
Oggi non guardiamo quel lato della medaglia, quello in cui nucleare fa (purtroppo ancora) rima con guerra, bombe, distruzione. Oggi il nucleare fa sorridere. Anzi: fa sognare. Fa sognare il Sole e le altre stelle, così «vicine» che quasi possiamo toccarle. Fa sognare una fonte energetica illimitata e pulita che potrebbe garantirci un futuro sostenibile.
La scienza che studia la fusione nucleare ha appena mosso un decisivo, storico passo in avanti verso quel futuro. Non si tratta solo di riprodurre lo stesso processo che genera l’energia delle stelle e del Sole, quello già lo sappiamo fare, seppur in modo ancora sperimentale.
Oggi siamo finalmente riusciti ad avviare un processo di fusione nucleare con un guadagno positivo di energia: siamo stati capaci, insomma, di produrre più energia di quella necessaria per innescare la reazione.
Il teatro dell’esperimento è stato il National Ignition Facility del Lawrence Livermore National Lab, in California e da qui, nel pomeriggio italiano di oggi, la Segretaria all’Energia del governo statunitense Jennifer Granholm ha annunciato al mondo i risultati parlando, con una certa emozione, di “pietra miliare scientifica".
Nel gigantesco laboratorio della National Ignition Facility, fisici e ingegneri per la prima volta nella storia hanno innescato una reazione di fusione ottenendo un bilancio positivo di energia.
Nelle attuali macchine sperimentali che utilizziamo per riprodurre il processo energetico delle stelle, eravamo sempre arrivati ad ottenere un quantità di energia scarsa e comunque inferiore rispetto a quella necessaria per innescare la reazione. Già il dottor Marco Ciotti, fisico dell’Enea, ci aveva spiegato che il cambio di passo l’avremmo fatto solo nel momento in cui fossimo arrivati a un equilibrio e poi a un guadagno netto. Quando cioè fossimo riusciti a generare più energia di quella necessaria per far avvenire la fusione nucleare.
Al Lawrence Livermore National Lab ce l’hanno fatta. Nella struttura federale inizialmente pensata per la sperimentazione di armi nucleari, il 5 dicembre 2022 una reazione di fusione nucleare è stata in grado di generare 3,15 megajoule di energia immettendo sul bersaglio "solo" 2,05 megajoule di energia. La reazione di fusione in sostanza ha generato oltre il 50% di energia in più rispetto a quella utilizzata per riscaldare il plasma e avviarla.
Governo, scienziati e media internazionali definiscono quanto accaduto in California come una "pietra miliare nella storia della scienza" poiché, con un certo grado di solidità e una buona dose di cautela, il successo dell’esperimento dimostra che il processo di fusione è controllabile e concretamente sfruttabile.
Da oggi insomma possiamo cominciare a immaginare il momento in cui utilizzeremo la fusione nucleare come fonte di energia sicura, inesauribile (visto che alla base della fusione c'è l'idrogeno, ricavabile dell'acqua che sul nostro Pianeta non manca) e sostenibile (la fusione infatti non produce emissioni di Co2 e l'unico sottoprodotto è l'elio, che però è un gas inerte).
Un'alternativa insomma rispetto alle tecnologie tradizionali, su tutti i combustibili fossili, che come sai alimentano inesorabilmente i cambiamenti climatici.
Più che una corsa, quella verso la fusione nucleare è una vera e propria maratona lungo cui non mancano certo gli ostacoli. Su tutti, il confinamento del plasma, cioè il gas fatto di particelle elettricamente cariche e ad alta temperatura al cui interno si trovano le giuste condizioni ambientali per le reazioni di fusione.
Il confinamento è uno dei passaggi decisivi per la fusione perché consente di contenere il plasma in modo stabile e di tenerlo lontano dalle pareti del suo contenitore evitando quindi che si raffreddi o perda energia e quindi di innescare la fusione.
Oggi ci sono approcci tecnologici differenti per ottenere il confinamento e avviare la reazione. Quella utilizzato al NIF è la cosiddetta fusione a confinamento inerziale e funziona così: all’interno di una camera a vuoto, da cui è estratta l’aria, è posto un contenitore cilindrico di pochi millimetri di diametro (grosso quanto una gomma da matita), al suo interno è contenuta una sfera altrettanto piccola riempita con una miscela di deuterio e trizio, isotopi dell’idrogeno e fondamentali per ottenere la reazione di fusione.
Una volta avviato il processo, 192 laser ad alta energia e intensità vengono puntati contro la superficie del contenitore cilindrico, dentro cui passano grazie a dei fori posti sulla sua superficie esterna. I fasci laser colpiscono dunque la parte interna del contenitore (e non la sfera) generando dei raggi X.
Questi raggi X poi a loro volta colpiscono il rivestimento esterno della sfera che si riscalda fino diventare plasma che, espandendosi, comprime il deuterio e il trizio e fa aumentare pressione e temperatura fino al punto da innescare la fusione.
Il 5 dicembre del 2022 questo processo ha funzionato perfettamente raggiungendo finalmente l'obiettivo promesso durante la costruzione del National Ignition Facility, nel 1997: superare la cosiddetta «ignition», la soglia cioè in cui l'energia generata dalla fusione è uguale a quella dei laser.
Accanto a quella inerziale c'è anche la fusione a confinamento magnetico. In questo caso il plasma viene conservato e “imbottigliato” attraverso campi magnetici generati da potentissimi magneti montati all'interno di una struttura circolare detta tokamak, che lo surriscaldano al punto da favorire la reazione.
Questo approccio tecnologico è stato utilizzato durante l’esperimento al Joint European Torus (o Jet), l’impianto europeo di ricerca atomica situato a Culham, nel Regno Unito, dove lo scorso scorso febbraio siamo riusciti a ottenere dalla fusione ben 59 megajoules di energia per ben 5 secondi, l’equivalente di 11 megawatt. Jet, come ti abbiamo già spiegato, è la versione "in miniatura" di Iter, un gigantesco reattore a fusione su cui l'intero mondo scientifico (e non solo) sta riponendo più di una speranza.
Il successo nell'esperimento del NFI, come dichiarato durante la conferenza stampa di presentazione dei risultati, non è solo una pietra miliare nella scienza ma è anche una "lunga strada di possibilità" verso fonti di energia pulita in grado di slegarci dalla dipendenza da fonti fossili e inquinanti.
Prima di conquistare questa indipendenza energetica però servirà ancora del tempo. Sono ancora necessari molti sviluppi scientifici e tecnologici affinché la fusione diventi un processo controllabile su larga scala e quindi commercializzabile: per avere case e aziende alimentate con l'energia delle stelle, insomma, servirà ancora qualche decennio. "Non 60 anni" hanno assicurato gli esperti della NFI, ma comunque ancora un po' di tempo.
Intanto, non ci resta che cominciare a progettare il futuro.