È scomparsa Furia, la femmina di capodoglio rimasta intrappolata in una rete illegale al largo delle Isole Eolie

Il cetaceo di oltre 10 metri, lo scorso 18 luglio era rimasto impigliato in una rete spadara illegale. I sommozzatori della Guardia Costiera sono intervenuti liberando la giovane femmina di capodoglio da gran parte della rete. Restava da sbrigliare solo la coda quando però Furia si è immersa e ha fatto perdere le sue tracce. Ora l’Oipra e altre Ong come il Wwf hanno lanciato un appello a chiunque dovesse avvistarla.
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Kevin Ben Alì Zinati 21 Luglio 2020

Forse era spaventata, con così tanti esseri umani che le galleggiavano attorno armeggiando con coltelli e forbici speciali sulla sua coda, oppure non ce la faceva più, sfinita e abbattuta per l’ennesima tortura subita. Non sappiamo perché, fatto sta che Furia non si trova più. La giovane femmina di capodoglio rimasta impigliata nelle reti illegali utilizzate per la pesca di tonno e pesce spada e abbandonate a largo di Salina, nell'arcipelago delle Isole Eolie, è scomparsa prima che il lavoro di sbroglio della coda fosse terminato. È nuotata via, anzi è scappata, nonostante la rete spadara le avvolgeva ancora parte della coda rendendole sicuramente difficile immergersi e cacciare. L’allarme è stato lanciato dal biologo marino Carmelo Isgrò, che insieme alla Guardia Costiera e i sommozzatori della Capitaneria di Porto di Napoli ha lavorato per liberare il cetaceo di oltre 10 metri. A Isgrò si sono unite in coro diverse Ong tra cui il Wwf, che ha lanciato un appello a chiunque possa avvistarla al largo nelle acque delle Eolie.

Cos'è successo

È successo lo scorso 18 giugno. Un capodoglio femmina è stato avvistato al largo delle Isole Eolie ma qualcosa non andava: lungo tutto il corpo emergeva dall’acqua un colore strano, tendente al rosa. Era una rete spadara, una di quelle che i pescatori utilizzano per recuperare tonni e pescispada e che, però, è illegale in tutto il mondo. La rete imprigionava il capodoglio dalla testa alla coda e ogni suo movimento era limitato e immergersi diventava un’impresa complicata. Stava soffrendo. Subito sono intervenute squadre coordinate dalla Guardia Costiera e sommozzatori della Capitaneria di Porto di Napoli e il biologo marino Carmelo Isgrò, tutti con forbici e coltelli speciali per cercare di liberare la giovane femmina di capodoglio. Prova a immaginare, però, un essere umano, immerso nell’acqua, a cercare di tagliare una rete che avvolge un cetaceo di oltre dieci metri che, terrorizzato, si dimena con una forza e una potenza tali da meritarsi il nome di "Furia”. Nel giro di qualche ora i sommozzatori sono riusciti a togliere gran parte della rete ma la coda è rimasta imbrigliata. Furia però non ne poteva più, continuava ad agitarsi e immergersi per tempi sempre più lunghi, finché (anche più di mezz'ora per singola immersione) finché con l’avanzata del buio si sono perse le sue tracce.

Il secondo caso in un mese

Prima di Furia già un altro capodoglio era rimasto imprigionato in un’altra rete abbandonate nell’arcipelago delle Eolie. Il primo, soprannominato Spike, era però stato fortunatamente liberato mentre Furia, al momento, è ancora prigioniera di un pezzo di rete che potrebbe seriamente mettere a repentaglio la sua vita. “È ora che il Governo e il Parlamento ripensino la politica della pesca regolamentando seriamente queste trappole. Le «reti fantasma» e altre attrezzature, come i palangari, sono spesso i killer invisibili di tartarughe, grandi pesci e cetacei", ha commentato Massimo Comparotto, presidente della sezione italiana dell’Organizzazione internazionale protezione animali. Come ti dicevo all’inizio, anche altre Ong hanno lanciato appelli a tutti coloro che, navigando nelle acque delle Eolie, dovessero avvistare Furia. La cosa da fare è una: chiamare subito la Guardia Costiera. Furia ha bisogno d’aiuto.

La foto in copertina e quelle all'interno del testo sono state gentilmente concesse dal biologo marino Carmelo Isgrò