Gli allevatori irlandesi potrebbero essere costretti ad abbattere un milione di bovini per ridurre l’inquinamento

L’Irlanda vuole tagliare le emissioni agricole del 25% entro il 2030. Se questo obiettivo verrà raggiunto, però, molte aziende agricole dovranno rinunciare ai loro animali, rischiando il fallimento. Per questo gli allevatori stanno protestando e chiedendo al governo di trovare altre soluzioni.
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Martina Alfieri 1 Settembre 2022

Nei prossimi anni, per contrastare l’inquinamento e le emissioni di CO2 e metano, molti Paesi dovranno ripensare il settore agricolo, e in particolare rivedere l’impatto degli allevamenti. L’Irlanda ha già stabilito che, per contenere la crisi climatica, entro il 2030 l’agricoltura dovrà ridurre le proprie emissioni del 25%. Ma l’unico modo per farlo, al momento, sembra quello di abbattere i ruminanti, come i bovini, responsabili del rilascio di gas climalteranti.

Quello agricolo, per l’Irlanda, è il principale settore che contribuisce ad aumentare i livelli di inquinamento da gas serra. Le 135.000 fattorie presenti sul territorio produrrebbero da sole addirittura il 37.5% delle emissioni nazionali. Il piano del governo non si concentra solo sull’agricoltura: i trasporti dovranno arrivare a emettere il 50% in meno, mentre l’edilizia il 40%.

Le proteste maggiori, però, arrivano proprio dagli allevatori che temono di dover abbattere i loro animali e di andare incontro, in questo modo, al fallimento. La loro proposta è quella di intervenire in altri modi, come rivedendo il calcolo delle emissioni di metano, o migliorando le tecnologie impiegate nel settore agricolo. Secondo il climatologo della Maynooth University John Sweeney, però, per diminuire le emissioni di un quarto entro la fine del decennio l’unica soluzione è che il numero dei capi scenda di un milione.

"Sono stati avanzati vari metodi, testati e non, per ottenere il rispetto del tetto del 25% delle emissioni", spiega Sweeney al Guardian. "Solo una riduzione dei numeri può raggiungere gli obiettivi a breve termine".

In tutto il mondo si stanno sperimentando diverse vie per contenere l’impatto sul clima degli allevamenti, soprattutto di quelli intensivi. La Nuova Zelanda, ad esempio, ha da poco deciso di tassare gli allevatori per le flatulenze emesse da mucche e pecore, responsabili di aggravare l’inquinamento di metano. In Australia, invece, è entrato in commercio uno speciale mangime a base di alghe in grado di ridurre la produzione di gas all’interno dello stomaco degli animali.