Cos’è un dissalatore, dove serve e perché bisogna riflettere prima di installarlo ovunque

Perché in Italia si sta cominciando a parlare di dissalatore? Si tratta effettivamente di una soluzione che potrebbe risolvere l’emergenza siccità che stiamo vivendo? Lo abbiamo chiesto Renzo Rosso, docente di Costruzioni idrauliche e marittime e Idrologia al Politecnico di Milano.
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Francesco Castagna 3 Luglio 2022
In collaborazione con Prof. Renzo Rosso Docente di Costruzioni idrauliche e marittime e Idrologia al Politecnico di Milano

Dissalatore sì o no? Per via degli schieramenti politici si rischia di creare anche stavolta, come per il termovalorizzatore, un dibattito incentrato sulle posizioni e non sui pareri tecnici. A Genova per far fronte all'emergenza idrica, dovuta alla scarsità di piogge diffusa ormai in tutta Italia, si sta pensando di risolvere il problema della siccità e del cuneo salino, il movimento di acqua dal mare verso l’entroterra che contamina l'acqua dolce dei fiumi, con uno di questi apparecchi. Vediamo però quanto possono essere realmente utili e le situazioni che possono richiederne l'utilizzo.

Cos'è

Un dissalatore è un apparecchio che viene utilizzato per rimuovere il sale dalle acque contenenti sale. Questo permette di ottenere delle acque a basso contenuto salino e riutilizzare l'acqua a scopo alimentare (acqua potabile) o industriale (come l'acqua di raffreddamento).

La proposta di sfruttare uno di questi apparecchi è arrivata dal sindaco di Genova Marco Bucci, poi è stata ripresa da altri comuni. A Taglio di Po (Rovigo) è arrivato un dissalatore dalla Spagna, in affitto e con costi di gestione di 70mila euro al mese. Anche in Puglia, a Cerano, il sindaco Riccardo Rossi ha chiesto di valutare l'ipotesi di un dissalatore. Per realizzare apparecchi del genere si sta pensando di ricorrere anche ai fondi del PNRR, ma non è ancora chiaro il motivo per cui se abbiamo un piano invasi pronto per le acque irrigue dobbiamo utilizzare dei fondi europei, che potrebbero essere destinati per altre emergenze.

"Per fare il dissalatore ci vuole energia e questa energia dove la troviamo?", spiega Bucci di Genova al giornale La Voce di Genova, e continua: "Potremmo essere in gamba a utilizzare energia verde per dissalare l’acqua e magari venderla a chi ne ha bisogno visto che ce l’abbiamo qua vicino (…) può anche essere che decidiamo che non ne abbiamo bisogno. E’ un argomento che va trattato".

"Il fenomeno più grave è il cuneo salino nella falda, perché allora questo cuneo salino può risalire quando manca pressione sulla falda uscente di acqua dolce", spiega Renzo Rosso. "Il cuneo salino tende a sovrapporsi all'acqua dolce e quindi a creare uno strato anche molto profondo di acqua salata. Questo succede sicuramente nel bacino del Po, ce lo stiamo aspettando da anni e ci aspettiamo da anni anche che questo fenomeno aumenti". Di fatto, siamo in presenza di due fenomeni opposti ma strettamente collegati tra loro: l'innalzamento del livello del mare, come riporta l'IPCC, e l'abbassamento dei livelli dei fiumi, come riporta Anbi.

Pro e contro

In effetti, l'idea di desalinizzare l'acqua marina, o quella salmastra, per renderla fruibile all'umanità che è sempre più alla ricerca di acqua dolce è un processo da incentivare. Infatti, la quantità d'acqua nell'oceano è talmente vasta che può essere considerata inesauribile. Ma questo strumento deve essere utilizzato se effettivamente utile alla comunità di riferimento.

Ma quando si rende necessario un apparecchio del genere e quali sono i suoi costi e consumi? Abbiamo chiesto aiuto al professore Renzo Rosso, docente di Costruzioni idrauliche e marittime e Idrologia al Politecnico di Milano.

"Il livello marino si è alzato di oltre 20cm a Genova e 30cm a Napoli", dice Rosso, e continua: "Ma sul dissalatore penso che possa essere una soluzione per un'isola o per situazioni molto specifiche". Infatti questo apparecchio serve, come spiega Rosso, per luoghi specifici perché è uno dei pochi modi possibili per far arrivare l'acqua in queste zone. Il dissalatore richiede molta energie per funzionare, ma in questo caso il suo impiego viene giustificato dalla mancanza di alternative. Inoltre Rosso sostiene che "il dissalatore serve innanzitutto per l'acqua potabile, quindi non risolve la mancanza di acqua irrigua per la coltivazione, e poi soprattutto ha dei costi enormi per l'energia e dei problemi di residui rifiuti difficili da smaltire, tipo la salamoia".

Rosso fa presente che "nei Paesi dove il dissalatore è stato usato per molti anni esistono studi scientifici che indicano come il fatto di non usare acque dolci naturali, ma acque dissalate può anche creare una mancanza di sali nelle coltivazioni con qualche problema di ordine sanitario". In uno studio del 2007 pubblicato sulla rivista scientifica Science dal titolo "Rethinking Desalinated Water Quality and Agriculture" si legge che "la desalinizzazione non solo separa i sali indesiderati dall'acqua, ma rimuove anche gli ioni essenziali per la crescita delle piante".

Tornando al processo di dissalazione, Rosso è convinto che questo strumento richieda uno spreco di energia enorme e che possa funzionare su un'isola. "Devono essere fatti degli studi attenti sui punti in cui si vuole installare un dissalatore. Pensare che l'umanità possa uscire dalla crisi climatica con la dissalazione è una soluzione al momento aleatoria", afferma Rosso. Dobbiamo quindi spingere sull'attuazione di strumenti per poter gestire la disponibilità di acqua piovana, perché questa crisi idrica non si vedeva da 70 anni, ma siamo ancora in tempo per metterci alla pari.

Sembra, quindi, che anche in questo caso si debbano fare delle scelte accurate sull'effettiva esigenza ed efficienza dei dissalatori, capire dove servono e se servono. Un esempio virtuoso è quello delle isole minori dell’Arcipelago Toscano, dove con la dissalazione si è intervenuti per garantire l’autonomia idrica.