno preso, smontato e studiato quello che Dectahlon commercializza come prodotto sportivo.

Gli esperti hanno capito che sì, la trasformazione era possibile. Così hanno disegnato il nuovo componente che avrebbe dovuto funzionare come raccordo per il respiratore e poi l’hanno realizzato con la stampa 3D.

La nuova valvola, che è stata ribattezzata Charlotte, è stata prodotta in 7 giorni. In tempi record una maschera prototipo è stata collaudata direttamente in ospedale, a Chiari attaccandola ad un respiratore. L’esito positivo del test ha spinto l’ospedale a sperimentala su un paziente in stato di necessità. Anche questo è stato un successo.

Niente speculazioni

La società ha brevettato la valvola di raccordo Charlotte “per impedire eventuali speculazioni sul prezzo del componente” ma ha deciso comunque di condividere il brevetto e il file per la stampa in 3D cosicché tutti gli ospedali possano usufruirne.

L’unica condizione per l’utilizzo della “valvola Charlotte”, affermano, è che non sia utilizzato per scopi commerciali e di lucro. Anche per Isinnova, ed è bello sottolinearlo, l'iniziativa è totalmente priva di scopo di lucro: "non percepiremo diritti sull’idea del raccordo o né sulla vendita delle maschere Decathlon" dichiarano. Insomma, chi vuole riutilizzarla può farlo ma solo per aiutare gli altri. E basta.

Fonti | Isinnova