Cos’è il Nag factor e come può essere gestito dal genitore

Un tormento, un assillo che mette a dura prova qualsiasi genitore. Viene definito come Nag factor e viene messo in atto ogni qualvolta il bambino pretende di ottenere uno specifico bene di consumo. Come comportarsi, lo abbiamo chiesto alla Dottoressa esperta in psicologia, Samanta Travini.
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Gaia Cortese 20 Dicembre 2022
In collaborazione con Dott.ssa Samanta Travini Psicologa

Una strategia di sfinimento le cui vittime spesso e volentieri sono i genitori e che ha un nome preciso: Nag Factor. Si tratta di una vera e propria tattica di tormento o assillo che un bambino mette in atto con mamma e papà ogni volta che pretende di acquistare qualcosa. Tipico dell’infanzia e dell’adolescenza, il Nag factor, anche chiamato Pester power, si manifesta infatti nel momento in cui il bambino punta a ottenere uno specifico bene di consumo avvistato sullo scaffale di un negozio o reclamizzato in uno spot televisivo.

Di norma tutto parte da una semplice richiesta, ma di fronte al diniego da parte del genitore, ecco l’inscenata di un vero proprio assillo con tanto di piagnistei, capricci e ritorsioni. Vere e proprie rappresaglie che in un bambino piccolo si manifestano in bizze di ogni genere, mentre in un adolescente si celano dietro a frasi del tipo: “Tutti i miei amici lo hanno”, “Non mi vuoi bene” e via dicendo.

Il Nag factor, anche noto come “fattore assillo” può essere di due tipologie diverse: un assillo persistente, per cui le richieste del bambino si ripetono e il tono della voce di quest'ultimo tende ad alzarsi se inascoltato, e un assillo di importanza, messo in pratica soprattutto dal bambino più grande di età, che tende ad argomentare la sua richiesta al fine di ottenere quanto desiderato.

Le strategie messe in campo dal bambino

Più nello specifico il bambino può mettere in campo una strategia logica, cercando addirittura una sorta di compromesso con il genitore ("tu mi assicuri il prodotto che voglio, io metto in ordine la camera ogni sera”); diversamente il bambino può adottare una strategia di persuasione, utilizzando una certa forma di manipolazione. In questo caso si cerca di convincere il genitore andando a colpire la sua parte più fragile, ossia la paura che non ottenendo l’oggetto desiderato, il proprio figlio possa essere a sua volta ridicolizzato o ignorato da amici e compagni di scuola.

Infine, e sempre di manipolazione si tratta, il bambino può far leva sul senso di colpa del padre o della madre, arrivando a volte a cercare anche una coalizione con il genitore più propenso ad accontentarlo ed avere cosi più chance di ottenere ciò che vuole.

Studiato approfonditamente da diversi psicologi, il Nag Factor è stato definito da McDermott e Goldstein come “abilità del bambino di tormentare i suoi genitori per comprare un determinato prodotto”: si tratta proprio di un’abilità perché non di rado il genitore cede a qualsiasi richiesta pur di vedere una luce in fondo al tunnel da un assillo senza fine.

Come reagisce il genitore?

E, difatti, è normale chiedersi: come reagisce il genitore? Di norma le reazioni possibili possono essere catalogate sotto tre categorie: il dissenso, la procrastinazione e la negoziazione.

La prima forma di dissenso corrisponde a un NO categorico del genitore che non consente nessun tipo di negoziazione. Diversamente il dissenso ambiguo lascia spazio al compromesso per cui il genitore può acconsentire all’acquisto del prodotto purché avvenga, per esempio, usando il risparmio della paghetta o in un'occasione speciale come quella del compleanno. Infine c’è il rifiuto debole, una strada spianata perché il bambino eserciti al meglio il suo Nag factor. Per il genitore, meglio di no.

Nel momento in cui si tende semplicemente a rinviare l’acquisto si mette in atto la procrastinazione, con la speranza che il bambino si dimentichi col tempo dell’oggetto del desiderio. Succede? A volte. Il problema è che quando il bambino ha una buona memoria, ed è sempre così, sa esercitare nel modo migliore e con una puntualità svizzera, il suo “fattore assillo”. Giorni, settimane, addirittura mesi.

Ultima possibile risposta da parte del genitore è la negoziazione: in questo caso è il padre o la madre che, cercando un compromesso, chiedono al bambino di fare qualcosa per “guadagnarsi” il prodotto richiesto. Ma è davvero una buona idea portare sullo stesso piano un adulto e un bambino per uscire da questo tormento?

Il parere dell'esperto

Abbiamo sentito sull'argomento il parere della Dottoressa Samanta Travini, psicologa: "Il Nag Factor nasce dalla semplicità con cui i bambini credono al messaggio pubblicitario, ideato dal marketing facendo leva su due necessità del bambino: il senso di attaccamento ai giochi che aiuta il bambino piccolo nei primi distacchi e il desiderio di essere uguale agli altri bambini.

Nessuna di queste spinte in sé è negativa, anzi sono necessarie per la crescita psicologica dei bambini; il problema nasce quando il messaggio pubblicitario si scontra con le indicazioni dei genitori. Se il bambino non ottiene quel prodotto, ideale per il suo benessere (almeno questo è il messaggio che lascia passare lo spot), i genitori commettono una grave ingiustizia. Per ottenere l’oggetto, il bambino comincia a fare leva su vari espedienti, tra cui: reazioni eccessive, strategie persuasive, do ut des e il senso di colpa. 

Finché il genitore è consapevole di questa dinamica, il Nag factor non è un fenomeno da temere poiché, con la sua maturità, il genitore indirizza e orienta lo sviluppo del bambino come consumatore. Il ruolo dei genitori è quello di riconoscere e comprendere i comportamenti del figlio, impegnandosi ad aiutarlo nel suo percorso di crescita.

Dall’altro lato, il Nag Factor può essere considerato una minaccia perché potrebbe incrinare il rapporto genitori-figli, creando tensione nella relazione ed esasperazione nel genitore, che acquista l’articolo richiesto pur non volendo cedervi, perdendo in tal modo capacità di potere e autorevolezza. Di fronte a una richiesta è sempre bene valutare la situazione: se la richiesta è eccessiva, mantenere il punto; altrimenti si può provare una tattica diversa dal dissenso categorico, trovando un punto di incontro. 

Deleterio, allo stesso tempo, può essere assecondare il proprio bambino per stanchezza, perché si attiverebbe un circolo vizioso particolarmente difficile da interrompere. 

Nella gestione del Nag factor molto dipende dallo stile educativo adattato e dalle circostanze, tenendo sempre bene a mente che il ruolo dei genitori è quello di riconoscere e comprendere i comportamenti del proprio figlio, impegnandosi ad aiutarlo nel suo percorso di crescita, un percorso non sempre semplice, anzi il più delle volte complesso, ma meno difficoltoso se affrontato insieme".