Dalla milza su misura al cuore artificiale: cosa significa davvero oggi utilizzare la stampa 3D negli interventi chirurgici?

Di recente una donna fiorentina è stata salvata da una rara malattia dovuta alla dilatazione anomala dell’arteria che porta sangue alla milza grazie all’impiego della stampa 3D dell’organo. Ma cosa significa davvero?
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Kevin Ben Alì Zinati 17 Aprile 2024
* ultima modifica il 17/04/2024
In collaborazione con il Dott. Albert Kasongo Medico

È salva. Anzi, è già a casa la donna di origini fiorentine ricoverata all’ospedale San Giovanni di Dio di Firenze per le complicanze di un aneurisma dell’arteria splenica, una patologia rara dovuta alla dilatazione anomala dell’arteria che porta sangue alla milza e spesso fatale.

I chirurghi fiorentini sono riusciti a salvarle la vita con un intervento delicatissimo, portato a termine con successo grazie alla stampa 3D.

Attraverso questa tecnologia hanno, cioè, ricreato un modello su misura della milza della donna e l’hanno utilizzato per pianificare in maniera estremamente precisa ogni singolo passaggio chirurgico a cui l’avrebbero successivamente sottoposta.

Una volta arrivati in sala operatoria, infatti, l’intervento è andato secondo i piani e i medici sono riusciti a trattare la paziente preservandole la milza. Un’impresa non facile specialmente quando l'aneurisma rischia quasi di entrare nell’organo.

Ma oggi che cosa significa, davvero, servirsi della stampa 3D in medicina o nel caso di intervento chirurgici come questo?

Al momento la cosa a cui stai pensando devi purtroppo escluderla. Ad oggi, infatti, la stampa 3D non è ancora in grado di dare forma a organi completamente funzionanti e impiantabili all’interno di un corpo umano.

Non abbiamo ancora trovato, dunque, una soluzione all’annoso e grave problema della carenza di organi. Ci stiamo lavorando, però.

Nel tempo infatti ti abbiamo raccontato diversi passi in avanti di queste tecnologie e di come la chirurgia le stia integrando nelle proprie pratiche con sempre maggior efficacia.

Ti avevamo parlato, per esempio, del primo cuore completo stampato in 3D a partire da cellule umane: un organo artificiale intero e funzionante che, tuttavia, non poteva essere trapiantato dal momento che le dimensioni ottenute erano troppo piccole dato che erano quelle del cuore di un coniglio.

Negli anni, la stessa tecnologia di “stampa” era stata integrata con il cosiddetto 3D bioprinting per la stampa di tessuti umani in laboratorio.

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Padova e dell’istituto Veneto di Medicina Molecolare avevano infatti sviluppato un gel liquido che, combinato con cellule donatrici e stimolato con una luce a infrarossi, erano riusciti a creare un tessuto nuovo e capace di adattarsi e connettersi a quelli circostanti.

La tecnica è stata sperimentata solamente su modelli animali ma, come puoi intuire, ha aperto scenari potenzialmente rivoluzionari per il trattamento di malattie rare e spesso incurabili.

Storica, in questo senso è stata la tappa raggiunta dagli esperti dell'ospedale Meyer di Firenze che, grazie a questa tecnologia, sono riusciti a ricostruire l'orecchio di un bambino di 13 anni affetto da microtia, una rara malformazione congenita che determina il mancato sviluppo del padiglione auricolare.

Si tratta di passi importantissimi che, come in una maratona, porteranno probabilmente a una vera e propria rivoluzione tecnico-scientifica. I chilometri da percorrere, tuttavia, sono ancora tanti.

La stampa 3D, oggi, serve più che altro in una fase precedente l’intervento chirurgico. Ce l’ha confermato anche il dottor Albert Kasongo: “Gli organi 3D nascono con l’indicazione e l’indirizzo di formare i nuovi chirurghi o per studiare con precisione le dinamiche di un intervento prima di poterlo realizzare”. 

L’idea, insomma, è quella di fornire ai chirurghi uno strumento altamente preciso e personalizzato – perché realizzato attraverso scansioni dell’organo del paziente in questione – sul quale allenarsi ed esercitarsi in fase pre-operatoria così da studiare in anticipo limiti anatomici e possibili complicanze ed intervenire poi con con un margine di sicurezza estremamente più ampio.

Un organo stampato in 3D insomma è un modello tridimensionali identico a un organo vero che permette ai medici di pianificare con precisione le modalità di un intervento chirurgico e di sviluppare quindi una medicina sempre più personalizzata sulle esigenze di un singolo paziente.

“L’impianto di organi stampati 3D ad oggi è qualcosa di ancora molto complesso. C’era stato un caso emblematico e clamoroso qualche anno fa – ha raccontato il dottor Kasongo -. Un chirurgo italiano aveva sviluppato delle trachee artificiali e senza le dovute fasi sperimentali le aveva impiantate in diversi pazienti, molti dei quali erano poi purtroppo deceduti".

Lasciando da parte tutte le questioni legali, etiche e morali che sono già state oggetto di condanne, questa storia dimostra una volta di più, ha concluso Kasongo, quanto sia lunga la strada che ci può potenzialmente portare allo sviluppo di organi stampati 3D.

Le maratone però, come sai, si corrono e si completano un passo alla volta.

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