Sapevi che l’industria del fast fashion consuma di più di tutto il traffico aereo e marittimo? Nel corso degli anni si è sentito molto parlare dell'impatto dell'industria della moda a portata di tutti, sia a livello di sostenibilità etica che ambientale. Più volte sono state denunciate le modalità di smaltimento dei capi e degli accessori di questa filiera, oggetti che finivano e finiscono ancora in discariche o addirittura in luoghi naturali, come i deserti.
Sebbene l'Unione Europea abbia già previsto un piano contro gli sprechi e l'inquinamento ambientale legati alla produzione dei vestiti, obbligandoli a realizzare i capi con materiali riciclabili e a dichiarare l'invenduto che finisce in discarica ogni anno, tutto ciò non basta ancora a fermare i giganti della moda.
Infatti ogni volta che facciamo un acquisto non scegliamo solo un abito, ma anche come trattare le persone e l’ambiente. Mantenere alti i profitti e bassi i costi costa all’industria del fast fashion contraddizioni e ingiustizie.
Ora, se ancora non hai bene a mente il fenomeno proviamo con una piccola digressione a parlarne nuovamente. Letteralmente fast fashion significa “moda veloce”: è un modello di produzione che permette alle aziende di progettare, realizzare e distribuire, in tempi molto brevi, una grande quantità di vestiti. Copiando gli ultimi stili delle passerelle, queste imprese ripropongono modelli a prezzi accessibili per il grande pubblico che altrimenti non potrebbe permetterseli. Oltre alla produzione però, la velocità, nel fast fashion, fa riferimento anche alla facilità con cui si sostituiscono i vestiti. I prodotti sono, infatti, progettati con l'intenzione di durare solo circa 10 lavaggi. Tenendo conto di questo, i designer si concentrano sulla realizzazione di tanti articoli di tendenza, senza prestare troppa attenzione alla qualità del tessuto, il che consente di mantenere i prezzi dei prodotti molto bassi e di promuovere un continuo ricambio, tipico di un atteggiamento “usa e getta”.
Ora torniamo alle azioni che negli ultimi anni si stanno compiendo per provare ad arginare il problema. Come detto l'Europa ha iniziato un percorso legislativo provando a inviare e approvare direttive e norme che regolino, controllino e gestiscano meglio il fast fashion. L'Europa però non è tutto il mondo, anzi e quindi cosa sta accadendo altrove? (E per altrove intendiamo l'altra parte occidentale che è il centro della moda mondiale: gli Stati Uniti).
Di recente è stata lanciata un'iniziativa normativa chiamata "Fashion Sustainability and Social Accountability Act", noto come Fashion Act, che vede come testimonial d’eccezione Leonardo DiCaprio.
In cosa consiste questo disegno di legge? È proprio DiCaprio a rendere noti gli obiettivi che gli Stati Uniti si sono posti con questo progetto e lo ha fatto tramite un post social pubblicato sul suo account instagram.
"L'industria della moda ha implicazioni sull'ambiente. Può portare al deflusso chimico, ai rifiuti spediti in discariche o scaricati nei territori e luoghi del Sud globale e allo sfruttamento dei lavoratori dell'abbigliamento.
New York è pronta a assumere un ruolo di leadership nell'affrontare questo settore con il Fashion Act, che alzerà la parola per l'industria da 2,5 miliardi di dollari.
Tra i sostenitori del disegno di legge, che sollecitano il governo a firmare, figurano non solo organizzazioni per la giustizia ambientale e leader sindacali all’interno della catena di fornitura, ma anche marchi, aziende di innovazione e fornitori internazionali e con sede a New York che riconoscono di dover essere regolamentati e lo considerano un vantaggio per l’economia dello Stato, per il clima globale e per i diritti umani".
Nel concreto con questo disegno di legge si obbliga le aziende a fissare e indicare soprattutto i loro obiettivi climatici, le loro emissioni nell'ambiente e infine impongono anche a riqualificare sedi dal punto di vista energetico per ridurre i consumi.
Infine l'obiettivo più ambizioso è quello di tracciare il 50% di tutti i loro prodotti immessi sul mercato. Se il Fashion Act dovesse diventare legge tutti i grandi brand della moda avranno 12 mesi di tempo per recepire com legge il pacchetto normativo. Nel caso questo non avvenisse rischierebbero multe pari al 2% dei loro ricavi annui.
Fonte | Fashion Act