È nato Hugo, il primo bambino concepito con fecondazione post-mortem in Portogallo: si può fare anche in Italia?

Hugo Guilherme Castro Ferreira è figlio di un padre che, purtroppo, è deceduto 4 anni fa a causa di un tumore. Prima di morire aveva espresso il desiderio di conservare il proprio liquido seminale per permettere alla moglie Angela di rimanere incinta in futuro. La donna ha dovuto affrontare una lunga battaglia civile, ma alla fine ha dato alla luce il piccolo. Ma come funziona la fecondazione post-mortem? Ed è legale in Italia?
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Giulia Dallagiovanna 18 Agosto 2023
* ultima modifica il 18/08/2023

Si chiama Hugo Guilherme Castro Ferreira, è nato alle 11:09 del 16 agosto 2023 all'ospedale di Centro Materno-Infantil do Norte a Porto: è il primo bambino nato in Portogallo da fecondazione post-mortem. Il nome, Hugo, è lo stesso del padre, il 29enne Hugo Neves Ferreira, deceduto quattro anni fa a causa di un tumore molto aggressivo. Il secondo nome, Guilherme, era stato scelto proprio dall'uomo quando, prima di venire a mancare, aveva firmato un documento che autorizzava a congelare il seme, conservarlo e utilizzarlo in futuro per dare alla luce suo figlio, assieme alla moglie Angela. Il percorso non è stato così semplice, perché la legge portoghese proibisce la fecondazione da donatore deceduto, ma dopo una lunga battaglia legale e civile, il sogno della famiglia Ferreira è stato coronato. Ma come funziona la fecondazione post-mortem e soprattutto è possibile in Italia?

La fecondazione post-mortem è una forma di Procreazione Medicalmente Assistita, chiamata in breve PMA, ovvero quell'insieme di tecniche che hanno lo scopo di favorire l'incontro tra gli spermatozoi dell'uomo e gli ovociti della donna. In questo modo, aumentano le probabilità di una gravidanza anche in quelle coppie che faticano ad avere un figlio o non sono fertili.

La modalità più diffusa, nonché quella più semplice e meno invasiva, è l'inseminazione intrauterina, che funziona iniettando il liquido seminale nell'utero della donna. Il liquido è stato naturalmente prelevato in precedenza e trattato in laboratorio. Una strada più lunga, che si rende necessaria quando la gravidanza non si verifica con la IUI, è quella della fecondazione in vitro. In questo secondo caso, il gamete maschile e quello femminile vengono fatti incontrare il laboratorio affinché si formi un embrione che solo successivamente sarà trasferito nell'utero della donna.

La strada della fecondazione in vitro dura dalle 2 alle 3 settimane e si compone di diversi passaggi. La futura madre biologica, ad esempio, dovrà sottoporsi a una stimolazione ormonale prima del prelievo dell'ovocita. L'operazione è piuttosto rapida, dura meno di una ventina di minuti, e viene eseguita aspirando i follicoli attraverso il canale vaginale. Al contempo viene raccolto anche un campione di sperma dell'uomo, dal quale poi vengono isolati gli spermatozoi.

A questo punto si procede con l'inseminazione degli ovociti, a volte anche iniettando direttamente lo spermatozoo nella cellula. Di norma, viene prodotto più di un embrione, che saranno poi conservati in un apposito terreno di coltura per circa una settimana in modo che abbiano il tempo di svilupparsi. A quel punto si possono trasferire in utero, di solito uno o due per volta. I restanti vengono invece crioconservati e possono essere a disposizione per futuri tentativi.

Ma quindi la fecondazione post-mortem? Il procedimento è esattamente lo stesso della fecondazione assisita classica, con la differenza, sostanziale, che uno dei due partner è deceduto. I gameti quindi dovranno essere stati precedentemente prelevati e crioconservati correttamente, in modo da poter essere utilizzati in seguito.

In Italia questa pratica è legale, grazie a una sentenza della Corte di Cassazione del 15 maggio 2019, che stabiliva "l’applicabilità dell’art. 8 della Legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante lo status giuridico del nato a seguito dell’applicazione delle tecniche di pma, anche all’ipotesi di fecondazione post mortem". Si fa riferimento però solo al caso in cui il padre sia deceduto, anche perché nel nostro Paese non è possibile accedere alla maternità surrogata, che si renderebbe necessaria se a essere morta fosse la madre. Inoltre, tieni presente che si parla sempre di fecondazione omologa, ovvero a partire dall'uomo e dalla donna che formano la coppia, e non da donatore esterno che in Italia non ancora è prevista. Questo significa che, al momento, è un diritto riservato alle coppie eterosessuali.

La fecondazione post-mortem è infine possibile solo quando il padre abbia "in vita prestato, congiuntamente alla moglie o alla convivente, il consenso, non successivamente revocato, all'accesso a tali tecniche ed autorizzato la moglie o la convivente al detto utilizzo dopo la propria morte". Qualora sia dunque presente un'autorizzazione scritta e firmata, il bambino può essere ritenuto un figlio legittimo e assumere il cognome del padre.

Fonti| Corte di Cassazione; Policlinico di Milano;

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